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L’art.8 parla del contratto collettivo di prossimità, cioè una norma destinata a disciplinare un
particolare livello di contratto collettivo che è quello di prossimità. Non disciplina il contratto
collettivo nazionale ma quello aziendale. L’art.8 dice che il contratto collettivo di prossimità
stipulato dalla rappresentanza sindacale aziendale o dalla rappresentanza sindacale unitaria
quei contratti collettivi di prossimità hanno eQicacia per tutti gli appartenenti all’azienda nella
quale sono stipulati; quindi, dà eQicacia erga omnes al contratto collettivo di prossimità
purché stipulato dalle RSA o RSU e a condizione che questo contratto collettivo persegua
degli scopi specifici che sono: l’emersione del lavoro nero, la soluzione di situazioni di crisi o
di diQicoltà aziendali, l’aumento di competitività dell’impresa, il consentire di nuovi
investimenti o l’avvio di nuove attività imprenditoriali.
Riassumendo:
Il contratto collettivo si applica: agli iscritti, ha chi ha dato adesione implicita o esplicita
Per i lavoratori che non vogliono che gli sia applicato un contratto collettivo la giurisprudenza
dice che se il lavoratore è iscritto a un sindacato che non vuole il contratto collettivo allora il
lavoratore può opporsi.
Ai lavoratori non iscritti la giurisprudenza applica il contratto collettivo applicato dal datore di
lavoro.
01/10/2024
Come interagiscono tra loro le fonti che possono disciplinare il rapporto di lavoro:
1 Legge e costituzione (fonti statali)
2 Contratto collettivo
3 Contratto individuale
Es. fonti che regolano le ferie del lavoratore:
⁃ Legge e costituzione → troviamo riferimenti all'art. 36 cost. (il lavoratore ha diritto al
riposo settimanale e alle ferie annuali) + art. 10 d.lgs. 66/2003 (il lavoratore ha diritto
ad almeno 4 settimane di ferie all'anno)
⁃ contratto collettivo → il lavoratore ha diritto a tot giorni in base alla turnistica
⁃ contratto individuale (contratto di assunzione) → indicate le condizioni di lavoro.
Per decidere in merito a quante ferie ha diritto il lavoratore, cioè come si fa a capire quale
regola prevale?
Il rapporto tra il Contratto collettivo e il contratto individuale:
Inderogabilità del contratto collettivo (art. 2113 c.c.) eQicacia del contratto collettivo
à
rispetto al contratto individuale:
in primo luogo ci occupiamo del rapporto tra il contratto individuale (lettera di assunzione) e il
contratto collettivo. Il lavoratore che viene assunto da un’azienda o il datore di lavoro che
assuma un lavoratore in azienda dovranno sottoscrivere un contratto individuale di lavoro, il
quale contiene le condizioni essenziali dei rapporti di lavoro (per entrambe le parti). Le
informazioni essenziali sono quindi contenute nella lettera di assunzione, che può presentare
una serie di indicazioni. A questo rapporto di lavoro si applica il contratto collettivo: la
persona assunta avrà quindi come fonte il contratto collettivo e poi ci sarà una lettera di
assunzione che ne regolerà le condizioni.
Il contratto individuale può contenere delle condizioni diverse da quelle previste dal
contratto collettivo? (contratto individuale vs contratto collettivo)
In generale, il diritto del lavoro nasce sull'idea di riequilibrare una situazione di squilibrio in cui
si pensa che il lavoratore sia la parte più debole. Quindi, essendo una parte più debole
dell'altra, il sistema del rapporto di lavoro vuole che le sue norme siano inderogabili e questo
per garantire una tutela eQettiva del lavoratore.
Ragionando su questi elementi di base, tra un contratto individuale e un contratto collettivo
che prevedono entrambi una regola sullo stesso istituto (per esempio le ferie) quale delle due
fonti prevarrà sull'altra? La risposta è che il contratto individuale può derogare al contratto
collettivo soltanto in senso più favorevole per il lavoratore; se dovesse contenere delle
previsioni più sfavorevoli, queste saranno considerate nulle e saranno sostituite di diritto
da previsioni del contratto collettivo.
In realtà, se adesso noi ragionassimo come dei semplici privatisti, in base al codice civile,
ciascuna parte di un contratto è sostanzialmente libera di determinare le clausole di quel
medesimo contratte. Nel diritto del lavoro ciò non sarebbe possibile, perché un contratto di
assunzione che prevedesse anche solo un giorno in meno sulle cinque settimane di ferie
previste, in astratto sarebbe peggiorativo (più sfavorevole) rispetto al contratto collettivo e di
conseguenza verrebbe considerato nullo.
Bisogna quindi capire come si arriva a dire che il contratto individuale non può derogare al
contratto collettivo, perché se usiamo gli istituti del diritto civile, questa regola non la
trovavamo.
Per arrivare a questa regola sono state elaborate nel corso del tempo una serie di teorie, per
giustificare il fatto che il lavoratore non potesse, con il contratto individuale, derogare al
contratto collettivo.
