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LAVORO E DIRITTO ANTIDISCRIMINATORIO DELL'UNIONE EUROPEA

In materia di parità e non discriminazione, l'assetto normativo degli Stati membri è stato fortemente influenzato dalle norme e dalla giurisprudenza dell'Unione europea. Su questo tema ci sono molte fonti e giurisprudenza. In primo momento si considerava solo il fattore genere, nel nuovo secolo si sono considerarsi altri fattori suscettibili di esporre la persona a pregiudizi.

Le fonti e linee dell'evoluzione

La differenza di genere è stata il prototipo del diritto antidiscriminatorio europeo e attorno cui si è sviluppata la giurisprudenza della CGUE. Nel nuovo secolo, gli strumenti messi a punto dal legislatore per contrastare la discriminazione di genere sono stati utilizzati per contrastare altre forme di discriminazione (esportazione del modello). Il genere mantiene una sua peculiarità ancora oggi: è un carattere trasversale rispetto alle altre differenze e che quindi

Può interagire con le altre differenze provocando un effetto moltiplicatore della condizione di svantaggio. Si parla di intersezionalità per indicare la convergenza della situazione di possibile svantaggio, tenendo conto delle interferenze. Le direttive del nuovo secondo contro le discriminazioni non di genere dicono che nel dare attuazione della direttiva bisogna porre attenzione all'impatto sul genere.

Linee evolutive della disciplina (che nasce nel 1957 e in continua evoluzione):

  • Progressivo allargamento del campo di applicazione delle regole sulla parità di genere (lavoratori e lavoratrici);
  • Graduale apertura alla concezione dell'uguaglianza sostanziale e non solo formale (art. 3 Cost) principio di annullamento delle differenze. Il passaggio si compie quando vengono introdotti nella legislazione il concetto di discriminazione indiretta e azioni positive come espressione dell'uguaglianza sostanziale;
  • A partire dal nuovo secolo si ha esportazione del
modello per la protezione di altre caratteristiche a rischio: si prevede un elenco tassativo di fattori protetti, ovvero fattori di discriminazione non di genere: razza o etnia, religione e convinzioni personali, età, disabilità, orientamento sessuale si parla di circolarità del diritto antidiscriminatorio europeo. L'esportazione è venuta ancora con qualche adattamento. La prima norma all'origine della materia antidiscriminatoria è contenuta nell'art. 119 Trattato di Roma:
  1. Ciascuno Stato membro assicura [...] l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.
  2. Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo, e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione

dell'impiego di quest'ultimo. La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

  1. che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura
  2. che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale.

La ratio era la tutela della corretta concorrenza degli Stati membri (il principio fu richiesto dalla Francia, che aveva un principio di non sotto retribuzione per le donne, in quanto svantaggiata sul mercato concorrenziale). La CGUE interpreta in senso molto estensivo il concetto di retribuzione, in cui include anche la previdenza sociale complementare.

Tre direttive negli anni '70:

  1. Dir. 75/117 sulla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per lavori dello stesso valore
  2. Dir. 76/207 (poi modificata dalla direttiva n. 2002/73) sulla parità di trattamento fra uomini e donne nell'accesso al lavoro e alla
del diritto antidiscriminatorio dell'Unione. Un ruolo attivo lo ha svolto la CGUE che è stata la prima a considerare la dimensione collettiva dell'adisuguaglianza; quindi, ha spinto a pensare alla discriminazione di genere come problema strutturale, che colpisce la collettività. Basandosi sulle fonti degli anni 70, la CGUE ha valorizzato la dimensione sostanziale dell'uguaglianza. - Discriminazione indiretta (1981) riguarda il trattamento meno favorevole dei part timers rispetto a full timers si penalizzano coloro che hanno un contratto di lavoro part-time; quindi, indirettamente si svantaggiano le donne (anche se apparentemente è una regola neutra); - Alleggerimento dell'onere della prova per chi denuncia in giudizio una discriminazione: la parte convenuta deve dimostrare la non sussistenza di una fattispecie discriminatoria. Entrambe furono recepite nella dir. 97/80 sull'onere della prova delle discriminazioni basate sul sesso, ora abrogata.sostituita (assieme alle altre direttive) dalla dir. 2006/54. Ci fu inoltre una rigorosa interpretazione delle direttive: la CGUE interpreta in senso restrittivo le deroghe alla parità contenute nelle direttive 75/117 e 76/207 in caso di protezione della donna in particolare con riguardo alla maternità, si esclude la legittimità del divieto di lavoro notturno femminile (va disciplinato in modo uguale tranne in caso di gestante). Si ha inoltre un'interpretazione rigorosa dei casi in cui il sesso di appartenenza può costituire un requisito professionale necessario (a volte è possibile distinguere tra uomo e donna, es. indossatore di abiti maschili o femminili, attore...). Quindi il fatto che un certo sesso sia preferito dalla clientela non basta a legittimare la disparità di trattamento. Con il trattato di Amsterdam ci sono due svolte: - Modifiche all'ex. art 119 trattato di Roma (oggi 157 TFUE, già 141 TCE) nonostante la remunerazione,

Le novità sono nel paragrafo 3 art. 157: Affermazione del principio di parità tra lavoratori e lavoratrici alla materia di occupazione e dell'impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Il principio di parità retributiva diventa una parte del principio di non discriminazione di genere in tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, dalla creazione alla cessazione. Già nel '75 c'era stata una direttiva ma il passaggio è importante perché diventa una fonte primaria e non più secondaria del diritto dell'UE; quindi, c'è una maggior capacità di incidere sugli Stati membri. Legittimazione delle azioni positive allo "scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa" (rimanda all'uguaglianza sostanziale).

