1.4 ORGANIZZAZIONE (IMPRESA E LAVORO AUTONOMO)
L’Impresa è qualificabile come Attività di coordinamento da parte
dell’imprenditore dei fattori produttivi ossia capitale e lavoro proprio
o altrui di cui l’impresa si serve, definito complesso o apparato
produttivo.
È imprenditore anche chi opera senza utilizzare prestazioni lavorative
(Es. gioielleria gestita dal solo titolare,
altrui autonome o subordinate
che può operare senza alcun dipendente).
Non è necessario inoltre che l’attività organizzativa dell’imprenditore
si concretizzi nella creazione di un apparato aziendale composto da
beni mobili ed immobili (locali, macchinari, mobili), vi possono essere
anche solo mezzi finanziari propri o altrui (attività di finanziamento o
investimento).
Però deve esserci un minimo di etero-organizzazione, ossia un minimo
di lavoro altrui o di capitale per avere impresa, anche se piccola. Quel
minimo di ricavato dal coordinamento deve portare una redditività.
In mancanza di organizzazione o in caso di lavoro esclusivamente
personale si avrà semplice lavoro autonomo non imprenditoriale.
La piccola impresa differisce dal lavoro autonomo, la prima è
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei familiari.
Inoltre Il requisito dell’organizzazione è richiesto per l’imprenditore e
per il piccolo imprenditore ma non per il lavoratore autonomo per cui
fin quando non si può ritenere superata la soglia della semplice auto-
organizzazione del proprio lavoro, non si diventa imprenditori.
1.5 ECONOMICITÀ
L’Impresa è attività economica, quindi per avere impresa è essenziale
che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, secondo
modalità cioè che consentono almeno la copertura dei costi, con i
ricavi ed assicurino l’autosufficienza economica, altrimenti si ha
consumo e non produzione di ricchezza.
Generalmente ciò che muove l’imprenditore privato è la realizzazione
di un profitto ma né il movente psicologico (o lucro soggettivo) né la
massimizzazione dei ricavi (lucro oggettivo) sono giuridicamente
richiesti affinché’ l’imprenditore possa esse considerato tale.
Impresa privata e pubblica basta che operino secondo criteri di
economicità, stesso vale per imprese mutualistiche e sociali
(quest’ultime giuridicamente definite “non a scopo di lucro”).
1.6 PROFESSIONALITÀ
L’ultimo dei requisiti richiesti dall’ art.2082 è il carattere
professionale. Professionalità vuol dire esercizio abituale dell’attività
economica, ossia sistematico e ripetuto nel tempo, anche ad intervalli
(Es. attività stagionale),
ciclici Non occasionalità;
Non è imprenditore quindi:
Chi compie un’isolata operazione di acquisto e rivendita;
Chi organizza un singolo servizio di trasporto o un singolo
spettacolo sportivo.
Per l’imprenditore professionale invece:
La professionalità non richiede un’attività imprenditoriale svolta in
modo continuativo e senza interruzioni, basta il costante ripretesi
(Es. Chi svolge attività stagionali)
secondo una cerca cadenza.
L’attività di impresa non deve essere necessariamente l’unica
(Es. Professore che
svolta dall’imprenditore o la prevalente
gestisce albergo)
Impresa si può avere anche per il compimento di un “singolo
affare”, solo se questo però comporta il compimento di operazioni
(Es.
molteplici e l’utilizzo di un apparato produttivo complesso.
Costruttore di un singolo edifico, o chi acquista immobile allo stato
grezzo per arredarlo e rivenderlo)
La disciplina, come nel caso dell’economicità non deve dipendere da
finalità soggettive ma da caratteri oggettivi, anche in questo caso può
essere imprenditore anche chi non destina la produzione al mercato
(Es. Costruttore crea edificio per destinarlo ad uso personale), in
questo caso l’attività d’impresa è svolta con metodo economico ed i
costi vengono coperti da un amento del patrimonio o un risparmio di
spesa.
1.7 IMPRESE E PROFESSIONI INTELLETTUALI
I liberi professionisti ossia coloro che svolgono professione
intellettuale, non sono mai imprenditori (Art. 2238). Questo avviene
per libera scelta del legislatore, ormai anacronistica per l’ingente
investimento di capitali.
L’art 2238 stabilisce che le disposizioni in tema di impresa si applicano
alle professioni intellettuali solo se l’esercizio della professione
costituisce elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa.
(Es. medico che gestisce una clinica privata nella quale opera o un
professore titolare di una scuola privata nella quale insegna).
In questi casi siamo presenza di 2 attività: intellettuale e di impresa,
perciò vi saranno applicazioni nei confronti dello stesso soggetto sia
la disciplina specifica dettata per la professione intellettuale sia per la
disciplina di impresa.