• Una prima teoria era la c.d. teoria della dismissione dei poteri individuali. Questa
teoria sosteneva che il singolo lavoratore nel momento in cui entra a far parte del
mondo sindacale (si iscrive al sindacato e da l'adesione implicita o esplicita)
rinuncia/dismette i propri poteri contrattuali e quindi non può contrattare con il
datore di lavoro delle condizioni diverse dal contratto collettivo. Di conseguenza,
il contratto collettivo prevale sempre perché il lavoratore non ha potere di
contrattazione. A questa teoria si può però obiettare il fatto che in concreto non c'è
scritto in nessuna norma dell'ordinamento che il lavoratore perda il proprio potere di
contrattazione: questa teoria era stata inventata dalla dottrina, ma non aveva alcun
fondamento giuridico e di conseguenza non riusciva a tutelare il lavoratore, che
rischiava di poter prevedere condizioni peggiorative.
• Una seconda teoria è la c.d. teoria della sovraordinazione dei poteri del sindacato.
Questa teoria sosteneva invece che prevalesse sempre il contratto collettivo,
perché il sindacato è sovraordinato (più forte) rispetto al singolo lavoratore. In
base a quello che abbiamo detto fino ad adesso, però, non si può sostenere che il
sindacato sia più forte del lavoratore, perché il sindacato è un soggetto di diritto
privato come ciascun lavoratore. Quindi, anche questa teoria è stata abbandonata.
Però, queste due teorie, elaborate dalla Cassazione, non avevano un fondamento normativo;
quindi, venne prodotta una norma, l'art. 2077 c.c. che aQerma che "il contratto individuale,
debba uniformarsi alle condizioni previste dal contratto collettivo che eventuali disposizioni
diQormi, là dove più sfavorevoli, vengano sostituite automaticamente da quelle del contratto
collettivo."
In realtà il fondamento giuridico per poter sostenere che il contratto individuale può solo
migliorare quello collettivo adesso c'è e lo troviamo nell'ART.2113 c.c.. Questa norma,
nonostante sia anch'essa una norma del codice civile, è legittima, perché è stata riscritta con
la legge sul processo del lavoro del 1973: si tratta quindi di una norma post-corporativa e
quindi in questo caso il contratto collettivo è quello di diritto comune.
L'art.2113 si occupa di un tema ben preciso, ossia delle rinunce e delle transazioni tra datore
di lavoro e lavoratore: questa norma dice che le rinunce e le transazioni che hanno ad
oggetto diritti del prestatore di lavoro che derivano da norme inderogabili di legge o
contratti collettivi. Di questo art.2113, quindi, a noi interessa solamente questa frase
"disposizioni inderogabili di contratto collettivo". Il nostro legislatore con questa norma
sostiene quindi che il contratto collettivo non può essere derogato dal singolo. Ma, se questa
regola dell'inderogabilità fosse assoluta, non ci sarebbero diQerenze retributive tra i vari
lavoratori: per questo motivo la giurisprudenza ha disposto che si tratti di una inderogabilità
relativa, il che significa che il contratto individuale non può peggiorare il contratto
collettivo, ma può sempre migliorarlo.
In concreto come si fa a dire se il contratto individuale ha migliorato o peggiorato quello
collettivo?
Al riguardo ci sono due teorie: il confronto tra contratto individuale e contratto collettivo si
può fare per singole clausole o per istituiti, dove l'istituto è l'insieme di più clausole che
disciplinano la stessa materia.
1. La teoria che prevede che il confronto tra clausole viene definita come teoria del
cumulo. Questa teoria prevede che si vada a prendere ciascuna singola clausola,
confrontandole per capire quale siano meglio e quali peggio, per poi prendere
unicamente le migliori. Vengono cumulati tutti i trattamenti migliorativi.
2. La teoria che prevede il confronto tra istituti viene definita come teoria del
conglobamento. Questa teoria invece sostiene che si debba guardare l'istituto nel suo
complesso: si guarda quindi se il trattamento complessivo di quell'istituto è
migliorativo o peggiorativo per il lavoratore (anche se magari la singola clausola è
peggiorativa).
Rapporto tra contratto collettivo e legge
In questo caso la fonte che prevale è la legge, ma si tratta di una inderogabilità della legge, da
parte del contratto collettivo, soltanto relativa, il che significa che il contratto collettivo di
regola (tendenzialmente) potrà migliorare la legge (diversamente il contratto collettivo
avrebbe poco senso di esistere, perché se la legge non disciplinasse sostanzialmente tutta la
materia del rapporto di lavoro si rischierebbe di avere rapporti di lavoro senza
regolamentazione o solo con una regolamentazione individuale). Quindi, la regola generale,
secondo il principio delle fonti, è che la legge è sovraordinata, il contratto collettivo deve
rispettarla, ma ovviamente è un limite soltanto peggiorativo ed è per questo motivo che di
fatto il contratto collettivo non può derogare la legge, ma tendenzialmente può migliorarla.
In entrambe le ipotesi si usa il termine "tendenzialmente", perché la legislazione del lavoro
conosce delle eccezioni al principio fondamentale per cui il contratto collettivo può sempre e
solo derogare in meglio alla legge. Queste eccezioni prendono il nome di tetti massimi da una
parte, e di deregolazione controllata dall'altra
• Tetti massimi Il legislatore fissa una disciplina e dice espressamente che questa
à
disciplina non è derogabile in senso migliorativo dal contratto collettivo. Questa
legislazione sui tetti massimi de