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A.A. 20\21 OGM: ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI
Fra i prodotti di qualità rientrano anche gli OGM; parliamo di prodotti le cui caratteristiche peculiari sono ottenute con
metodi diversi da quelli seguiti in precedenza per ottenere particolari caratteristiche di piante\ animali.
Tali tecniche, innovative nel loro settore, intervengono direttamente sul DNA dell’essere vivente.
Le due direttive europee 219\220 del 1990 trattano in materia di OGM.
Le tecniche bio-tecnologiche hanno subito un notevole affinamento; ad oggi trattiamo di tecniche precise e sofisticate al
riguardo (le coltivazioni transgeniche sono state assoggettate alla disciplina degli OGM dalla Corte di Giustizia).
La normativa sugli OGM è per certi versi “punitiva”; diversi sono gli aspetti criticabili a riguardo. Inizialmente erano
visti con favore; le prime normative regionali in Italia cercano di incentivare la ricerca in questo campo; si pensi
che i mass media magnificavano le produzioni di prodotti agricoli “migliorati”.
Si nota in questo senso un cambio sostanziale di corrente dall’opinione pubblica:
si ostracizza l’OGM in ambito agro-alimentare.
Le tecniche OGM inseriscono inoltre con la sfera etica per quanto attiene l’applicazione di queste all’uomo, meno
evidenti per le applicazioni a piante ed animali.
La normativa europea fin dall’inizio ha sostanzialmente sottoposto la commercializzazione e la produzione di
tali prodotti ad un REGIME DI AUTORIZZAZIONE, volto a dimostrare la sicurezza e la non pericolosità dei
prodotti, alla luce del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE (poi codificato dal regolamento del 2002).
Se si vuole commercializzare l’OGM è dunque necessario presentare la domanda e attendere l’autorizzazione.
La presenza dell’OGM deve essere soggetto ad etichettatura.
La disciplina degli OGM infatti prevede che se la modificazione genetica è qualificabile al di sotto della soglia dello
0.9% non è da inserirvi in etichetta; più complessa è la situazione in relazione al biologico, essendo che i fautori della
coltivazione verde non volevano proprio la presenza di variazioni genetiche nei loro prodotti.
Si assiste inoltre al c.d. “periodo della moratoria”: non si esaminano più domande, affinché non si promuovessero
nuove autorizzazioni europee.
Sanzioni penali per chi produceva OGM anche se autorizzati; tutto al fine di scoraggiare\ impedire la coltivazioni di
questi, grazie alle “clausole di salvaguardia”.
OGGI NON CI SONO COLTIVAZIONI TRANSGENICHE IN ITALIA, ma si importano grandi quantità di mais e soia;
anche impiegati soprattutto per la coltivazione di mangimi per animali.
No coltivazioni, ma si importazioni di coltivazioni transgeniche da paesi terzi.
L’animale mangia OGM e poi noi mangiamo la carne? Potrebbe risuonare come una contraddizione.
Se si considera l’OGM come un prodotto geneticamente modificato con tecniche bio-tech che intervengono direttamente
sul DNA dell’essere vivente, si pensa subito ad una produzione in completo contrato con la produzione biologica.
Per diverso tempo si è mantenuta questa tendenza e molto discussa era la percentuale di OGM tollerata sia ai fini
dell’etichettatura, sia del biologico.
Ad oggi, nonostante un periodo di forte avversione, si sta riconsiderando l’utilizzo degli OGM; si ipotizza infatti
un’evoluzione verso la c.d. “agricoltura di precisione”.
La normativa UE si concentra sul metodo di produzione e non guarda al prodotto medesimo (a differenza di paesi come
degli Stati Uniti). Gli scienziati adottano la visione statunitense, affermando essere necessario guardare al prodotti in
senso stretto, invece che alla metodologia di produzione (visione di Mondini).
Sussiste dunque una discrepanza di posizioni: il mondo scientifico è favorevole alle produzioni OGM, sfavorevole
è la visione del consumatore, il quale rivendica l’etichettatura contraria (si plaude l’OGM FREE); sbagliato
sarebbe comunque convivere con remore, spesso dettate da una scarsa informazione di settore.
Inevitabile è stata l’influenza del legislatore a riguardo, sensibile all’opinione dell’opinione pubblica.
REGOLEMENTO DI QUALITÀ:
(REG. 1992 DOP-IGP\ RE. 2006\ REG.2012: “sulla qualità”)
Con il regolamento del’92, adottato con procedura legislativa ordinaria, prende avvio la prima legislazione europea in
materia di denominazioni d’origine protetta e identificazione geografica protetta; si ripone maggior attenzione in
quelle caratteristiche del prodotto in qualche modo legate all’ORIGINE GEOGRAFICA dello stesso. Le sensibilità
a riguardo sono erano più disparate; si rivelò dunque necessaria una disciplina omogenea al fine di determinare
uguali condizioni di concorrenza ed opportuni controlli.
l’Italia in tal senso è particolarmente legata alla qualità del prodotto alimentare; con le DOP e le IGP si parla infatti di
“carta vincente per il mondo rurale”: la promozione dei prodotti di qualità inoltre si è vista come un valido incentivo
per tutte quelle coltivazioni di nicchia, magari pure in zone morfologicamente svantaggiate (la qualità viene
riconosciuta, si valorizza, ergo il prezzo sale).
