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Estratto del documento

La prima precisazione è che l’interesse cooperativo, mutualistico del

socio, presuppone non soltanto la partecipazione alla società ma anche

che questo intrattenga degli scambi, occorre che si dia luogo ad un

rapporto di tipo mutualistico, che si affianca al rapporto sociale. Non basta

essere socio per ottenere quel soddisfacimento, per perseguire

quell’interesse individuale, occorre che in quanto socio si intrattengano

rapporti e scambi con la società e allora la disciplina della cooperativa

richiede la compresenza di questo doppio livello, bisogna considerare che

accanto a norme che si occupano del rapporto partecipativo, sociale che

governano i diritti e doveri del socio in cooperativa come socio, quelle

regole invece riguardano lo scambio mutualistico, il rapporto mutualistico,

il modo attraverso il quale il socio può accedere e ha il diritto di farlo per

quel servizio ( se il socio ha la tessere della cooperativa ma non va mai a

comprare l’olio quel vantaggio mutualistico non si concretizza mai), il

rapporto sociale è il presupposto per la gestione mutualistica ma il socio

consegue il vantaggio solo se si avvale del servizio, solo se intrattenga dei

rapporti mutualistici.

Questo spiega alcune previsioni, ad esempio la circostanza che nell’atto

costitutivo debbano essere indicati i requisiti soggettivi dei soci, perché i

soci devono essere omogenei e funzionali rispetto all’attività che la

cooperativa svolge ( se è una cooperativa di lavoro il socio deve avere dei

requisiti idonei per trattenere quei rapporti mutualistici), questo spiega

anche il perché la legge fissa anche un numero minimo di soci (per avere

una sua apprezzabilità), stabilendo come regola generale, che poi trova

una diversa declinazione a seconda dei peculiari contesti presi in

riferimento, un minimo di nove soci, sul presupposto che se c’è il bisogno

di organizzare una gestione di servizio questo deve avere un minimo

rappresentatività.

Nell’art.2516 si enuncia il principio della parità di trattamento:

Nella costituzione e nell'esecuzione dei rapporti mutualistici deve essere

rispettato il principio di parità di trattamento

Tutti i soci sono uguali e devono essere trattati in modo uguale nella

gestione di servizio, nella regolazione degli scambi, nei rapporti

mutualistici.

Questo articolo reca un principio fondamentale e disciplina non il rapporto

sociale dove ci sono diritti che crescono nella misura della partecipazione,

sul piano della gestione mutualistica tutti i soci sono uguali, tutti portatori

del medesimo bisogno e quindi possono beneficiare delle prestazioni

mutualistiche secondo una regola di parità di trattamento.

Questo è un primo punto, la prima precisazione è che la gestione

mutualistica presuppone che il socio intrattenga degli scambi, trova

attuazione se e nella misura accanto al rapporto sociale vi siano anche dei

rapporti mutualistici, il socio che chiede e ottiene delle prestazioni

mutualistiche.

La seconda precisazione consiste nel segnalare che nulla esclude, e per

certi aspetti è opportuno, che la società possa intrattenere rapporti anche

con terzi, che possa quindi svolgere la propria attività anche all’esterno e

non esclusivamente con i soci, ma intrattenere scambi anche con soggetti

terzi.

In una prospettiva però in cui il soggetto terzo in quanto non aderente e

non membro della cooperativa non potrà usufruire di condizioni più

vantaggiose, al soggetto terzo la società applica condizioni di mercato o

comunque non le stesse del socio, perché la società è impegnata a

procurare vantaggi ai propri soci, il che non esclude che la cooperativa

possa svolgere la propria attività anche con terzi, ed allora l’atto

costitutivo, stabilisce l’art 252, detta le regole dello svolgimento

dell’attività mutualistica e può prevedere che la società possa svolga la

propria attività anche con terzi.

Questa scelta, questa indicazione, sta allora ad indicare che nulla esclude

che accanto ad una gestione mutualistica la cooperativa possa svolgere

anche un’attività lucrativa che possa cioè da quegli scambi con terzi, da

quello svolgimento dell’attività esterne, conseguirne un utile.

Tutto questo sta ad indicare che lo scopo mutualistico, essendo lo scopo

primario della cooperativa, può convivere con uno scopo lucrativo e lo

scopo lucrativa, l’attività con i terzi oltre ad essere consentita potrebbe

essere anche utile per efficientare l’attività di servizio ( dato che ho un po’

di denaro in cassa metto un’insegna luminosa oppure impiego qualche

altro dipendente o rinnovo la linea produttiva), allora la gestione lucrativa,

la possibilità che la cooperativa svolga attività con terzi, non solo non è

esclusa ma potrebbe essere anche un vantaggio per un più pieno scopo

mutualistico.

In questa prospettiva allora occorre anche precisare che quando la società

cooperativa svolga attività a favore di terzi e quando questa sia

particolarmente consistente potrebbe essere per la società difficile o

complicato al momento di erogare la prestazione praticare condizioni

diverse tra soci o non soci. Alla società potrebbe essere più comodo

praticare a tutti le stesse condizioni impegnandosi poi in un certo

momento a ristorare i terzi dell’eventuale maggior prezzo pagato (se

bisogna andare a comprare l’olio e si esibisce la tessera e questo implica

che si debba verificare che il socio sia in regola ecc.. e allora paga come

se fosse un terzo e a fine anno il socio scrive e dice ho pagato 15 bottiglie

di olio, le ho pagate di più ma sono socio e quindi gli viene restituito quello

che ha pagato in più).