Pari opportunità possono essere conseguite anche mediante trattamenti differenziati, ovvero le azioni positive, di cui parla l'ultimo paragrafo dell'art. 157 TFUE: sono leciti trattamenti differenziati in senso favorevole al sesso in condizioni di svantaggio nel mercato del lavoro;

Nuovo art 13 TCE, ora 19 TFUE (non in materia di lavoro ma contrasto alle discriminazioni in generale): formulato in termini diversi da quello già visti, ovvero non dice che sono vietate le discriminazioni basate su "...", ma dice che il Consiglio può assumere provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali non parla di lavoro e per questo fu la base per una direttiva per la fornitura degli appalti.

Direttive del nuovo secolo:

Dir. 2000/43 sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente

dalla razza o dall'origine etnica [cd direttiva razza]! disciplina a se stante che vale a 360 gradi in tutti gli aspetti (non solo lavorativi); Dir. 2000/78 [cd direttiva quadro] sulla parità di trattamento in materia di lavoro per i fattori previsti da Amsterdam diversi sesso e razza: religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali ha un campo più ristretto della dir. 2000/43, in quanto si riferisce solo al rapporto di lavoro, quindi neanche alla previdenza; Dir. 2004/113 sulla parità di trattamento tra uomini e donne nell'accesso e nella fornitura di beni e di servizi; Dir. 2006/54 di rifusione delle direttive sulla parità tra lavoratori e lavoratrici [dir. no 75/117, n 76/207, n 86/378 e n 97/80, il contenuto delle quali è qui confluito e che sono state abrogate a decorrere dal 15 agosto 2009. La dir. 79/7 in materia di previdenza obbligatoria non è confluita] contiene tutta la disciplina.alla base del proprio sesso. Divieto di discriminazione indiretta Definizione (art. 2.1, lett. B, dir 2006/54): "una disposizione, un criterio o una pratica apparentemente neutri che mette persone di un sesso in una posizione di svantaggio particolare rispetto a persone dell'altro sesso, a meno che tale disposizione, criterio o pratica sia giustificata da una finalità legittima e che i mezzi per realizzarla siano appropriati e necessari". Caratteristiche: Il trattamento sfavorevole non è direttamente collegato alla caratteristica protetta, ma è il risultato di una disposizione, criterio o pratica che può sembrare neutra ma che in realtà mette le persone di un sesso in una posizione di svantaggio rispetto alle persone dell'altro sesso. Divieto di molestia Definizione (art. 2.3, dir 2006/54): "qualsiasi comportamento non desiderato, basato sul sesso di una persona, che abbia lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo". Caratteristiche: La molestia può essere di natura verbale, non verbale o fisica e può includere commenti, gesti, azioni o comportamenti che violano la dignità di una persona e creano un ambiente di lavoro o di studio intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Agevolazione dell'onere della prova Definizione (art. 8, dir 2006/54): "in caso di procedimenti giudiziari relativi a una presunta violazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne, spetta al convenuto dimostrare che non vi è stata violazione del principio di parità di trattamento". Caratteristiche: In caso di procedimenti giudiziari per presunte violazioni del principio di parità di trattamento tra uomini e donne, spetta al convenuto (la parte accusata) dimostrare che non vi è stata violazione del principio di parità di trattamento. Questo agevola la posizione della parte che si ritiene discriminata, in quanto non è tenuta a fornire prove concrete della discriminazione subita. Legittimazione delle azioni positive Definizione (art. 5, dir 2000/43): "azioni volte a prevenire o compensare le discriminazioni razziali o etniche, garantendo l'uguaglianza di opportunità e di trattamento tra le persone appartenenti a gruppi razziali o etnici diversi". Caratteristiche: Le azioni positive sono misure adottate per prevenire o compensare le discriminazioni razziali o etniche e garantire l'uguaglianza di opportunità e di trattamento tra le persone appartenenti a gruppi razziali o etnici diversi. Queste misure possono includere politiche di inclusione, programmi di affiancamento, quote di rappresentanza, ecc. Previsioni particolari relative a specifici caratteri protetti Caratteristiche: Le direttive europee contengono previsioni specifiche relative a caratteristiche protette come l'età, la disabilità, l'orientamento sessuale, la religione, ecc. Queste previsioni stabiliscono norme e principi specifici per prevenire e combattere la discriminazione basata su queste caratteristiche.perché si è donne o uomini. Nelle discriminazioni indirette il
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
42 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiarapa00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro dell'unione europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Izzi Daniela.