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EFFETTI DELLA SENTENZA DI APERTURA DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE

Si tratta degli effetti che si producono quando sia stata emessa la sentenza e che connotano il significato di

quella procedura.

Gli effetti che discendono dalla sentenza sono svariati, cioè vi sono degli effetti di carattere più strettamente

procedimentale, p.e. il fatto che si fissino determinati termini e regole durante il procedimento; ma vi sono

anche degli effetti che hanno carattere sostanziale, cioè che consentano di apprezzare in modo più diretto e

pregnante i connotati della liquidazione giudiziale stessa.

Partendo da precisazioni di contesto, il codice della crisi, dopo aver parlato del 121 (presupposti), dal 122 in

poi degli organi e poi ci parla degli effetti agli artt. 142 ss. cci. Questi effetti sono sostanzialmente di quattro

tipi diversi:

1. effetti sul debitore (artt. da 142 a 149 cci);

2. effetti sui creditori (artt. da 150 a 162 cci);

3. effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori (artt. da 163 a 171 cci), cioè quegli atti che siano stati

posti in essere dal debitore e che abbiano carattere pregiudizievole nei confronti dei creditori;

4. effetti sui rapporti giuridici pendenti (artt. da 172 a 192 cci), cioè cosa succede quando c’è un

rapporto in corso e nelle more sopraggiunge la liquidazione giudiziale.

Effetti sul debitore (artt. da 142 a 149 cci)

Il codice della crisi si occupa, anzitutto, degli effetti della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale sul

debitore. Al dire il vero, gli effetti nei confronti del debitore sono di diversa tipologia, segnatamente di due

tipi: effetti di natura personale: possono riguardare la persona del debitore;

• effetti di natura patrimoniale: possono riguardare, anche, il patrimonio del debitore.

Per quanto riguarda gli effetti di natura personale, il legislatore continua a occuparsi e regolare alcuni effetti

che riguardano la persona dl debitore, ma lo fa con novero di disposizioni minore rispetto a quanto avveniva

in passato. Questo è il precipitato di un tendenziale superamento di quella visione punitiva, di cui si scorge

ancora traccia (per esempio i reati concorsuali), ma in maniera sicuramente meno evidente. Per capire questo,

nel 1942 quando il codice vara la legge fallimentare la sentenza di fallimento aveva come effetto di far perdere

l’elettorato al fallito, cioè il fallito era iscritto in un pubblico registro (registro dei falliti) che lo portava a perdere

l’elettorato, cioè a essere espunto dalla comunità civile sul presupposto che chi fallisce attenta a dei valori

ritenuti essenziali della comunità. Questa conseguenza è stata dichiarata incostituzionale. Oggi c’è traccia di

quella lunga storia andata a modificarsi in due disposizioni, cioè ci sono due norme che fanno menzione di

effetti che si determinano sulla persona del debitore.

La prima norma è l’articolo 148 cci “obbligo di consegna del corrispondenza”: il debitore deve consegnare la

propria corrispondenza commerciale che riguardi l’attività d’impresa al curatore, in quanto egli dovrà, sulla

base anche di quella documentazione, accertare e fare le proprie verifiche.

Art. 148 cci

“1. Il debitore persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa

quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nella liquidazione giudiziale.

2. La corrispondenza diretta al debitore che non è una persona fisica è consegnata al curatore.”

La seconda norma è l’articolo 149 cci “obblighi del debitore” sancisce gli obblighi del debitore di comunicare

al creditore la propria residenza o il proprio domicilio. Cioè deve rendersi raggiungibile. Questa previsione sta

a significare che il debitore è tenuto a mettersi a disposizione personalmente del curatore, cioè deve

comunicare la residenza o il proprio domicilio affinchè il curatore possa contattarlo, possa rivolgergli delle

comunicazioni o possa assumere eventuali informazioni o chiarimenti. Tutto per anticipare una idea di fondo

che ritroveremo, cioè che vi è un dovere di collaborazione del debitore con gli organi della procedura. Deve

fare quanto in suo potere per assicurare quanto più proficuo e regolare svolgersi della procedura, cioè non

può ostacolare il corso della procedura.

Art. 149 cci

“1. Fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 2-bis, il debitore, se persona fisica, nonché gli amministratori

o i liquidatori della società o dell'ente nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale, sono tenuti a indicare

al curatore la propria residenza ovvero il proprio domicilio e ogni loro cambiamento.

2. Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggetti di cui al comma 1

devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori.

3. In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, i medesimi soggetti possono essere autorizzati

dal giudice delegato a comparire per mezzo di un procuratore.”

14/11/2024

Abbiamo iniziato ad esaminare le disposizioni concernenti gli effetti della sentenza di apertura della

liquidazione giudiziale che si sovrappongono rispetto a quattro profili effettuali e ieri abbiamo esaminato i

cc.dd. effetti della liquidazione giudiziale sul debitore.

