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La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla
società. La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre
revocabile nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia
espressamente indicato nella delega. La rappresentanza non può essere conferita né ai membri degli organi
amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa controllate o ai membri
degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste. La stessa persona non può
rappresentare in assemblea più di un certo numero di soci.
Rinvio dell’assemblea – art. 2374 c.c.
I soci intervenuti che riuniscono un terzo del capitale rappresentato nell'assemblea, se dichiarano di non
essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, possono chiedere che l'assemblea sia
rinviata a non oltre cinque giorni. Questo diritto può esercitarsi una sola volta per lo stesso oggetto.
Verbale delle deliberazioni dell'assemblea – art. 2375 c.c.
Le deliberazioni dell'assemblea devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario o
dal notaio. Il verbale, che ha carattere obbligatorio e necessario, deve indicare:
• La data dell'assemblea: e, anche in allegato, l'identità dei partecipanti e il capitale rappresentato
da ciascuno;
• Le modalità e il risultato delle votazioni: e deve consentire, anche per allegato, l'identificazione dei
soci favorevoli, astenuti o dissenzienti (non è ammissibile il sistema del voto segreto).
Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le loro dichiarazioni pertinenti all'ordine del
giorno. La responsabilità del contenuto del verbale è quindi del presidente e del segretario. Il verbale
dell'assemblea straordinaria deve essere redatto da un notaio. Il verbale deve essere redatto senza ritardo
(non è specificato un giorno e quindi un termine), nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli
obblighi di deposito o di pubblicazione (per esempio l’approvazione del bilancio deve essere depositata
entro trenta giorni dalla data della delibera e quindi anche il verbale avrà tale termine).
Invalidità delle delibere assembleari
Una delibera di un’assemblea può avere un vizio ossia una situazione patologica sanabile o non sanabile.
Una delibera assembleare può essere valida o invalida. Se invalida può essere annullabile o nulla. Dobbiamo
però effettuare alcune distinzioni:
• Inesistenza della delibera: se difetta dei requisiti minimi per essere considerata valida ai fini del
codice civile. Questa situazione non ammette sanatoria;
• Irregolarità della delibera: se difetta di alcuni requisiti minori (se per esempio non è stato indicato
correttamente il codice fiscale di un socio). È quindi un errore materiale ossia un refuso che può
essere sanato (a differenza della situazione precedente);
• Inefficacia della delibera: una delibera è inefficace se non produce i suoi effetti (non è un vizio).
Inefficacia non è sinonimo di invalidità (ad esempio se una banca adotta una delibera in cui si
definiscono determinati comportamenti al raggiungimento di un valore del tasso Euribor, fintanto
che l’Euribor non raggiunge quella soglia la delibera è inefficace).
L’impugnazione della delibera è possibile solo in presenza di un’invalidità della delibera. Il nostro
ordinamento si basa su un principio di tassatività dell’invalidità (casi ben stabiliti dal codice). Gli articoli che
analizzeremo sono però validi solo per le S.p.A. e non per le S.r.l. alle quali sono previste delle modifiche. Il
legislatore definisce due forme di invalidità:
1. Annullabilità: categoria generale e residuale di invalidità disciplinata dall’art. 2377 c.c. e che si
applica per tutte le violazioni non espressamente assistite da una sanzione diversa;
2. Nullità: forma ancora più grave (limitata infatti solo a tre casi).
Annullabilità delle deliberazioni – art. 2377 c.c.
