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GLI APPALTI
Contratto con cui il committente si assicura un’opera o servizio di un’altra impresa.
L’appalto viene in rilievo nel fenomeno dell’esternalizzazione. L’impresa che anziché
fare in proprio con propri dipendenti, affida all’esterno parti del proprio ciclo
produttivo. Dopo gli anni 80 le imprese iniziano sempre di più ad affidare all’esterno
parti del proprio ciclo produttivo (diminuzione dell’impresa verticale). Ragioni tecniche:
a un certo punto il mercato chiede beni meno standardizzati (ex: fare tre modelli di
auto è semplice, farne 50 è più difficile quindi devo affidarmi a qualcuno) motivi
prevalenti sono quelli economici: aumenta la sindacalizzazione nelle grandi aziende, in
modo proporzionale alle dimensioni dell’azienda. Più l’azienda è grande e più il
sindacato diventa più forte. Se io inizio ad affidare parti dell’impresa all’esterno,
diminuisco l’organico della mia impresa e elimino il sindacato o lo rendo meno
presente. Competizione globale, devo tagliare i costi, tolgo il sindacato, riduco
l’organico e mi affido a un soggetto terzo che mi fa spendere meno. Tagliare i costi
deriva dalla finanziarizzazione dell’economia, nel momento in cui la mia impresa
presenta azionisti, essi vogliono il ritorno di breve periodo che non si fa con il grosso
investimento ma tagliando sui costi creando profitto nell’immediato. Si espande il
settore dei servizi, nascono sempre di più imprese di piccole dimensioni a costi ridotti.
La diffusione della digitalizzazione ICT mi riduce sensibilmente i costi di
coordinamento. Se facevo tutto nella mia azienda verticale, ora inizio ad
esternalizzare, nel momento in cui devo assemblare tutto devo coordinare il tutto).
Comprare un prodotto o servizio da un imprenditore esterno è più conveniente che
fare da soli, e quindi abbiamo l’impresa che rimpiazza i rapporti di lavoro da rapporti
commerciali con i fornitori.
I contratti di lavoro subordinato vengono sostituiti con contratti di acquisto
dall’esterno, con contratti commerciali. Questo fenomeno di esternalizzazione possono
acquisire una di queste forme:
Appalti interni: impresa che affida quello che veniva fatto al proprio interno, nel
- proprio ciclo produttivo. Interno si intende sia fisicamente nei propri locali,
entrano dagli appaltatori esterni a gestire parte della produzione, e sia riferito al
ciclo produttivo dell’impresa che poteva anche non essere svolto dentro le mura
di quell’impresa. Lavoratori di diverse imprese che collaborano tutti a costruire il
prodotto dell’impresa madre, dell’impresa che esternalizza.
Appalti esterni: imprenditore terzo non entra all’interno dell’impresa ma fornisce
- un prodotto, una parte del prodotto o un servizio dall’esterno, cioè da un proprio
stabilimento.
Catena di appalti e sub appalti: l’impresa affida ad un proprio appaltatore, la
costruzione di un pezzo del prodotto finito, questo appaltatore a sua volta si
affida a subappaltatori, e un subappaltatore si può avvalere di altri
subappaltatori; quindi quello che l’impresa madre chiede viene fatto da una
serie di subappaltatore, si crea la catena di appalti e subappalti.
Lavoro tramite agenzia: quando l’agenzia assume un lavoratore e li manda a
- lavorare prezzo l’utilizzatore.
Le cose che hanno in comune questi modelli è che l’imprese madre non utilizza mai
i propri dipendenti diretti, ma utilizza quelli degli appaltatori o dell’agenzia di
somministrazione.
Tramite le esternalizzazioni, si produce un bene o un servizio, attraverso lavoratori che
sono di altri imprenditori, cioè un rapporto indiretto che si passa attraverso un
appaltatore o un’agenzia di somministrazione, scompare il rapporto diretto tra
l’impresa madre e i lavoratori. I lavoratori dell’impresa madre svolgono i lavori che non
sono stati esternalizzati. Si creano i cosiddetti indotti cioè la situazione in cui c’è una
grande impresa intorno alla quale gravano tutte le imprese che hanno assunto le
esternalizzazioni.