L’attribuzione del vantaggio mutualistica potrebbe essere immediata o

differita, procrastinata nel tempo, potrebbero essere esigenze di carattere

organizzative da non distinguere tra prestazioni del socio e del non socio e

quindi rimandare in un momento successivo il calcolo secondo una tecnica

chiamata ristorni.

I ristorni sono delle attribuzioni patrimoniali che vengono riconosciute al

socio in virtù del maggior prezzo che costui abbia pagato nei rapporti

mutualistici, non sono un utile ma una restituzione di quello che è stato

pagato di più.

La gestione mutualistica presuppone che il socio intrattenga degli scambi,

il soddisfacimento del proprio interesse è basato sull’intensità e sul

numero degli scambi, la presenza di uno scopo mutualistico non esclude

lo svolgimento di un’attività lucrativa che anzi potrebbe essere efficiente,

e quindi si deve osservare se il vantaggio sia attribuito in via immediata o

differita

La terza precisazione è che nella cooperativa, quando questa sia abilitata

ad esercitare l’attività anche verso terzo non esclude la possibilità di una

distribuzione dell’utile.

La dimensione del lucro oggettivo, che entra nel patrimonio della società,

una parte dell’utile possa essere distribuito.

Sotto questo profilo il legislatore si mostra più severo perché la legge

vuole che laddove sia prevista una distribuzione di utili questa soggiaccia

a dei limiti dal punto di vista quantitativo. Dei limiti che siano tali da non

snaturare la connotazione mutualistica della società, la società può

perseguire un utile che può essere distribuito ma quello è assoggettato a

stringenti limiti onde evitare che vi possa essere preponderanza della

gestione lucrativa rispetto alla gestione mutualistica. Lo scopo

mutualistico deve essere lo scopo principale.

Di tutte queste indicazioni oggi il legislatore prende atto e lo fa in una

prospettiva di contenimento di possibili abusi prendendo due

fondamentali varianti del modello cooperativo, distinguendo cioè le

cooperative a mutualità prevalente da quelle che invece sono le

cooperative altre cioè in cui non vi sia prevalenza dello scopo mutualistico.

Il legislatore prende atto che il fenomeno della cooperativa è un fenomeno

estremamente articolato che in alcuni casi si manifesta in forme non

perfettamente genuine ma anziché vietarle le riconduce in una cornice

coerente con quelle finalità facendo una distinzione: la cooperativa deve

dichiarare se lo scopo mutualistico sia lo scopo prevalente, non

necessariamente esclusivo, ovvero deve dichiarare se invece sia uno

scopo non prevalente.

Con quale conseguenza?

Con la conseguenza che se le cooperative hanno mutualità non prevalente

non perdono la qualifica di cooperative ma sfuggono alla possibilità di

accedere ai benefici che la legge accorda alle cooperative.

Il legislatore prende atto dell’impossibilità di contrastare, di eliminare,

quel fenomeno, una deviazione del fenomeno rispetto alla sua natura, ma

lo riconduce a delle scelte che consentono di sterilizzare possibili abusi,

affermando che la cooperativa, per poter fruire di vantaggi e benefici della

legge, sia genuina, in cui cioè il fine mutualistico resta prevalente.

È interessante segnalare che il legislatore specifica quelli che sono i

requisiti che concorrono ad operare questa distinzione, il legislatore non

da una definizione a mutualità non prevalente, dice quali siano i requisiti a

mutualità prevalente e quelle che non le rispettano sono cooperative

altre.

Il legislatore lo fa statuendo alcuni criteri di fondo:

Il primo criterio lo ricaviamo dall’art 2512: la cooperativa deve

 indicare nel proprio statuto quale sia l’attività che si propone di

svolgere in misura prevalente, vi è la necessità di dichiarare nello

statuto questo carattere di questo svolgimento di attività prevalente

a favore dei soci. Ed in ragione di questo solo le cooperative a

mutualità prevalente possono iscriversi in apposito albo, sul

presupposto che quel requisito formale dell’iscrizione sia la

condizione di accesso poi a trattamenti agevolativi, alla legislatore

accordata a quel fenomeno.

Il secondo criterio è espresso all’art 2513: la legge fornisce i criteri

 per accertare la misura della prevalenza, devono dichiararlo nello

statuto che siano a mutualità prevalente, il settore in cui operano e

quindi possono iscriversi all’albo, ma il legislatore all’art 2513 indica

i criteri per misurare, per riscontrare il carattere prevalente della

natura mutualistica. Questi criteri quantitativi riguardano la

misurazione degli scambi e intervengono dei rapporti tra soci e

verso i terzi, la prevalenza sta in questo: se la società vende

un’attività prevalentemente a favore dei

Dettagli
A.A. 2023-2024
10 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiaraottopinpiyuki di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Barachini Paolo.