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CAPITOLO 1: I PRINCIPI FONDAMENTALI
Primo paragrafo - i rapporti tra ordinamento dell'Unione europea e ordinamento costituzionale
I rapporti tra l'ordinamento dell'Unione e l'ordinamento costituzionale trovano disciplina negli articoli 11 e 117 comma 1 ma sono in realtà il risultato di un lungo dialogo tra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia dell'Unione europea.
Fino all'entrata in vigore del trattato di Lisbona la storia dei rapporti tra ordinamento nazionale e diritto dell'Unione è stata caratterizzata da un allineamento dei giudici costituzionali nei confronti dei principi affermati dalla Corte di Giustizia. Nel 1963 con la sentenza Van Gend&Loos si stabilisce il primato del diritto dell'Unione e il nostro ordinamento comincia a adeguarsi lentamente. La Corte costituzionale rifiutò questa ipotesi del primato del diritto comunitario affermando la pari ordinazione delle fonti europee e di quelle interne.
Questa posizione viene però superata con le sentenze 183 del 1973 e 232 del 1975 con cui il giudice italiano è costretto a riaffermare il primato del diritto sovranazionale e quindi attribuisce ai regolamenti europei una forza normativa sovraordinata alla legge ordinaria. La violazione dei regolamenti europei veniva a configurarsi come la violazione indiretta dell'articolo 11 Cost. Compito della Corte costituzionale era quindi sindacare le norme dell'ordinamento interno che fossero risultate incompatibili. Si lascia però un margine di competenza nel momento in cui le norme europee sembrino contrastare con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. In questo caso l'eventuale dichiarazione di illegittimità avrebbe ad oggetto le leggi che hanno dato esecuzione ai Trattati. L'allineamento anche nei confronti del principio dell'applicazione diretta da parte dei giudici nazionali si è avuto con la sentenza 170 del
1984 i cui punti cardine erano:
- Il riconoscimento del potere/dovere del giudice di sindacare la conformità del diritto interno ai Trattati e alle altre norme direttamente applicabili
- Il chiarimento delle conseguenze di tale sindacato in quanto, per la norma interna non viene abrogata ma disapplicata
- La Corte ha chiarito le proprie residue competenze nel tema dei rapporti tra i due diritti
Questa regola conosce un'eccezione nel caso in cui il conflitto tra diritto europeo e diritti interni insista su una controversia relativa alle competenze legislative di stato e regioni perché in queste controversie manca un giudice comune che possa fare applicazione diretta delle norme europee e quindi l'applicazione necessaria del diritto comunitario non sembra una clausola sufficiente.
Dopo il Tratto di Lisbona si è aperta una nuova fase di dialogo tra le Corti e il dialogo riguarda proprio il valore che la Carta dei diritti deve avere negli ordinamenti nazionali.
In particolare con la Costituzione statale. In Italia questa fase si apre con la sentenza 269 del 2017 con cui la Corte costituzionale precisa che ogni qual volta una norma nazionale sia in contrasto sia con la Costituzione che con la Carta dei diritti dell'UE, un giudice comune dovrà promuovere prioritariamente una questione di legittimità costituzionale.
Questo caso (norma in contrasto sia con Costituzione che con Carta dei diritti) si aggiunge a quei casi che la Corte costituzionale aveva lasciato al suo arbitrio:
- Sindacato costituzionale su norme europee non auto applicative
- Sindacato costituzionale sui contro limiti
- Sindacato costituzionale su norme europee rilevanti in un giudizio in via d'azione
Questa posizione è stata riaffermata con le sentenze 20 del 2019 e 63 del 2019: da un lato è stata ampliata l'estensione del sindacato della Corte costituzionale in ordine ai diritti fondamentali dell'UE e dall'altro sono
statiprecisati i confini dell'eventuale potere di rinvio pregiudiziale riconosciuto ai giudici comuni dai Trattati europei. Per molto tempo la Corte italiana ha però ritenuto che il rinvio pregiudiziale fosse un mezzo solo a disposizione di autorità effettivamente giurisdizionali. Le cose cambiano dopo l'ordinanza 103 del 2008 nella quale il rinvio pregiudiziale viene esercitato in un giudizio in via incidentale. L'ultimo significativo rinvio pregiudiziale fatto dalla Corte costituzionale riguarda proprio una questione relativa al rapporto tra Costituzione e Carta dei diritti UE. Il caso è relativo alla costituzione della disciplina che negherebbe l'applicabilità ai procedimenti amministrativi davanti alla CONSOB del principio processuale "nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità". L'eventuale accoglimento della questione di costituzionalità avrebbe anche l'effetto diIntegrare gli estremi di una violazione del diritto dell'UE che risulterebbe privo di attuazione nel territorio nazionale. Per questo motivo con l'ordinanza 117 del 2019 la Corte costituzionale ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia al fine di sollecitare un chiarimento circa la corretta applicazione degli articoli 47 e 48 della CDFUE in tema di giusto processo.
