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PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Titolarità del potere: La facoltà di muovere un rimprovero verbale è attribuita dai contratti collettivi al dirigente (che è anche il titolare del potere disciplinare, secondo i testi contrattuali), per quanto riguarda il licenziamento, invece, entra in gioco un particolare soggetto, l'U.P.D. (Ufficio Procedimenti Disciplinari), l'importante è che sia individuato con un atto dalla p.a., esso dà l'idea di una terzietà (non giuridica, ma) di fatto.

Da quando c'è l'art. 55 sexies co. 3 TU i procedimenti sono aumentati perché si è giunti ad una consapevolezza che il mancato utilizzo dell'azione disciplinare comporta, a sua volta, una potenziale punibilità per chi deve esercitare il potere. Questa norma ha portato la Cassazione a ritenere l'obbligatorietà in capo all'U.P.D. ad avviare il procedimento disciplinare. 27/03/2023

Sulla base

del forte input allo svolgimento dei procedimenti disciplinari dato dall'art. 55 del TUne consegue una forte articolazione dello stesso procedimento:

  1. Dal momento in cui viene a conoscenza del fatto illecito il dirigente deve segnalarlo all'U.P.D. entro 10 gg. salvo che si tratti di fatti particolarmente lievi;
  2. L'Ufficio provvede alla contestazione che deve essere fatta entro 30 gg. dalla segnalazione o dalla (diversa e piena) conoscenza del fatto; la contestazione dev'essere chiara e precisa (come nel settore privato), la Cassazione interpreta in maniera molto formale il requisito della tempestività.
  3. Step successivo è poi quello dell'audizione obbligatoria del dipendente, nelle p.a. l'audizione a difesa non può essere svolta prima che siano decorsi 20 gg. dalla contestazione, contro i soli 5 del settore privato, altra differenza con quest'ultimo è l'assistenza di un sindacalista o di un avvocato;
  4. Segue l'istruttoria,

A cui a sua volta può seguire l'archiviazione o l'applicazione dellasanzione disciplinare, quest'ultima va eventualmente applicata entro 120 gg. dalla contestazione di addebiti.

È stata introdotta una norma, l'art. 55 bis co. 9-ter che consente all'amministrazione di sanarevizi procedurali (ciò non avviene nel settore privato), tutti i termini sono sanabili ad eccezione del termine per la contestazione dell'addebito e di quello di chiusura del procedimento, un loro eventuale superamento porta alla decadenza: si tratta quindi di termini perentori.

Nel settore pubblico viene poi affrontata una questione che si pone anche all'interno delle imprese: quella di punire le fattispecie di reato e, quindi, quella del coordinamento tra Pag. procedimento disciplinare e procedimento penale. Esso è affrontato dal c.p.p. pensando ad una autonomia dato che ci sono due tipologie di interessi contrapposti: quella del buon andamento della p.a.

e quella dello Stato ad esercitare l'azione penale. La norma di riferimento è l'art. 653 c.p.p. che nella formulazione del 1988 aveva un solo comma che statuisce che se il dipendente viene assolto sul versante penale per insussistenza dei fatti o perché il fatto non costituisce reato o perché il dipendente non aveva commesso quei fatti, la stessa sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato anche nel procedimento disciplinare. Ma tutto cambia con Tangentopoli dove molti dipendenti pubblici furono assoggettati a procedimenti penali per fenomeni di corruzione: la l. 97/2001 aggiunge un co. 1 bis che statuisce che laddove il dirigente o il dipendente pubblico venga condannato in via definitiva per reati per cui vi siano anche procedimenti disciplinari, la sentenza penale di condanna prevale e ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare. Il difetto di questa ricostruzione logica è costituito dai tempi.

Lunghi della giustizia italiana; infatti, la riforma Brunetta decide di correggere questo difetto e statuisce che il procedimento disciplinare deve essere concluso anche prima dell'esito definitivo del procedimento penale e può essere sospeso solo nei casi più complessi o carenti di prove e per le sanzioni maggiori (la responsabilità della scelta è dell'U.P.D.), è possibile la riattivazione in caso di emersione di nuovi elementi.

Impugnazione: prima della riforma Brunetta vi era la possibilità di impugnare le sanzioni disciplinari, oltre che di fronte al giudice, anche di fronte a collegi di conciliazione e arbitrato previsti dai contratti collettivi, addirittura nel CCNQ del gennaio 2001 viene istituito un arbitro unico col fine di deflazionare il contenzioso, ma la terzietà di questi arbitri era molto dubbia quindi sono stati destituiti. Vi sono due limiti alle procedure di conciliazione: non possono riguardare licenziamenti (per

essi si deve andare di fronte al giudice del lavoro) e le sanzioni non possono essere derubricate.

Tutele: Come abbiamo anticipato, l'art. 18 St. Lav. è stato modificato di recente dalla riforma Fornero e dal Jobs Act, ciò aveva portato ad un disordine interpretativo sulla fattispecie applicabile al lavoro pubblico per ciò che riguarda la tutela applicabile in caso di licenziamento illegittimo. La Riforma Madia del 2017, quindi, introduce una norma procedurale apposita per il lavoro pubblico: i dipendenti pubblici, a prescindere dal vizio del licenziamento, hanno sempre diritto alla reintegrazione oltre che ad un risarcimento. Questa novità della riforma Madia comporta una forte discrepanza tra lavoro pubblico e privato, la giustificazione rispetto a questa disparità di trattamento viene data sia dalla ministra Madia che dalla Corte costituzionale sotto forma di obiter dictum: i dipendenti pubblici sono differenti dai lavoratori privati.

