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Anche in questo caso, però, se vi è la clausola motu propriu,
non ha rilevanza che, le giustificazioni addotte per ottenere
il provvedimento, corrispondano al vero.
Il contenuto tipico del rescritto, è un provvedimento
discrezionale in genere, e, nel particolare, è un privilegio, o,
una dispensa.
37
Con l’atto amministrativo discrezionale, detto gratia, si
designano tutti quegli atti, che, operano in una sfera
amministrativa non totalmente vincolata da precedenti
norme, come avviene per gli atti dovuti.
Il rescritto, può contenere un privilegio o una dispensa.
Il privilegio, si ispira ad una ratio, collegato ad una persona,
cosa o luogo, cui, il privilegio, è concesso.
Il privilegio, non può essere solo un atto amministrativo,
ma, è un vero e proprio atto normativo, anche se di
carattere eccezionale o singolare, perché, viene concesso ad
personam.
Il privilegio, pur essendo un atto concesso a favore del
beneficiario, ciò, non toglie che possa porre, a carico del
destinatario, anche oneri, e, non solo vantaggi.
La dispensa, è un atto amministrativo in senso stretto
esecutivo, e, proviene da soggetti dotati di potere
esecutivo, o, le cui competenze, sono state attribuite da
norme di diritto, o, da un’apposita delega.
Quindi, la dispensa, è un atto di deroga a ciò che, la legge,
prescrive, capace di far sì che, ci si possa svincolare dalla
sua osservanza in un caso particolare.
Si comprende, in questo modo, come, la dispensa, si
riferisce solo alla vincolatività della legge ecclesiastica,
escludendo che, essa, possa riferirsi a leggi, che, fissano gli
elementi costitutivi essenziali degli istituti, o, degli atti
giuridici.
Sia osservato, però, che non si è avvertito che, il Corpo di
Cristo (l’eucarestia), trasforma le persone, in quanto, è un
sacramento universale di salvezza, che, è la Chiesa.
E queste persone, che sono i fedeli, mantengono, ciascuna,
una propria personalità, la cui funzione, è quella di
manifestare l’amore, che, il Padre, nutre per l’umanità,
mediante la vita del Figlio, nel Corpo mistico della Chiesa,
animato dallo Spirito vivificante. 38
Così, la salus animarum, viene ad assumere una dimensione
individuale e solidale al tempo stesso, nel senso che, la vita
del Fedele nella Chiesa, è, per il singolo, in funzione della
sua salvezza, che lo trascende, in quanto, attraverso la sua
vita di fedele, convince, l’umanità tutta intera, a salvarsi.
Si tende, così, ad una piena convergenza tra, la ratio
sacramenti, e, la ratio salutis.
La dispensa, può essere anche in senso ampio, attraverso
cui, si realizza il ministero della rivelatio/dispensatio
Ecclesiae.
Attraverso di essa, realizza uno dei misteri fondamentali
della Chiesa, ecco perché, la dispensa canonica, può
contrastare con la legge, anche in assenza di una deroga.
E’ necessario che, essa, sia rispettosa della ratio della legge
derogata.
Sappiamo, infatti, che, l’applicazione rigida di una legge,
comporta una “summa iniura”, anziché una “summa
iustitia”, e, la disapplicazione di quella prescrizione, la
realizza, perché, la disapplicazione, o, la sospensione di una
norma di legge, in un’ipotesi precisa, determinata e
concreta, in cui si realizzerebbe un’evidente ingiustizia, ne
preserva il mantenimento, in vigore, per tutti gli altri casi.
Quindi, la dispensa, serve a realizzare, quando bisogna
derogare alla legge, le ragioni prime dell’ordinamento
giuridico canonico.
In definitiva, la ratio della norma, finisce con l’essere
soddisfatta attraverso la non applicazione della norma
stessa.
Infatti, nel diritto della Chiesa, la partecipazione fruttuosa
dei fedeli, prevale sull’interesse alla prevenzione.
Dopo il Concilio Vaticano II, la prassi a ricorrere alla
dispensa, si può ridisegnare basandosi sull’economia
dispensatio, che, corrisponde ad una necessità, di una
pastorale, attenta al variare delle situazioni concrete.
39
Il potere di dispensa, viene, anche illecitamente, esercitato
dai Vescovi, quando, non vi è una giusta causa pastorale
verificabile, o, in contrasto con essa.
La dispensa, intesa in senso ampio, a differenza di quella
intesa in senso stretto, può incidere anche sulle norme di
diritto divino.
Per esempio, il matrimonio rato (celebrato) e non
consumato; lo scioglimento del matrimonio in favore della
fede.
Le persone fisiche e giuridiche e le funzioni della Chiesa.
Per soggetto giuridico, si intende non solo una persona
fisica, capace di porre in essere un atto giuridico, ma, anche
un centro di imputazione di interessi umani rilevanti, e,
tutelati dal diritto.
In questo senso, la soggettività giuridica, coincide con la
capacità di agire, cioè, con l’attitudine a diventare titolari di
diritti, di obblighi, di doveri, di poteri, eccetera.
Quest’attitudine, è posseduta non solo da persone fisiche,
cioè, da soggetti umani, ma, anche da persone giuridiche,
cioè, realtà create dal diritto.
Proprio perché non sono dotate di una qualità soggettiva, le
persone giuridiche, non possiedono la capacità di agire,
perché, non possono compiere direttamente atti.