L’articolo si compone di vari commi che analizziamo:
1. Comma 1: “Le deliberazioni dell'assemblea, prese in conformità della legge e dell'atto sostitutivo,
vincolano tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti”: già spiegato in precedenza;
2. Comma 2: “Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono
essere impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di
sorveglianza e dal collegio sindacale”: una delibera è annullabile se viola la legge, l’atto costitutivo
e lo statuto. Coloro che possono impugnare la delibera (legittimazione attiva) sono i soci assenti,
dissenzienti o astenuti, gli amministratori (anche individualmente), il consiglio di sorveglianza e il
collegio sindacale (intesi come organi collegiali di maggioranza e non singoli). Non può tuttavia
impugnare la delibera il socio consenziente;
3. Comma 3: “L'impugnazione può essere proposta dai soci quando possiedono tante azioni aventi
diritto di voto con riferimento alla deliberazione che rappresentino, anche congiuntamente, l'uno
per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il
cinque per cento nelle altre; lo statuto può ridurre o escludere questo requisito […]”: serve imporre
delle soglie per evitare comportamenti ostruzionistici del socio. In particolare, per i soci aventi
diritto di voto sulle materie oggetto di deliberazione, si ha che essi devono rappresentare (lo
statuto può ridurre o escludere tali limiti ma non può mai aumentarli):
a. Nelle società aperte: almeno l’un per mille del capitale sociale;
b. Nelle società chiuse: almeno il cinque per cento del capitale sociale;
4. Comma 4: “I soci che non rappresentano la parte di capitale indicata nel comma precedente e quelli
che, in quanto privi di voto, non sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al
risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo
statuto”: se il socio non raggiunge quella determinata percentuale di capitale sociale o non ha
diritto di voto, ha comunque diritto al risarcimento del danno (ciò non impedisce agli altri soci di
impugnare la delibera). La tutela risarcitoria presuppone che ci sia il danno mentre con la tutela
demolitoria non si deve dimostrare di aver subito un danno per effetto di quella delibera.
La deliberazione, invece, non può essere annullata:
• Per la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate: salvo che tale partecipazione sia
stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea (quorum costitutivo). Gli
amministratori o i consiglieri, ad esempio, spesso si fanno assistere da consulenti;
• Per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio: salvo che siano stati determinanti ai fini
del raggiungimento della maggioranza richiesta (come voto espresso con violenza, dolo o errore);
• Per l'incompletezza o l'inesattezza del verbale: salvo che impedisca l'accertamento del contenuto,
degli effetti e della validità della deliberazione.
L'impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di 90 giorni (termine di
decadenza e non di prescrizione) dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione
nel registro delle imprese, entro 90 giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del
registro delle imprese, entro 90 giorni dalla data di questo. Alla conclusone del processo, il giudice emette
una sentenza costitutiva (con efficacia retroattiva ossia opera ex-tunc) che annulla la delibera con effetto
rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a
prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti
acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione (eccezione
all’efficacia ex-tunc come un’esecuzione di contratto a seguito della delibera). L'annullamento della
deliberazione non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità
della legge e dello statuto. Restano salvi i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita.
Procedimento d’impugnazione – art. 2378 c.c.
L'impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede. Il
socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del numero delle azioni
previsto dal terzo comma dell'articolo 2377 (oggi le azioni sono dematerializzate ma in passato era
necessario depositare i titoli cartacei). L’articolo tratta poi il ricorso cautelare che può essere:
• Ante causam: la tutela è richiesta prima ancora che inizi il processo;
• In corso di causa: che è quello specificato dal codice. Con ricorso depositato contestualmente al
deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può chiedere la sospensione dell'esecuzione
della deliberazione.
Si ritiene sia comunque ammessa quella ante causam. Tutte le impugnazioni relative alla medesima
deliberazione, anche se separatamente proposte ed ivi comprese le domande proposte ai sensi del quarto
comma dell'articolo 2377, devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza.
Nullità delle deliberazioni – art. 2379 c.c.
Questa è la norma fondamentale che si occupa della nullità delle delibere assembleari. È una disciplina
profondamente modificata dalla riforma societaria che, sostanzialmente, ha fissato espressamente i casi di
nullità. La delibera è nulla in tre casi:
1. Mancata convocazione dell’assemblea: non si considera mancante nel caso di mera irregolarità
dell'avviso proveniente da un componente dell'organo di amministrazione o di controllo della
società, qualora esso sia comunque idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di
essere preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea;
2. Mancanza del verbale: il verbale non si considera mancante se contiene la data della deliberazione
e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell'assemblea, o dal presidente del consiglio
d'amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio;
3. Impossibilità o illiceità dell’oggetto: per illiceit&a