Il dipendente coinvolto nell’esternalizzazione non è lavoratore subordinato
dell’impresa madre, ma di fatto l’impresa madre influisce, e non poco, sulle condizioni
di lavoro dei dipendenti degli appaltatori/subappaltatori. L’impresa madre affida ad un
altro imprenditore il dovere di licenziare o assumere i lavoratori, di dirigere, di
permettere al lavoratore di imparare il lavoro, quindi l’impresa madre si toglie questo
problema affidando questi compiti all’appaltatore. Se il dipendente dell’appaltatore si
fa male, sarà un problema dell’impresa appaltatrice, le responsabilità non ricadono
sull’impresa madre perché non è il datore di lavoro di quei lavoratori. Gli oneri e i costi
della manodopera vengono scaricati sull’appaltatore. L’appaltatore per vincere la
commessa (il contratto per lavorare per l’impresa madre) deve battere la concorrenza,
per riuscirci, bisogna avere 2 qualità: standard di qualità alti ma a costo basso e fare
meglio dei miei competitors. Ma ciò si scarica sulle condizioni di lavoro, perché per
tagliare sui costi, sono costretto a tagliare sugli standard di tutela del lavoro, devo
riuscire a pagare poco i lavoratori, oppure ricorrere ai contratti pirata, riesco anche
legalmente a tagliare sui costi; ci sono i costi indiretti del lavoro cioè taglio i costi sulle
tutele di salute e sicurezza; oppure condizioni generali di lavoro. Per essere
competitivo e vincere la commessa sono costretto a tagliare sui costi, che significa
spesso abbassare gli standard di tutela, nel rispetto della legge o anche non
rispettandola. Per l’impresa madre, l’esternalizzazione è un’operazione molto
conveniente, perché con l’esternalizzazione l’impresa madre riesce ad andare oltre il
trade off che c’è nel lavoro subordinato. L’impresa madre riesce comunque ad avere
un certo controllo sui dipendenti degli appaltatori, cioè, se la situazione è legittima,
riesce ad avere un controllo indiretto su questi dipendenti, riesce ad imporre certi
standard di qualità, di tutela, di orari del lavoratore dell’appaltatore e altro. Se va oltre
la legge invece, l’appaltatore non è neanche un vero imprenditore cioè che non
organizza veramente i dipendenti del laboratorio, non ha nessun rischio di impresa,
ma è un interposto/prestanome dell’impresa madre, figura come imprenditore di
quell’impresa ma mette a disposizione la manodopera a qualcun altro. Se mi rivolgo
ad un interposto e gli dico di trovarmi dei dipendenti che figurano come suoi
dipendenti e poi me li gestisco io, quindi il committente gestisce direttamente la
manodopera: la direzione è del committente, i costi e rischi della manodopera non
ricadono sul committente. Questa è la situazione più vantaggiosa per il committente
perché non ho i rischi e i costi dell’impresa ma ho la direzione. Invece quando è svolto
tutto in modo legale, ho leva contrattuale sul mio appaltatore per imporre certe regole
di lavoro ai suoi dipendenti, indirettamente riesco a dirigerli.
Il modello della legge 1369-> disciplina molto restrittiva sulle esternalizzazione, sugli
appalti, secondo questo modello è che io potevo ricorrere ad un appalto soprattutto
quando non avevo nella mia impresa le capacità, i macchinari o le competenze per
realizzare un prodotto o un servizio. se l’imprenditore a cui mi rivolgo è un finto
imprenditore, cioè non organizza i mezzi quindi non gestisce la manodopera, ma mi
mette semplicemente a disposizione manodopera, questa è l’interposizione illecita di
manodopera. Il dato caratterizzante di questa legge è nella norma di presunzione
legale cioè che se ci si trovava nella situazione prevista dalla legge, automaticamente
si concludeva che quella è un interposizione illecita. La presunzione legale prevedeva
che: se l’appaltatore impiegava capitali, macchine e attrezzature, fornite
dall’appaltante, anche se veniva pagato un canone o un compenso per questi mezzi,
era un’ipotesi di interposizione illecita, non si poteva fare. Se emergeva questa ipotesi
succedeva che i dipendenti dell’appaltatore venivano considerati automaticamente
dipendenti del committente, e in più c’era una sanzione penale che si applicava sia
all’interposto che al committente. C’era una regola per gli appalti interni, scattavano
due tutele per i dipendenti dell’appaltatore, cioè:
1- Parità di trattamento, inclusa la retribuzione, rispetto ai dipendenti del
committente. Vuol dire che l’impresa terza che entra nei locali del committente
con i propri lavoratori, non può pagare secondo i propri standard quei lavoratori,
ma deve pagarli come verrebbero pagati dai lavoratori del committente che
svolgono quel lavoro.
2- Obbligazione solidale tra committente e appaltatore per le retribuzioni, se i
dipendenti dell’appaltatore interno non vengono pagati, possono andare dal
committente e chiedere a lui di essere pagati.
La presunzione legale crea problemi quando c’è il declino del fordismo e ci sono
sempre più ampie possibilità di esternalizzare, in questa situazione la legge 1369
finisce per ostacolare ipotesi di esternalizzazione che sono genuine (lo scopo non è
prendere in giro i lavoratori), senza nessun intento di sfruttamento del lavoro. Queste
situazioni sono casi che questa legge non prevede, non concepisce. Il problema che si
pone è quello che riguarda l’esternalizzazione dei servizi informatici: l’impresa decide
di esternalizzare i servizi informatici, quindi mi affido ad un’impresa terza che gestisce
questo tipo di servizi, il problema è che l’impresa terza arriva con i propri dipendenti
per svolgere questo lavoro presso l’impresa madre, ma i software e gli altri strumenti
necessari sono messe a disposizione dall’impresa committente. Dal momento in cui
l’impresa esterna utilizza attrezzature messe a disposizione del committente siamo di
fronte all’interposizione illecita di manodopera e quindi gli informatici devono essere
considerati dipendenti della committente. Ma la committente non è in grado di
organizzare questi lavoratori, ma anche i lavoratori preferivano essere lavoratori
dell’impresa appaltatrice, ma la legge non lo prevedeva. Le situazione in cui di fatto la
presunzione legale non funziona iniziano a moltiplicarsi. Crea problemi all’impresa che
fa fatica ad esternalizzare, quindi deve intervenire l’impresa e cercare di bilanciare la
situazione, cioè deve cercare di vietare e prevenire le situazioni dove il