Esse, possono compiere atti solo attraverso le persone
fisiche, che, sono titolari dei loro organi, cioè, gli uffici che
le rappresentano, e che, entrano in contatto con altri
soggetti dell’ordinamento.
Il diritto canonico, equipara, le persone giuridiche, ai minori
d’età, in quanto, questi, sono incapaci di agire, se non che
attraverso il loro rappresentante legale.
Bisogna distinguere tra rappresentanza legale, che, è
relativa ad un rapporto organico, dalla rappresentanza 40
volontaria, inerente ad un rapporto tra due soggetti di
diritto, pienamente capaci di agire.
Questi due soggetti, instaurano un rapporto sulla base di un
mandato, a differenza di quanto avviene per le persone
giuridiche, dove non vi è una relazione tra soggetti
pienamente capaci, tanto che, si parla di immedesimazione
organica della persona fisica, titolare dell’organo, con la
persona giuridica, che, essa, rappresenta.
Per quanto riguarda la rappresentanza legale, il cui esempio
tipico è quello dei genitori, differisce da quella volontaria,
perché, l’attribuzione dell’ufficio in cui, essa, si sostanzia, è
il frutto di un atto autoritativo, e non di un’autonomia.
I soggetti giuridici della Chiesa, non sono solo le persona
battezzate, anche se, il richiamo del termine “persona” del
canone 96, può far sorgere qualche dubbio.
L’ordinamento canonico, in coerenza con il concetto relativo
alla carità, non può che dare rilevanza giuridica alla dignità
di ogni persona, in quanto prossimo, senza aggiunta di altre
qualifiche (battezzato o non battezzato, fedele o non
fedele).
Tutto ciò, viene avallato da tutte quelle norme del Codice,
che richiamano, il concetto di “persona”, non in senso
tecnico, ma, in senso sostanziale, per indicare, cioè, la
realtà umana, a prescindere dalla sua titolarità delle
situazioni giuridiche disciplinate dallo stesso Codice.
Le persone fisiche, possono avere una condizione giuridica
dal punto di vista personale, locale, famigliare e rituale.
Secondo il canone 97, le persone fisiche, nella Chiesa,
diventano maggiorenni con il compimento dei 18 anni.
Il minore, che non ha ancora compiuto 7 anni, è considerato
infante, privo dell’uso della ragione, e, quindi, non
imputabile da un punto di vista penale.
Inoltre, non possono validamente agire da soli da un punto
di vista giuridico, ma, devono essere rappresentati da
genitori o tutori.
41
La persona fisica, può essere in una condizione di “incola”,
se, possiede un domicilio; di “advena”, se, possiede un
quasi-domicilio; di “peregrinus”, se, pur possedendo un
domicilio o un quasi-domicilio in un determinato luogo,
tuttavia, non si trova in quel luogo; di “vagus”, se, non ha,
in nessun luogo, un domicilio o un quasi-domicilio.
Il domicilio, si acquista in quel territorio di quella parrocchia
o di diocesi, in cui, si dimora anche da poco, con l’intenzione
di restarvi, a tempo indefinito, oppure, in cui si è dimorato
per oltre 5 anni.
Il quasi-domicilio, si acquista allo stesso modo, se,
l’intenzione, di dimorare, è per un periodo di 3 mesi, o se, la
dimora, si è protratta per questo periodo.
Il domicilio, o il quasi-domicilio, servono ad individuare la
sede giuridica di una persona.
Il domicilio, o il quasi-domicilio, può essere reale o legale.
Quello reale, si acquista con la permanenza in luogo per
oltre 5 anni (domicilio), o, per almeno 3 mesi (quasi-
domicilio).
Quello legale, si acquista da una disposizione di legge
(coniugi che hanno un domicilio in comune, a meno che, non
si siano separati).
Secondo il nuovo Codice, non è più necessario che, la donna
coniugata, abbia, come domicilio, o quasi-domicilio, quello
del marito.
Il domicilio reale, si perde per l’abbandono del luogo, e, per
l’intenzione di non farvi più ritorno; quello legale, per il
venir meno della causa, che, lo ha determinato (per
esempio, il raggiungimento della maggiore età).
Dal domicilio, o quasi-domicilio, dipende l’attribuzione, alla
persona, di una delle qualifiche, di cui al canone 100:
abitante, dimorante, forestiero, o girovago, con
l’individuazione del parroco, e, dell’ordinario-proprio. 42
Chi non ha né domicilio, né quasi-domicilio, avrà, come
parroco, e, come ordinario-proprio, il parroco e l’ordinario-
proprio del luogo in cui, attualmente, dimora.
Per consanguineità, si intende il vincolo che lega, in linea
retta, le persone che discendono l’una dall’altra (genitori e
figli), o, in linea obliqua o collaterale, le persone che non
discendono l’una dall’altra, ma, che hanno uno stipite in
comune (due fratelli).
Per quanto riguarda, invece, l’affinità, con questa, si
intende il vincolo che lega un coniuge ai parenti dell’altro
coniuge (cognati).
Il diritto canonico, calcola, i gradi di parentela, in linea retta
ed in linea collaterale.
In linea retta, si contano le generazioni partendo dal
soggetto di cui si vuole conoscere il grado di parentela, fino
al capostipite, escludendo quest’ultimo: nonno e nipote,
sono parenti in linea retta, di secondo grado