Nel 1942 il legislatore ha introdotto per le professioni intellettuali uno
specifico statuto: Divieto di esercizio per i non iscritti agli albi
professionali, esecuzione personale della prestazione, criterio di
determinazione del compenso, che deve essere adeguata
all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
In questo contesto di diversità si inserisce anche l’esonero dei
professionisti intellettuali dallo statuto dell’imprenditore, con i suoi
vantaggi (sottrazione alla liquidazione giudiziale), ma anche con i suoi
svantaggi (inapplicabilità della disciplina dell’azienda, dei segni
distintivi e della concorrenza sleale).
2. LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI
2.1 DISTINZIONE IMPRENDITORE AGRICOLO ED IMPRENDITORE
COMMERCIALE
Imprenditore agricolo e commerciale sono due categorie di
imprenditori che il codice distingue in base all’oggetto dell’attività.
L’imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per
l’imprenditore in generale (statuto generale dell’imprenditore), è
esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore
commerciale, ossia tenuta delle scritture contabili, assoggettamento
alla liquidazione giudiziale ed altri strumenti di risoluzione di crisi.
Può essere però sottoposto a procedure concorsuali di
sovraindebitamento come la liquidazione controllata ed è tuttavia
tenuto a iscriversi nel registro delle imprese, a scopo di pubblicità
legale.
L’imprenditore agricolo gode di un trattamento di favore rispetto
all’imprenditore commerciale, poi accentuato dalla legislazione
speciale (nazionale e comunitaria) attraverso una serie di incentivi ed
agevolazioni volte a promuovere lo sviluppo di tale settore
fondamentale dell’economia.
2.11 IMPRENDITORE AGRICOLO ED ATTIVITÀ AGRICOLE ESSENZIALI &
PER CONNESSIONE
La figura dell’impresa agricola è positivamente individuata dall’art.
2135 cc, Questa prima definizione ha subito un’evoluzione normativa,
derivante da sviluppo tecnologico in agricoltura, con la Riforma del
2001 (d.lgs. n. 228/2001).
Le attività agricole sono suddivisibili in essenziali e per connessione
Le attività essenziali sono state inizialmente definite coltivazione del
fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame. Dal 1942 ad oggi però
ci sono state moltissime evoluzioni tecnologiche che hanno portato ad
un passaggio dalla produttività naturale all’agricoltura
industrializzata basata su prodotti chimici o coltivazioni artificiali o
fuori terra. Stesso vale per gli animali, basti pensare agli allevamenti
in batteria,
La sopracitata riforma del 2001 ha ampliato l’ambito di applicazione
dell’art. 2135 cc, ma definisce attività agricola ogni forma di
produzione fondata sullo svolgimento di un “ciclo biologico naturale”
senza però considerare il modo di produzione, che però quindi anche
essere svincolato dallo sfruttamento della terra. Nello specifico la
riforma, permette:
La sostituzione al comma 1 del termine “bestiame” con quello
più inclusivo di “animali”;
La riformulazione del comma 2 dell’art. 2135 c.c., al fine di
annullare il legame tra sfruttamento del fondo e attività agricola,
valorizzando invece la cura del “ciclo biologico”
Resa meno equivocabile l’esemplificazione delle attività
connesse.
La nuova definizione art.2135 è “È imprenditore agricolo chi esercita
una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura,
allevamento di animali e attività connesse”
Nel comma 2 però “Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per
allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo
sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso”
di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il
fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
La novità più importante è che le attività agricole essenziali sono
considerate tali anche se prescindano dallo sfruttamento del fondo,
del bosco e delle acque, purché riconducibili alla cura e allo sviluppo
di un ciclo biologico o di una parte essenziale di esso.
Le nuove attività essenziali quindi sono:
Coltivazione del fondo: Orticoltura, coltivazioni in serra o vivai,
floricoltura ma come detto su anche coltivazioni artificiali o “fuori
terra” di frutti o ortaggi e quella dei funghi.
Selvicoltura: Va concepita come attività basata sulla cura del bosco
per ricavarne i relativi prodotti. Non ne fa parte l’estrazione del
legname.
Allevamento di animali: Con la riforma del 2001 la sostituzione del
termine bestiame con animali, permette l’inserimento nell’attività
agricola dell’allevamento in batteria; l’allevamento di cavalli da
corsa e di animali da pelliccia; l’allevamento e l’addestramento di
cani e gatti; l’allevamento di animali da cortile e da pascolo e
l’acquacoltura.
Inoltre l’imprenditore ittico (Pesca professionale ed attività connesse)
è parificato a tutti gli effetti all’imprenditore agricolo.
Le attività agricole per connessione, invece ai sensi dell’art. 2135,
comma 2, si intendono comunque connesse:
• Le attività dirette alla manipolazione, alla conservazione, alla
trasformazione, alla commercializzazione e alla valorizzazione di
prodott
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