L’IMPRESA E LE PROFESSIONI INTELLETTUALI
Come l’impresa anche le professioni intellettuali sono fenomeni produttivi che si presentano nella forma di
attività produttiva = sono immaginabili come una successione di comportamenti, coordinati
strutturalmente e funzionalmente, ossia teleologicamente orientati rispetto al raggiungimento di un
determinato risultato socialmente apprezzabile in termini di prestazione professionale
→ dal punto di vista formale c’è coincidenza, ora bisogna valutare se c’è coincidenza anche sul piano
ontologico e a quale disciplina sono assoggettate le professioni intellettuali
Il legislatore del ’42 ha rilevato una sostanziale diversità tra i due fenomeni e quindi gli ha riservato due
trattamenti normativi diversi (ora questa diversità non è più così netta, anzi molto spesso i due fenomeni
sono identici)
Il rapporto tra impresa e professioni intellettuali
Professioni intellettuali = fenomeni produttivi che si sostanziano nella produzione di servizi professionali
Sin distinguono in professioni protette e professioni non protette: le prime sono regolate da una propria
specifica disciplina che si aggiunge alla disciplina generale contenuta nel capo II del titolo III del libro V del
CC; le seconde non hanno una disciplina specifica e talvolta possono derogare alla disciplina generale
Obiettivo: capire se a questa disciplina può aggiungersi la disciplina dell’impresa
→ per capirlo bisogna verificare la corrispondenza sul piano ontologico tra impresa e professioni
intellettuali cioè verificare se le seconde siano un fenomeno produttivo differente o coincidente con la
prima: le professioni intellettuali rispondono o no alla nozione dell’art. 2082?
Requisito della professionalità: l’attività professionale si può dire integrata anche quando viene
reso un singolo servizio, ma nella realtà dei fatti l’ipotesi più frequente è quella di un soggetto che
la svolge a tempo pieno → l’attività professionale non deve necessariamente ma può (e molto
spesso lo è) essere esercitata professionalmente
Requisito dell’organizzazione: le professioni intellettuali possono essere un’attività produttiva che
si sviluppa attraverso il solo lavoro del professionista (e infatti nel codice civile sono collocate come
caso particolare di lavoro autonomo) e forse questa era l’idea del legislatore del ’42, ma oggi i
professionisti si avvalgono di veri e propri fattori produttivi (segretarie, programmi informatici..) →
la professione non deve ma può essere un’attività organizzata
Accertato questo, successivamente ci si può chiedere se il lavoro del professionista sia prevalente
rispetto a quello degli altri fattori in modo tale da configurare l’attività professionale come piccola
impresa; questo può accadere ma anche no e quindi in astratto l’attività professionale è
potenzialmente analoga all’impresa commerciale
Requisito dell’economicità: è soddisfatto nella maggioranza dei casi, anzi molto spesso le attività
professionali hanno scopo lucrativo
→ l’attività professionale è un’attività produttiva che in alcune sue conformazioni può presentare tutti i
requisiti richiesti dall’art. 2082 per definire un fenomeno impresa e in particolare può trattarsi di impresa
non piccola e per sua natura commerciale
L’art 2238. Conclusioni
Qualora le professioni intellettuali siano organizzate in forma di impresa vanno assoggettate alla relativa
impresa? L’opinione prevalente sostiene di no sulla base di quanto disposto dall’art. 2238, co. 1 il quale
subordina l’applicazione delle disposizioni contenute nel titolo II (comprendenti lo statuto dell’impresa
commerciale) alla condizione che l’esercizio della professione costituisca elemento di un’attività organizzata
in forma di impresa → la attività professionali in quanto tali e a sé stanti non possono essere subordinate
alla disciplina dell’impresa, serve che esse siano inquadrate in una più ampia attività organizzata in forma di
impresa → se l’attività produttiva si esaurisce nella realizzazione di un servizio professionale il titolo II non
trova applicazione
Questa esclusione poteva avere senso nel periodo in cui la norma è stata scritta ma ai giorni d’oggi finisce
per configurare una sorta di privilegio a favore della categoria dei soggetti dei professionisti intellettuali che
sono sottratti dalla disciplina dell’impresa in quanto tali e perché tali anche qualora essi pogano in essere
un fenomeno che in sé considerato non avrebbe ragione di essere esente da tale disciplina.
Come si individua questa categoria di soggetti? Con un criterio oggettivo che si sostanzia nella circostanza
che nello svolgimento dell’attività e nella cessione del servizio che ne deriva venga utilizzata una particolare
tipologia di contratto ovvero il contratto d’opera intellettuale che sul piano della fattispecie è connotato da
due requisiti:
- Un minimo di intellettualità nello sforzo professionale profuso nella produzione del servizio
- Un minimo di professionalità nella prestazione
Se manca anche uno solo dei due requisiti non si può parlare di professionista intellettuale
Le tendenze a favore dell’assimilazione dei due fenomeni sul piano della fattispecie. La nozione di
impresa comunitaria
Con il tempo questo trattamento privilegiato nei confronti nei professionisti intellettuali sta incontrando
qualche limite: i professionisti intellettuali sono assoggettati alla disciplina dell’impresa con riferimento alla
parte relativa all’antitrust che si pone l’obiettivo di evitare che gli operatori economici compromettano il
modello concorrenziale di mercato con accordi e cartelli in modo avvantaggiarsi di strutture oligopolistiche
o monopolistiche.