Perché accedono alla propria occupazione con un concorso. Cassese poi, che ha scritto la suddetta sentenza, sottolinea come se ci fosse solo la tutela risarcitoria ci sarebbe un doppio costo: quello risarcitorio e quello di assunzione di nuovi dipendenti. Il difetto di questa tesi però emerge quando si verifica solo un vizio di procedura: a fronte di gravissimi inadempimenti o addirittura di reati, la p.a. è costretta a riassumere il reo di fronte ad un vizio di procedura, anche piccolo.

FORMA DI LICENZIAMENTO

Natura dell'atto: il licenziamento è un atto unilaterale recettizio che ha la funzione di produrre l'estinzione del rapporto di lavoro allorquando pervenga a conoscenza del lavoratore. Agli atti unilaterali recettizi viene applicata la disciplina dei contratti in generale, con una eccezione rappresentata dall'art. 1335 c.c.: l'efficacia è, appunto, subordinata alla conoscenza dell'atto da parte del lavoratore, mentre nella

disciplina generale l'efficacia è subordinata alla sottoscrizione del contratto. Pag. L'art. 2 l.604 prevede una forma tipica: quella scritta. Ci sono quattro ragioni: La responsabilizzazione dell'impresa, la certezza di esistenza dell'atto, la collocazione temporale dell'atto (ciò è funzionale all'impugnazione) e la cristallizzazione dei motivi (ai fini del controllo giudiziale). La regola della forma scritta vale per il datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che sia pubblico o privato; se non è rispettata tale forma il licenziamento è inefficace. La forma scritta non vale per i casi residuali di licenziamenti ad nutum, salvo il caso di licenziamento dei dipendenti. Comunicazione del licenziamento: due modalità 1. Raccomandata con a. r.: la prova della data, anche in sede giudiziale, viene data dalla firma che attesta il ricevimento della lettera; ma anche per la giacenza postale se la raccomandata non arriva.

All'indirizzo di residenza. Ciò comporta un onere: quello del lavoratore di comunicare il cambio di residenza o domicilio2. Raccomandata a mani: meno diffusa. La firma del lavoratore equivale ad avvenuta trasmissione, non ad accettazione dell'atto. Caso emblematico è quello del licenziamento digitale, in particolare quello via SMS o WhatsApp, esso è legittimo se vengono rispettate due condizioni: se è possibile risalire alla provenienza del messaggio e, se il lavoratore impugna il licenziamento, si può dire che la forma ha raggiunto il suo scopo. Dice il Tribunale di Catania nel 2017 che è legittima tale forma di licenziamento, allorquando dal testo si evinca la chiara volontà del mittente di recedere dal rapporto e il messaggio sia con certezza riconducibile al datore. Naturalmente, ciò non sostituisce il procedimento disciplinare.

delegheaziendali risulti che esso l'abbia delegato ad un altro soggetto munito di procura. Laddove non cifosse una corretta imputazione dell'atto di recesso in capo a chi non ne ha i poteri, tale vizio è sanabile con la ratifica del datore di lavoro che ha effetto retroattivo ex art. 1399 c.c.

Occorre dare prova che il licenziamento esista, soprattutto ai fini della distinzione tralicenziamento e dimissione. L'onere della prova incombe sul lavoratore e riguarda la provadell'esistenza del licenziamento quale fatto costitutivo dei diritti fatti valere.

Laddove il licenziamento sia privo della forma scritta, secondo il "nuovo" art. 18.1 St. Lav. illicenziamento è dichiarato inefficace e, cosa più importante, dà luogo alla c.d. tutela forte: lareintegrazione nel posto di lavoro. Oltre alla reintegrazione viene applicato anche il risarcimentodel danno.

Il secondo requisito di carattere formale è quello del

“nuovo” n. 2 dell’art. 2 l.604: la specificazione dei motivi che hanno determinato il licenziamento. Prima della l. Fornero il licenziamento doveva essere motivato, ma la motivazione non doveva necessariamente essere contestuale al licenziamento, anzi era il lavoratore ad avere l’onere di richiedere i motivi se non venivano comunicati entro 10 gg. dalla comunicazione del licenziamento. La legge Fornero modifica quindi questa anomalia e statuisce, modificando l’art.2 l.604, che “la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato”. L’art. 1 co.41 l.92/2012 stabilisce che il licenziamento produce i suoi effetti retroattivamente con decorrenza dalla comunicazione dell’avvio delle procedure e, alla lett. b, che se nel frattempo il lavoratore ha lavorato, i giorni si considerano come di preavviso lavorato e retribuito. Pag.

Il testo ricalca essenzialmente quanto contenuto nella contestazione disciplinare: bisogna specificare quali siano i pretesi comportamenti illeciti, anche facendone una dettagliata descrizione.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
56 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elal12345678 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del Lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Mainardi Sandro.