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Nel caso, invece, che l’informazione, avvenga nel
“momento” del contratto, l’informazione, si inserisce in una
specifica relazione contrattuale, cioè, nella sua fase
immediatamente precedente, o, concomitante alla
conclusione del contratto.
Prima della concreta stipulazione contrattuale, contro le
informazioni omesse, inesatte o false, contenute nel
messaggio espresso nella presentazione, o nell’etichetta del
prodotto, la reazione che si può avere, è quella della
denuncia all’autorità garante da parte della concorrenza,
affinché, si ponga subito fine alla pubblicità menzognera, e
si imponga, all’operatore economico, di conformare, il
messaggio, a criteri di verità e correttezza, nel mercato
alimentare.
In altre parole, la reazione di ricorso al Garante, corrisponde
al fatto che, non si pone una questione di tutela
dell’interesse individuale, bensì, quella della tutela
dell’interesse collettivo dei consumatori, o, della
trasparenza del mercato.
La denuncia al Garante, però, non è l’unica possibile.
Infatti, l’Ordinamento, sanziona, in via penale o
amministrativa, l’omissione ingannevole delle informazioni
obbligatorie, o il loro occultamento, o, la loro presentazione
in modo ambiguo o intempestivo.
Le conseguenze “privatistiche” del fatto che, il destinatario
dell’informazione, sia indotto a stipulare il contratto, sono
quelle previste dal diritto di ogni Stato membro.
I rimedi previsti nei confronti di questi tipi di contratti sono,
secondo l’Ordinamento, l’invalidità del contratto ed il
risarcimento del danno.
Quando le informazioni fanno riferimento ai dati
“descrittivi” dell’oggetto, esse, possono non costituire
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semplici informazioni, ma, essere proprio quelle su cui, le
parti, giungono al loro consenso.
In questo caso, tali informazioni, dette “rilevanti”,
riguardano elementi “essenziali” del contratto, e, la
conseguenza della loro violazione, è la nullità del contratto,
secondo il codice civile, per la mancanza dell’oggetto.
Invece, quando le informazioni riguardano elementi che non
sono essenziali al contratto, quando, per esempio,
attengono alla data entro cui, l’alimento, deve essere
consumato, eccetera, la violazione, può dare luogo
all’annullabilità del contratto, nel caso in cui, il consenso,
sia viziato dall’informazione omessa, falsa o inesatta.
Il contratto di acquisto, in tal caso, di alimenti, a cui, il
consumatore, sia stato indotto, dalle informazioni omesse,
inesatte o false, è annullabile per dolo, ma solo quando, il
danneggiato, provi il raggiro, ai fini, della sua volontà, di
poter concludere il contratto, e, l’intenzione del produttore
a raggirarlo: in altre parole, il “dolus malus”.
Dunque, per pervenire all’annullabilità del contratto,
occorre che, il raggiro, abbia indotto, il consumatore, a
stipulare il contratto, sicché, quando la rilevanza del
raggiro, per omessa informazione, riguardi solo le condizioni
dell’accordo, l’unico rimedio, è il risarcimento del danno.
Secondo la Suprema Corte, con la sentenza del 2005, è
“falsa” l’indicazione dell’origine o provenienza geografica
del prodotto, che, non corrisponde alla realtà, mentre,
“fallace”, è un’indicazione che, pur non essendo falsa, trae
in inganno coloro che agiscono in un mercato, in cui,
assumono importanza le origini geografiche degli alimenti.
Occorre prendere atto che, il nostro diritto penale, ha una
specifica fattispecie delittuosa, che, prevede una duplice
tutela, in quanto, va a tutelare non solo l’ordine economico,
ma, anche la fede pubblica.
Questa fattispecie delittuosa, va oltre il reato di frode in
commercio, che, punisce l’esercente di un’attività
commerciale, che consegni, all’acquirente, una cosa mobile
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diversa, per origine, provenienza, qualità o quantità, da
quella dichiarata, o pattuita.
L’agricoltore, è il soggetto fondamentale nell’ambito del
mercato agroalimentare, perché, è colui che realizza il
prodotto, che, finisce sulla tavola del consumatore.
Questa immissione di prodotti sul mercato,
dell’imprenditore agricolo, può avvenire o tramite
un’organizzata commercializzazione del prodotto, in
contatto diretto con il consumatore, o attraverso la
cessione, della sua produzione, a soggetti intermedi della
filiera agro-alimentare, che, provvedono alla trasformazione
e alla distribuzione, del prodotto finale, al consumatore.
Quando vi è il rapporto diretto ed immediato tra
l’agricoltore e il consumatore, le regole sono semplici, ma,
oggi, si deve prendere atto della proliferazione di forme di
commercializzazione, che, è diretta a condizioni più
convenienti, a causa della vicinanza, del luogo di vendita, a
quello di produzione, e quindi, con la riduzione di tutte
quelle infrastrutture di trasporto.
Occorre tenere ben presente anche della diffusione della
commercializzazione a distanza, con l’impiego di internet.
