Tuttavia, è consentito non rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione,
presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare
una rappresentazione veritiera e corretta (c.d. principio di rilevanza, art. 2423, 4° comma).
1.1 CRITERI DI VALUTAZIONE
La redazione del bilancio di esercizio comporta per molti cespiti patrimoniali (si pensi agli
immobili o alle rimanenze di magazzino) il compimento di una serie di stime da parte degli
amministratori, volte a determinarne il valore da iscrivere in bilancio
Per evitare o quanto meno ridimensionare gli effetti distorsivi (svalutazione o
sopravvalutazione), il legislatore per un verso fissa i principi generali da osservare nelle
valutazioni: quello della prudenza e quello della continuità nei criteri di valutazione.
Il criterio base accolto è quello del costo storico. Nell'attuale disciplina però tali criteri
risultano molto più analitici, infatti:
1. Le immobilizzazioni di ogni tipo (immateriali, materiali e finanziarie) sono iscritte al costo
storico; vale a dire al costo di acquisto o di produzione, nel quale vanno computati anche i
costi accessori (ad esempio, spese di trasporto). Si tratta, quindi, di un valore quasi sempre
notevolmente inferiore a quello attuale.
• Il valore delle immobilizzazioni materiali ed immateriali (non di quelle finanziarie), la
cui utilizzazione è limitata nel tempo (ad esempio, macchinari e brevetti per invenzioni),
deve essere inoltre sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio attraverso la
diretta riduzione del valore iscritto nell'attivo dello stato patrimoniale.
• Se tuttavia il valore di un'immobilizzazione risulta durevolmente minore del costo
storico regolarmente ammortizzato, dovrà essere iscritta in bilancio per tale minore
valore (svalutazione).
• Partecipazioni: Le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese
controllate e collegate, anziché al costo, possono essere valutate col metodo del
patrimonio netto.
• I costi di impianto, di ampliamento e sviluppo possono essere iscritti nell'attivo (nelle
società non quotate col consenso del collegio sindacale, ove esistente), solo se hanno
un'utilità pluriennale. Inoltre, devono essere ammortizzati.
• L'avviamento può essere iscritto nell'attivo (nelle società non quotate con il consenso del
collegio sindacale, ove esistente) solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del
costo per esso sostenuto. Anche l'avviamento deve essere ammortizzato.
2. I crediti devono essere sempre valutati secondo il valore di prudente realizzo (art. 2426, n.
8). Ossia la minor somma che si presume di poter realizzare.
3. I ricavi ed i costi generati da un credito o da un debito (interessi, commissioni, costi di
transazione, premi, sconti, aggio, disaggio ecc.) devono essere inscritte col criterio del costo
ammortizzato.
4. Gli strumenti finanziari derivati sono iscritti al fair value, se determinabile in modo
attendibile: al valore di scambio o di mercato dello strumento finanziario.
5. I cespiti dell'attivo circolante diversi dai crediti (rimanenze, titoli e partecipazioni che
non costituiscono immobilizzazioni) devono essere iscritti al costo di acquisto o di
produzione ovvero, se minore, al valore di realizzo desumibile dall'andamento del mercato.
6. Attività e passività in valuta (disponibilità liquide) (art. 2426, n. 8-bis). Il bilancio deve
essere redatto in euro e quindi devono essere iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di
chiusura dell'esercizio;
7. Casi eccezionali La stessa legge tuttavia impone di derogare ai criteri di valutazione fissati,
in presenza di casi eccezionali che rendono l'applicazione degli stessi incompatibile con la
rappresentazione veritiera e corretta (Es. in un terreno agricolo si scopre un giacimento di
metano). In tal caso gli amministratori possono e
devono attribuire ai beni un valore superiore a quello risultante dall'applicazione dei criteri
sopra esposti, motivando però le singole deroghe nella nota integrativa.
1.2 IL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO
Il bilancio di esercizio è un atto della società alla cui redazione cooperano:
• Nel sistema tradizionale di amministrazione e controllo (ed in quello monistico) tutti e tre
gli organi sociali: amministratori, collegio sindacale ed assemblea, nonché il soggetto
incaricato della revisione legale dei conti.
• Nelle società che adottano il sistema dualistico il bilancio invece è predisposto dal
consiglio di gestione ed è approvato dal consiglio di sorveglianza, salvo che lo statuto
preveda l'approvazione da parte dell'assemblea.
L'assemblea ordinaria è competente per l'approvazione del bilancio, deve essere
convocata almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo statuto comunque non
superiore a 120 giorni (o 180 per società bilancio consolidato) dalla chiusura dell'esercizio
sociale (non necessariamente coincidente con l'anno solare).
1. Progetto di bilancio: Gli amministratori redigono il progetto di bilancio e tale funzione
non è delegabile al comitato esecutivo o agli amministratori delegati.
