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ILLUMINISMO GIURIDICO
Le riforme illuministe devono essere attuate con la legge, che è centrale, è assoluta espressione di ragione, non deve dipendere da fede, morale, tradizione, ecc. La legge è superiore alla volontà dei sovrani: tramonta l'idea del sovrano sciolto dall'obbligo di rispettare le sue stesse leggi e si afferma l'idea contraria di un sovrano soggetto e sottoposto alla legge, a cui deve rispetto, obbedienza e osservanza. Il sovrano è allo stesso tempo padre e figlio della legge, deve produrla ma anche obbedirle, essa rappresenta espressione della sua volontà e allo stesso tempo limitazione.
La legge serve a dare certezza, a garantire e tutelare i diritti naturali, che sono innati negli individui. Il sovrano è una sorta di funzionario dello Stato e fedele esecutore della legge ma ha anche l'impegno di attuare programmi di riforma. La legge dovrebbe essere la positivizzazione di un diritto naturale (riprende...
un’idea del giusnaturalismo): la legge statale è la codificazione positiva dei fondamentali diritti naturali dell’uomo, ne è la traduzione in termini e precetti giuridici, in modo tale che quei diritti possano ricevere riconoscimento e tutela nella società civile. È solo lo Stato che deve occuparsi di fare le leggi e di imporne coattivamente il rispetto, deve essere la fonte esclusiva del diritto (no tribunali, corporazioni, ecc.). Per l’illuminismo la fonte unica del diritto deve essere la legge, deve esserci una coincidenza tra il diritto e la legge positiva, non sono ammissibili altre fonti; la legge dello Stato diventa in Europa la fonte prima e dominante del diritto. Qualcuno parla per gli Illuministi di legolatria, ovvero culto della legge. La legge consente la certezza del diritto, essendo l’unica fonte, ma per essere certa deve avere caratteri particolari, ovvero le norme dovrebbero essere chiare e semplici, in modo da essere.comprensibili per tutti e l'interpretazione deve consistere nella sola dichiarazione letterale, non deve essere possibile alcun tipo di intervento creativo per mano dell'interprete (un solo significato) perché nel momento in cui l'interprete crea il diritto, si fa legislatore, ma questo non è possibile perché solo il sovrano può fare le leggi (giudice diverso dal legislatore). L'illuminismo è diffidente verso la giurisprudenza, verso i giuristi, hanno un atteggiamento anti-giurisprudenziale, perché fino a quel momento i giuristi hanno retto e fatto andare avanti il diritto, utilizzando la loro abilità creativa nel diritto e bisogna evitare ogni forma di manipolazione del diritto (opera dei giuristi). In questo contesto, la riforma della legislazione non deve più consistere in un'opera di mero riordino del diritto vigente, quanto in una radicale rifondazione del diritto e della società, superando i
principi della società, come i ceti che compongono la società (clero, commercianti, nobili) poiché rispondevano ad applicazioni del diritto in modo diverso, ognuno con i propri tribunali, mentre ora si vuole mettere al centro l'individuo, superando le divisioni, gli abusi, i privilegi e la disuguaglianza. L'Illuminismo guarda all'individuo indipendentemente dalle appartenenze (ad eccezione della famiglia), con le sue libertà fondamentali, a cominciare da quella che si esprime nella proprietà e nell'iniziativa economica. Feudo, corporazioni e proprietà, per esempio, devono essere riconsiderati in nome dell'individualità. La tutela per quei diritti, però, deve essere garantita attraverso un diverso sistema processuale civile e penale. Un simile approccio incentrato sull'individuo implica che si debba ripensare in modo nuovo anche il rapporto dell'individuo con lo Stato e con i suoi organi.
Riforme in ambito giuridico devono fare i conti con lo Stato di fatto, in cui vige ancora il diritto comune (diverso per ogni Stato), insieme al diritto regio, ecc. Nel '700 il sistema del diritto comune c'è ancora ma è in crisi, bisogna trovare una soluzione, una sostituzione ma non è facile (sistema ordalie superato nel XIV secolo perché non trovavano un sostituto).
La crisi di quel sistema è legata alla mancanza di certezza, alla stratificazione sociale, la molteplicità di fonti non genera certezza, infatti, anche se esiste un precedente di una grande corte esso non è vincolante, può cambiare da un giorno all'altro. L'altro problema invece è di contenuto, diritto romano interpretato dai giuristi medievali, ancora usato, ma nel frattempo sono nate molte idee e teorie (scuola di Salamanca, giusnaturalismo). È una crisi evidente per tutti, ci sono delle idee per sostituire ma è solo alla fine.
del '700 che c'è il superamento del sistema, all'inizio in Francia e Austria attraverso uno strumento importante, che è la codificazione del diritto privato, del diritto penale, delle due procedure: prima ritrovabili in molteplici fonti. Adesso nei codici sono scritte ex novo, da capo nuove leggi, non prendendo leggi vecchie e riscrivendole ma creandone di nuove, da parte dello Stato. In questo modo si crea ordine, c'è un nuovo modello giuridico, anche se riprende alcuni principi antichi (ma vengono scelti). I giuristi non sono più centrali ma è lo Stato produttore di legge a essere centrale, non si fa affidamento solo sui giudici ma sulla legge. Nuove leggi volute dallo Stato che si applicano in via unitaria ed esclusiva, il Codice è caratterizzato da non eterointegrabilità. Prima c'era integrabilità da altre fonti perché il diritto non era unico ma caratterizzato da più fonti, mentre ora laSoluzione di una causa e di un problema sta all'interno del Codice e non si devono guardare altre fonti.