Il decreto legislativo del 2005, prevede che, le
organizzazioni dei produttori, provvedano alla
concentrazione dell’offerta degli associati, e, alla successiva
commercializzazione all’ingrosso dei loro prodotti.
Il sistema, che ora fa capo al Regolamento del 2013 sulla
OCM unica, consente di rilevare che, la costituzione di
questi organismi, tende a garantire la pianificazione della
produzione, il suo adeguamento alla domanda, anche in
termini di qualità, e, l’ammissione, sul mercato, di tutta la
produzione degli aderenti, attraverso una diretta
commercializzazione globale, la razionalizzazione dei costi
di produzione, la redditività degli investimenti, per poter
applicare regole comuni in tema di tutela dell’ambiente e di
benessere degli animali, e, la stabilizzazione dei prezzi.
In conseguenza, le organizzazioni dei produttori, devono
assumere una forma giuridica, e quindi, si costituiscono
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come società di capitali, o società cooperative, o consortili,
che stabiliscono, nello statuto, l’obbligo, dei soci, di
applicare le regole stabilite, di fare vendere, la propria
produzione, per almeno due terzi, direttamente
dall’organizzazione, e di mantenere, questo vincolo
associativo, per un periodo ben definito.
Tutto ciò, permette di concludere che, questo
associazionismo, pone rimedio all’isolamento, del singolo
produttore, come sistema autonomo e inadeguato, mentre,
le funzioni normative, che vengono svolte da siffatte
organizzazioni di produttori, consentono, agli organizzatori
agricoli, di potersi inserire, come strutture, tra produzione e
commercializzazione, nell’ambito di quello che è l’assetto
concorrenziale del mercato agro-alimentare.
Gli organismi maggiormente rappresentativi nei settori
della produzione, della trasformazione, del commercio e
della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari,
stipulano le cosiddette “intese di filiera”.
Con esse, agricoltori, industriali, e distributori di alimenti,
provvedono a definire le azioni per migliorare la conoscenza
e la trasparenza della produzione e del mercato, per
migliorare il coordinamento dell’immissione dei prodotti sul
mercato, per valorizzare le dop, le igp, ed i marchi di
qualità, per valorizzare il legame delle produzioni al
territorio di provenienza, per perseguire condizioni di
equilibrio del mercato, per suggerire metodi di produzione,
che siano rispettosi dell’ambiente, ed infine, per stilare
schemi contrattuali, compatibili con la normativa
comunitaria, che, servono come modello per i successivi
passaggi dell’integrazione agro-industriale.
Sulla base di queste intese di filiera, le organizzazioni dei
produttori agricoli, e, le associazioni degli altri settori agro-
alimentari, concludono contratti quadro, con cui, si
disciplinano la quantità e la qualità della produzione
agricola, per equilibrare, l’offerta, alla domanda, e, si
stabiliscono i criteri, le condizioni della produzione e della
vendita di prodotti, e, il prezzo del loro ritiro, da parte degli
industriali e dei commercianti. 67
Ogni violazione delle condizioni stabilite in questi contratti
quadro, costituisce un grave inadempimento, col diritto al
risarcimento dei danni.
Nell’ambito di questo accordo quadro, i singoli agricoltori, e
gli industriali, stipulano, anche per iscritto, i propri contratti
individuali, che, prendono il nome di “contratti di
coltivazione, allevamento e fornitura”, o, più
semplicemente, “contratti agro-industriali”.
Nel mercato agroalimentare, è di rilevante importanza che,
la vendita dei prodotti ai consumatori, avvenga tramite
gruppi societari, che, operano nelle forme degli ipermercati,
dei supermercati e dei discount, e, si parla di “grande
distribuzione organizzata”, o GDO.
Se i consumatori traggono benefici dall’offerta di alimenti di
differenti produttori, con la possibilità di poter scegliere il
prodotto migliore, e quello meno caro, e, con la
constatazione di una sicura compressione dei prezzi di
acquisto, non si possono sottacere le imposizioni delle GDO
agli operatori della commercializzazione, tramite una serie
di obblighi contrattuali, per esempio, la fornitura in
esclusiva, la certificazione privata sull’omogeneità del
prodotto, l’ottenimento di contributi per l’ammissione del
prodotto nella collocazione sugli scaffali, eccetera.
Il decreto legislativo del 2012 sulle disposizioni per la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività, prevede l’obbligo della redazione scritta, nei
contratti aventi, per oggetto, la cessione non al dettaglio di
prodotti agricoli e alimentari.
L’omissione, è sanzionata dal punto di vista amministrativo.
La vigilanza sull’applicazione delle disposizioni, è affidata
all’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato, che,
può irrogare una sanzione amministrativa.
L’esame della legge, impone di mettere in evidenza che,
l’obbligo della scrittura “ad subtantiam”, è escluso per i
contratti conclusi con il consumatore finale.
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L’imprenditore agricolo, che è posto alla base della filiera, è
colui che soffre di più non solo per la sua modesta o piccola
dimensione, ma, anche per l’effetto della sua posizione
polverizzata, rispetto a quella concentrata dell&rsqu