I profili più interessanti sono quelli di natura patrimoniale che incidono sulla sfera non personale del debitore

ma che riguardano o affettano la sfera patrimoniale. Qui si apprezza un tratto estremamente significativo e che

connota la procedura di liquidazione giudiziale, ovvero la c.d. regola dello spossessamento del debitore. La

liquidazione giudiziale determina lo spossessamento del debitore, con la perdita della relazione con il proprio

patrimonio a cui si sostituisce il c.d. curatore.

La regola dello spossessamento è chiarita all’art. 142 del cci:

1. La sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale priva dalla sua data il debitore

dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di apertura della liquidazione

giudiziale. 2. Sono compresi nella liquidazione giudiziale anche i beni che pervengono al debitore durante

la procedura, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi. 3. Il

curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunziare ad acquisire i beni del debitore,

compresi quelli che gli pervengono durante la procedura, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto

e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.

L’effetto dello spossessamento si sostanzia nella circostanza che dalla data di apertura della liquidazione

giudiziale (dalla data in cui produce i suoi effetti la sentenza) il debitore verrà privato dell’amministrazione e

della disponibilità dei suoi beni. Lo spossessamento si sostanzia in questo effetto ablativo di questa privazione

che si determina sul debitore circa il suo potere di amministrazione e disponibilità.

a) Amministrazione del patrimonio: riguarda la gestione del patrimonio e sostanzialmente del

possesso dei beni. Vedremo che in questa relazione di possesso dei beni debitori si sostituisce il

curatore che prenderà in cura il patrimonio.

b) Disponibilità del patrimonio: ovvero, la capacità giuridica di incidere sul patrimonio attraverso il

compimento di atti di disposizione.

Lo spossessamento è un effetto invasivo sul debitore e sul suo patrimonio e si sostanzia nella circostanza che

questi venga immediatamente privato della disponibilità dei suoi beni. Le norme che seguono precisano la

portata di questo spossessamento; questo vale anche per i rapporti processuali oltre che sostanziali, per cui se

c’è un giudizio in cui il debitore è parte attrice o convenuta allora si sostituirà a colui il curatore che prosegue

nell’attività processuale del debitore. Il legislatore precisa che questo effetto privativo riguarda anche i beni

sopravvenuti (es. eredità che riceve il debitore), dal momento che l’art. 2740 c.c. dice che il debitore risponde

delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Ancora, questo effetto privativo non ha una portata

assoluta e indistinta dal momento che vi sono alcuni beni non ricompresi nella liquidazione giudiziale e che

non soffrono l’effetto dello spossessamento e sono beni che hanno carattere personale (es. assegni alimentari,

frutti derivanti dall’usufrutto sui beni dei figli, oppure le cose non pignorabili – beni che riguardano la persona

o esigenze personali del debitore non sono mai pignorabili e quindi non sono posti a tutela delle ragioni

creditorie).

Si tratta di capire anche come venga presidiato questo effetto dello spossessamento, preoccupandosi che cosa

succede qualora questa regola venga violata. Sull’amministrazione dei beni problemi non vi sono dal momento

che abbiamo la sostituzione del curatore, tant’è che il curatore deve apporre i sigilli ed effettuare l’inventario

(censimento dei beni del patrimonio debitorio), ma i problemi vi sono laddove si violi l’obbligo di non disporre.

Si pensi alla vendita di un immobile oppure l’affitto dello stesso.

Qua interviene l’art. 144:

1. Gli atti compiuti dal debitore e i pagamenti da lui eseguiti o ricevuti dopo l'apertura della liquidazione

giudiziale sono inefficaci rispetto ai creditori. 2. Fermo quanto previsto dall'articolo 142, comma 2,

sono acquisite alla liquidazione giudiziale tutte le utilità che il debitore consegue nel corso della

procedura per effetto degli atti di cui al comma 1.

La sanzione e il presidio sul piano rimediale è l’inefficacia degli atti di disposizione. Questo riguarda sia gli

atti di disposizione effettuati dal debitore che gli atti di disposizione ricevuti dal debitore. Il concetto di

inefficacia è un concetto di particolare importanza, ovvero questi atti non sono invalidi, perché un potere di

disposizione astratto vi è pur sempre da parte del debitore. Lo spossessamento non incide sul piano

proprietario, ma non può disporre in questa fase particolare stante la pendenza della liquidazione giudiziale.

L’atto non è invalido ma è improduttivo di effetti giuridici. Questa è una inefficacia endo-concorsuale

(interna) non produce effetti nell’ambito e in pendenza della procedura; per cui se la procedura si chiude ad

es. perché la sentenza è stata emessa in difetto di presupposti, quegli atti tornano a produrre pienamente i

loro effetti giuridici dal momento che non sono invalidi ma sono improduttivi di effetti per ragioni di pendenza

di una procedura nella quale vengono prima le ragioni dei creditori.

Ora dobbiamo vedere gli effetti sui creditori (Sez. III)

Sono aspetti particolarmente

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SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mattiacremoso.pessotto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Kutufà Ilaria.