A chi si applica la disciplina dell’antitrust? A tutti gli operatori economici qualificati come imprese. Tale
qualifica va interpretata ai sensi dei principi dell’ordinamento dell’Unione Europea; questo implica che i
referenti della disciplina in questione non sono le imprese definite dagli ordinamenti nazionali ma i
fenomeni che rientrano nella nozione di impresa comunitaria
Cos’è l’impresa comunitaria?
L’ordinamento europeo non contiene una norma che stabilisce la nozione di impresa, è una nozione di
matrice giurisprudenziale e funzionale all’applicazione della disciplina della concorrenza; per questo
rientrano nell’impresa comunitaria solo i fenomeni produttivi che hanno un qualche impatto sul mercato
ovvero che abbiano un mercato di riferimento nel quale è possibile tenere condotte che possono
restringere o falsare il gioco della concorrenza = requisito necessario e sufficiente per essere impresa
comunitaria
→ possono essere imprese comunitarie anche attività occasionali (che per la definizione italiana mancano
del requisito di professionalità) e attività basate esclusivamente sul lavoro del titolare (che quindi mancano
di organizzazione)
Al contrario non possono rientrare nella definizione le attività che mancano del requisito di economicità,
cioè le attività di erogazione, ma nemmeno le attività meramente economiche perché non hanno alcun
impatto sul mercato o perché pur avendo un mercato di riferimento è difficile pensare che in tale mercato
possano verificarsi i comportamenti rilevanti per la disciplina antitrust che sono tutti motivati dalla volontà
di accrescere i propri profitti → le attività economiche che rientrano nella nozione di impresa comunitaria
sono in conclusione le attività lucrative, a prescindere poi dalla destinazione degli utili creati (egoistica o
altruistica)
NB: non è richiesto che i fenomeni produttivi siano necessariamente riferibili ad un soggetto cioè a un
centro autonomo di imputazione→ sono imprese anche le attività di gruppo
→ nella nozione di impresa comunitaria rientrano fenomeni che sono esclusi dalla nozione italiana; in
particolare, tutti i fenomeni compresi nel titolo III del libro V del CC, vale a die sia il lavoro autonomo sia le
professioni intellettuali:
- Per il lavoro autonomo questa conclusione è giustificata dal dato normativo che dispone
l’equiparazione tra lavoro autonomo e impresa con riguardo della disciplina della concorrenza
- Per le professioni intellettuali la conclusione è acquisita solo a livello interpretativo a seguito
dell’elaborazione giurisprudenziale
L’INIZIO E LA FINE DELL’IMPRESA
Inizio dell’impresa: momento a decorrere dal quale comincia a trovare applicazione la disciplina
dell’impresa
Fine dell’impresa: momento che segna il termine dell’applicazione della disciplina dell’impresa
→ si tratta di individuare l’intervallo temporale in cui la disciplina trova applicazione
Questi due momenti si valutano secondo un criterio di effettività rispetto alla sussistenza o meno del
fenomeno cui la disciplina si riferisce, ovvero l’impresa: per dichiarare l’inizio e la fine dell’impresa serve
che si verifichino/vengano meno i requisiti chiesti dalla nozione
Nonostante questo criterio ci sono ancora delle incertezze:
Inizio dell’impresa:
o Il criterio di effettività riguarda solo l’impresa esercitata da una persona fisica o anche
l’impresa esercitata da un ente collettivo e specialmente da un ente che abbia l’impresa
come oggetto esclusivo (società)? in questo secondo caso si potrebbe presumere che
l’inizio dell’impresa si abbia alla costituzione dell’ente in quanto destinato per sua propria
essenza solo ad esercitare l’impresa
o Va compresa anche la fase di organizzazione o l’impresa può dirsi iniziata solo al termine di
questa fase quando l’impresa è entrata nella sua gestione caratteristica
Fine dell’impresa:
o Il criterio di effettività riguarda solo l’impresa esercitata da una persona fisica o anche
l’impresa esercitata da un ente collettivo e specialmente da un ente che abbia l’impresa
come oggetto esclusivo (società)?
o Il criterio di effettività ha una portata piena o parziale? La domanda sorge dal fatto che la
fine dell’impresa non comporta la caducazione integrale della disciplina dell’impresa
sopravvivendo ancora la possibilità di dichiarare l’apertura delle procedure concorsuali
entro un anno dall’iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese
L’inizio dell’impresa
Il criterio di effettività. Le operazioni di organizzazione
Applicando il
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