Il confine costituzionale dell'integrazione europea è rappresentato dalla problematica dei contro limiti, cioè dei limiti alle limitazioni della sovranità. Ciò appariva un problema solo teorico fino alla "vicenda Taricco" quando la Corte ha minacciato, nei confronti dell'Unione, il ricorso a questi strumenti che potrebbero condurre all'annullamento della legge di esecuzione dei Trattati istitutivi dell'UE. La vicenda nasce dalla sentenza Taricco I (2015) con cui la Corte di Lussemburgo, interpellata in sede di rinvio pregiudiziale dal GUP di Cuneo.
imponeva al giudice la non applicazione della normativa italiana sulla prescrizione. E i giudici europei ritenevano che un termine prescrizionale eccessivamente breve avrebbe potuto determinare l'estinzione dei reati garantendo un'immunità ai responsabili e impedendo di tutelare bene gli interessi dell'Unione ai sensi dell'articolo 325 del TFUE. La Corte d'Appello di Milano e la Corte di Cassazione sollevano questioni sulla legittimità costituzionale delle norme interne di ratifica del trattato di Lisbona dubitando della sua compatibilità con "i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale". La Corte costituzionale a sua volta decideva di operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia e con l'ordinanza 24 del 2017 veniva chiesto alla CGUE di chiarire il significato della sua precedente decisione e in particolare se la "regola Taricco" dovesse applicarsi anche quando era in contrasto con i
principi supremi dell'ordinamento nazionale. In caso di risposta affermativa non si poteva fare altro se non impedire l'ingresso di tale regola nell'ordinamento. L'approccio ha dato i suoi frutti con la sentenza M.A.S (5 dicembre 2017) con la quale la Corte europea ha apportato un correttivo alla propria precedente pronuncia negandone l'applicazione quando contraria al principio di legalità. La sentenza M.A.S. ha permesso alla Corte costituzionale con la sentenza 115 del 2018 di affermare che la violazione del principio di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza eccezioni all'ingresso della regola Taricco nel nostro ordinamento, disinnescandone il possibile conflitto tra diritto interno e diritto dell'Unione. Secondo paragrafo - lingua italiana e Costituzione: il caso dell'Università La lingua ha rappresentato uno dei principali vettori di integrazione politica delle comunità nazionali, necessario peridentificare una polis da cui gli Stati nazionali hanno costruito l'idem sentire de republica. Il costituzionalismo liberal-democratico è nato in questo background dando per assunta la preesistenza di una lingua nazionale.
Oggi la situazione è diversa: le nuove sfide che lo Stato costituzionale si è trovato ad affrontare dopo la Seconda guerra mondiale comportano un ripensamento dei confini non solo territoriali ma anche politici e una nuova definizione del paradigma statale che sembra aver acquisito una certa stabilità.
Il ruolo e la funzione delle lingue nazionali sono giocoforza all'interno di questo processo ma ci sono domande su cui riflettere: in che rapporto si pone lo Stato costituzionale con il multiculturalismo e con l'internazionalizzazione del sapere? Si può ancora pensare delle società politiche con una sola lingua nazionale o si andrà sempre più verso un plurilinguismo costituzionalmente protetto?
In questo
contesto si inserisce la sentenza 42 del 2017 con cui la Corte costituzionale fornisce alcune risposte sul rapporto della lingua italiana con la Costituzione stessa. L'ordinanza nasce da alcuni ricorsi di docenti universitari che contestavano l'interpretazione data dell'Università statale di Milano dell'articolo 2 comma 2 lettera l che prevedeva il rafforzamento dell'internazionalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità di docenti e studenti con forme di selezione svolte in lingua straniera. L'Università aveva istituito a partire dal 2014 corsi di laurea magistrale e dottorato esclusivamente in lingua inglese. Dopo l'accoglimento del ricorso dei docenti universitari da parte del TAR la questione era arrivata al Consiglio di Stato che non ritenne di poter dare un'interpretazione costituzionalmente corretta e rimanda la questione alla Corte costituzionale. La sentenza dimostra grande interesse per alcuni passaggi delragionamento svolto dal giudice delle leggi. Per la prima volta in maniera esplicita i giudici della Consulta riconoscono alla lingua italiana un carattere di primazia e centralità all'interno dell'ordinamento costituzionale. Questo avviene grazie ad un'interpretazione in negativo dell'articolo 6 Cost. che riconosce il principio della tutela delle minoranze linguistiche e si rifà all'articolo 99 dello Statuto speciale del Trentino che riconosce l'italiano come lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana viene valorizzata come patrimonio nazionale e bene culturale in sé. La Corte evidenzia la consapevolezza del nesso strettissimo tra lingua e sviluppo dello Stato costituzionale e afferma che nelle sfide determinate dalla globalizzazione il primato della lingua italiana diventa ancora più decisivo. Tutto questo diventa ancora più centrale e coinvolge ulteriori profili nel contesto calato delle universitates, luoghi per.Antonomasia della produzione di sapere. La Corte individua una violazione della libertà di insegnamento tutelata dall'articolo 33 Cost. e della parità all'accesso per gli studenti ai corsi universitari. Se quindi è legittimo il perseguimento dell'obiettivo dell'int