Movimento culturale composito, più autori che sviluppano idee differenti, alcuni dei quali incidono fortemente sullo sviluppo del diritto successivo a livello europeo.
MONTESQUIEU
Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu è un nobile, che eredita dallo zio la carica di membro del Parlamento di Bordeaux, appartiene quindi alla casta dei nobili della toga ma lui la vende. Nonostante i suoi natali, lui è fortemente critico verso la monarchia assoluta e dei mali del diritto della Francia e dell'Europa della sua epoca. La sua critica è sviluppata in alcune opere, ma quella principale è L'esprit des lois (1748), ovvero Lo spirito delle leggi, in cui non solo mette a fuoco i problemi e i mali del suo tempo ma propone anche il modo per superarli. Lo spirito delle leggi consiste nei presupposti, nelle cause delle leggi,
ciò che è alla base di una legge, ciò che porta a formulare una legge in quel determinato modo. Montesquieu fornisce la definizione di legge: sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose e sono espressione della ragione umana; la legge è qualcosa che deriva necessariamente, una conseguenza logico-razionale di una premessa. Date delle premesse, attraverso l'uso della ragione, la legge è la diretta conseguenza. Questi rapporti necessari riguardano le leggi di ogni ambito, non solo quelle che regolano il comportamento umano (l'istinto di conservazione, il sentimento dell'amore, l'istinto sessuale, sociale ecc.), ma anche le leggi della fisica, della chimica ecc. Rapporti necessari, sottoposti a queste consequenzialità logica, sono anche i rapporti giuridici, che costituiscono il diritto storicamente esistente e vigente in una società per regolare le relazioni tra gli individui, le relazioni tra individui eStato o tra Stati in generale. In particolare, le premesse di una legge positiva sono diverse, variano in base a luogo, tempo e contesto, le premesse quindi sono variabili. Queste variabili sono numerose e grazie ad esse ogni popolo ha le sue leggi, per diversi popoli ci sono diversi sistemi di leggi. Queste variabili si combinano in modo diverso e danno vita a leggi diverse. È difficile che popoli diversi abbiano lo stesso sistema di leggi. Montesquieu è in polemica con il diritto giusnaturalistico, che afferma che il diritto è uguale per tutti. Ci sono molte variabili che determinano le leggi, e sono il clima, la religione, l'etnia, l'idrografia, l'orografia (presenza dei monti), ed influiscono sulla legge, in quanto influiscono sulla vita dei popoli e sulla società. Un paese che non ha accesso ai porti ha uno sviluppo economico diverso da altri paesi con i porti. Queste teorie per cui Montesquieu individua un diritto relativo e non assoluto chevaria nel tempo e nello spazio, sono conosciute come relativismo di Montesquieu. Non si può fare riferimento a uno schema di diritto naturale unico, valido per l'intera umanità, capace di fornire un modello assoluto e ideale per il diritto positivo, ma vi sono schemi di diritto per ciascuna società e per ciascun popolo. La principale variabile che influisce sulla produzione delle leggi è la forma di governo all'interno di uno Stato, è una variabile umana. Montesquieu sviluppa un discorso per cui la sua opera diviene un fondamentale trattato. Guardando la realtà storica si possono concepire tre forme di governo principali, che possono articolarsi in modo diverso, che sono il dispotismo, la monarchia (assoluta/costituzionale) e la repubblica (democratica/aristocratica). Nel valutare queste forme di governo si sofferma su alcuni parametri per poterle confrontare e paragonare tra di loro e questi parametri sono: chi detiene il potere in queste.Forme di governo, quale è la natura delle leggi prodotte negli ordinamenti, quali libertà e diritti degli individui sono garantiti e tutelati, quale è il sentimento dominante della società (legante).
Nel dispotismo, ovvero il governo dispotico, il potere è esercitato da una sola persona, il despota o tiranno, che lo esercita in modo arbitrario, secondo quello che stabilisce di volta in volta. Questo vuol dire che non esistono leggi fisse, perché la legge muta da un momento all'altro, il despota le cambia a suo piacimento. Il despota non riconosce diritti né libertà ai suoi sudditi, tutto dipende ed è collegato alla sua volontà. Il sentimento dominante, che tiene legata la società, è la paura del tiranno, delle conseguenze ad andargli contro ma anche la paura creata dal tiranno. Il controllo è esercitato generando paura, creando nemici interni o esterni. Fa poi un esempio storico, con l'impero ottomano.
(iTurchi). La monarchia vede al comando, come detentore del potere, una sola persona, il sovrano, che però governa attraverso leggi fisse, ovvero la sua volontà può essere modificata ed eliminata solo attraverso una legge successiva e non come il despota a seconda della volontà del momento. Nelle monarchie sono garantiti i diritti.