DOP e IGP devono rispettare determinati DISCIPLINARI DI PRODUZIONE per essere qualificabili come tali; il
disciplinare deve contenere differenti indicazioni: nome, descrizione, area geografica, elementi che ne dimostrino
l’effettiva provenienza, metodo, confezionamento (il quale deve avvenire nel territorio delimitato), collegamento prodotto-
territorio, autorità garanti, regole per l’etichettatura. 23
Diritto agro-alimentare \ prof: G. Sgarbanti UNIBO, Campus Ravenna Nichele Arianna
A.A. 20\21
La procedura di registrazione consta di due fasi: una nazionale e una europea; nella prima fase è consentita
l’opposizione (ad es. per violazione di marchio registrato).
Se la DOP e la IGP riconosce una tutela del prodotto a livello europeo (ergo nei limiti fisici dell’UE),
maggiormente difficoltosa è la situazione sul quadro internazionale.
Salvo accordi fra singoli stati e Ue e altri stati, la disciplina generale segue gli ACCORDI TRIPS (accordi della proprietà
intellettuale allegato all’accordo di Marrakesh (1994), che aveva istituto la organizzazione mondiale del commercio).
L’accordo dispone tuttavia una protezione relativamente blanda, nel senso che si può tranquillamente usare una
IGP, nel caso sia possibile risalire alla vera origine del prodotto, o nel caso si utilizzi una determinata frase “a imitazione
di”\ “a somiglianza del”, ecc. Gli stati terzi possono utilizzare le IGP locali ma avvicinano le precedenti frasi (tutto ciò è
lecito ai fini dell’utilizzo di una IGP locale).
(Più incisiva ai sensi dell’accordo Trips è la protezione sui vini).
Alla luce della diversità di posizioni di USA e Australia vs UE, in relazione alla normativa europea delle denominazioni, si
risolse la controversia nella decisione di un PANEL.
Per ottenerne tutela, sul piano internazionale, le strade sono due:
1) una miglior tutela è ravvisabile nel trattarle come MARCHI.
Le DOP e le IGP non possono andare contro marchi preesisti, ma possono essere registrate come tali; per ottenere una
protezione extra-europea si può andare a registrare come marchio la DOP o la IGP, affinché goda della proprietà dei
marchi e brevetti.
2 ) Accanto a questa prima strategia, una seconda, consiste nello stipulare SPECIFICI ACCORDI (si pensi all’accordo
Ceta con il Canada).
Questo per far fronte al dilagante fenomeno dell”italian sounding”, in riferimento al mercato dei prodotti
agroalimentari (non italiani) che richiamano produzioni italiane, ma che di fatto non lo sono; in termini di fatturato
e di ampiezza tale tale mercato è maggiore, rispetto a quello delle effettive denominazioni. I produttori di altri paesi
emulano o richiamano le nostre DOP nel nome di prodotti che non sono italiani (in ossequio al prestigioso mercato
agro-alimentare italiano).
Sintesi: si imitano eccezioni italiane, che di fatto non centrano un cazzo con la produzione tipica italiana.
DENOMINAZIONE ORIGINE PROTETTA (DOP), 310 tot.
Ex art.5, si definisce DOP il prodotto originario di un luogo, regione o paese determinato, le cui qualità sono dovute
essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico e dai suoi intrinseci fattori
naturali e umani; TUTTE le fasi di produzioni si svolgono nella regione delimitata.
Deve essere dunque obiettivamente dimostrabile che il prodotto di quella zona vanti delle proprie
peculiarità. IDENTIFICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA (IGP), 3 tot.
A differenza delle DOP, nelle IGP l’origine geografica è attribuibile ad una data qualità: la reputazione o date
caratteristiche (serve che l’origine e la fama del prodotto siano correlate). Per qualificarsi tale, basta che anche
SOLO UNA delle fasi di produzione sia avvenuta nella zona geografica delimitata.
SPECIALITÀ TRADIZIONALI GARANTITE (STG), 3 tot.
(mozzarella, pizza napoletana, amatriciana)
Le STG, prima definite “stazioni di tipicità”, l’elemento TRADIZIONALE, è dunque quello discriminante nella
categorizzazione delle specialità tradizionali garantite: esso deve essere tale da permettere di tramandare la disciplina relativa
al prodotto di generazione in generazione, affinché diventi una vera e propria tradizione (si parla di 30 anni). Il fine delle STG
è salvaguardare il metodo tradizionale di produzione di determinati prodotti (i quali per la tradizionalista vantano un valore
aggiunto). Le stg sono dunque disciplinate da tal regolamento europeo, da non confondere con i prodotti disciplinati ai sensi della
nostra normativa interna (decreto del ‘’99: tantissimi sono i prodotti disciplinati dal diritto interno, il quale ha un altro scopo; si tratta
del regolamento dei prodotti tradizionali regionali, che sono tantissimi invece).
Il nome del prodotto deve essere specifico ed in sede di registrazione è possibile l’opposizione. La domanda di
registrazione consta di due fasi: nazionale ed europea; anche per le STG esiste un registro apposito. Per SPECIALITÀ si fa
invece riferimento alle modalità di produzione specifiche che lo contraddistinguono da altri prodotti simili della medesima
categoria.
Perché le DOP e le IGP sono di più rispetto alle STG? La motivazione risiede nel fatto che la richiesta di DOP e o di IGP
esse possono fregiarsi di questo riconoscimento tutti i prodotti di un produttore (limitazione) di una zona delimitata dal disciplinare
che sia soggetta dai controlli previsti dal disciplinare stesso. La limitazione alla persona del produttore, può assoggettandosi al
disciplinare, apporre l’etichetta. Per le STG non c’è la riserva ai prod