2. Relazione amministratori: Nelle società quotate, gli amministratori si avvalgono della
collaborazione di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari
che attesta, congiuntamente agli amministratori delegati, la correttezza formale e
sostanziale dei bilanci.
3. Relazione sindaci e revisore legale: Il progetto di bilancio con la relazione degli
amministratori deve essere preventivamente comunicato al collegio sindacale. Tale organo
deve riferire all'assemblea sui risultati dell'esercizio sociale e sull'attività svolta
nell'adempimento dei propri doveri, e fare le osservazioni e le proposte in ordine al bilancio ed
alla sua approvazione, con particolare riferimento all'esercizio della deroga ai criteri legali di
redazione. Il collegio sindacale, se esercita la revisione legale dei conti, redige anche la
relazione del revisore esprimendo il proprio “giudizio sul bilancio”
4. Deposito: Il progetto di bilancio ed i relativi allegati (sopra) deve restare depositato in
copia nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l'assemblea e finché sia
approvato. I soci possono prenderne visione. Nelle società quotate, tali documenti sono
messi a disposizione del pubblico.
5. Approvazione assemblea: La legge non specifica quali poteri abbia l'assemblea in merito
al bilancio. Essa può certamente approvarlo o respingerlo e anche modificare direttamente il
progetto di bilancio sottoposto al suo esame dagli amministratori. L'approvazione del
bilancio non implica liberazione degli amministratori, direttori generali e sindaci per le
responsabilità incorse nella gestione sociale (art. 2434 cod. civ.).
6. Pubblicità: Entro 30 giorni dall'approvazione, copia del bilancio, corredato dalle relazioni
e dal verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere
depositata a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 2435).
7. Invalidità delibera di approvazione: Infatti, le azioni di annullabilità e/o di nullità previste
dagli artt. 2377 e 2379 non possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il
bilancio dell'esercizio successivo. La legittimazione ad impugnare la delibera di
approvazione del bilancio non solo per cause di annullabilità, ma anche per cause di nullità
(se soggetto incaricato della revisione non ha formulato rilievi), spetta a:
• Soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale.
• Nelle società quotate l'impugnazione del bilancio può essere esercitata anche dalla
Consob.
1.3 UTILI, RISERVE, DIVIDENDI
L'assemblea che approva il bilancio, delibera sulla distribuzione degli utili ai soci.
Non tutti gli utili sono però distribuibili fra i soci sotto forma di dividendi. E ciò per la
presenza di alcuni vincoli di destinazione imposti dalla legge o dallo statuto.
1. Se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, non si
possono ripartire gli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura
corrispondente.
Dagli utili netti annuali, non assorbiti da perdite precedenti, deve essere poi dedotta una
somma corrispondente almeno al 5% degli stessi per costituire una riserva:
2. La riserva legale costituisce un accantonamento contabile di utili imposto per legge a
salvaguardia dell'integrità del capitale sociale; per evitare cioè che eventuali perdite
degli esercizi futuri colpiscano direttamente il capitale sociale riducendolo.
Non può essere distribuita ai soci per tutta la durata della società.
3. La riserva statutaria: La differenza consiste nel fatto che la sua costituzione è imposta
dallo statuto (in aggiunta alla riserva legale), stabilisce anche la quota parte di utili di
esercizio da destinare alla stessa. Non può essere distribuita ai soci per tutta la durata
della società, salvo modifica dello statuto.
4. Le riserve facoltative, quelle discrezionalmente disposte dall'assemblea ordinaria
che approva il bilancio.
Assemblea ordinaria può liberamente disporne per distribuire utili ai soci negli esercizi
successivi.
5. Norme statutarie che prevedono una partecipazione agli utili a favore dei promotori
(art. 2340), dei soci fondatori (art. 2341) e degli amministratori (art. 2389). Queste
partecipazioni sono computate sugli utili netti di esercizio, dedotta la sola quota da
destinare a riserva legale (art. 2432).
Gli utili di cui l'assemblea che approva il bilancio, può disporre a favore dei soci sono
perciò costituiti:
1. Dagli utili distribuibili di esercizio,
2. Dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti (riserve disponibili e utili
riportati a nuovo).
Diversamente da quanto visto per le società di persone, nella società per azioni
l'approvazione del bilancio di esercizio non determina di per sé l'insorgere di un diritto
individuale degli azionisti all'immediata assegnazione della propria parte di utili. A tal fine è
necessaria un'ulteriore e distinta deliberazione dell'assemblea di distribuzione degli utili,
inoltre l'assemblea non è tenuta a motivare la mancata distribuzione annuale degli utili ai
soci.
Il potere dispositivo dell'assemblea in tema di distribuzione degli utili può essere limitato
dallo statuto, grazie a:
• Clausole statutarie che riconoscono a determinate categorie di azionisti il diritto alla
percezione annuale di un dividendo minimo, ovviamente sempreché vi siano utili