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I PRINCIPI DI NON DISCIMINAZIONE IN BASE AL GENERE:
DISCRIMINAZIONI DIRETTE, INDIRETTE, MULTIPLE, INTERSEZIONALI E PER
ASSOCIAZIONE
DISCRIMINAZIONI DIRETTE: Si ha discriminazione diretta quando sulla base di uno dei
motivi vietati dalle direttive una persona è trattata meno favorevolmente di qaunto sia, sia
stata o sarebbe stata trattata un’altra persona in una posizione analoga.
In riferimento al genere la discriminazione comprende anche qualsiasi trattamento meno
favorevole riservato alle donne per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo di
maternità e quelli derivanti da cambiamenti di sesso.
in fase assunzione lavorativa: Qualsiasi disposizione, prassi, atto o comportamento, nonchè
l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento che produca un effetto
pregiudizievole discriminando le candidate.. in fase di selezione del personale, le lav., in
ragione del loro sesso, età, origine etnica ecc, il trattamento meno favorevole rispetto a
quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
Con il termine ‘discriminazione multipla’ (in senso
DISCRMINAZIONE MULTIPLA:
ampio) ci si riferisce a quei casi in cui una persona è discriminata in base a due o più
fattori discriminatori. si verifica quando una persona è discriminata sulla base di più
fattori, ma ogni discriminazione avviene in momenti diversi e si basa ogni volta su
fattori differenti. I fattori possono essere: il genere, l’etnia, l’orientamento sessuale,
l’età, disabilità ecc
DISCRIMINAZIONE INTERSEZIONALE: La teoria dell'intersezionalità riconosce
che le persone non sono discriminate solo per una caratteristica, ma per un insieme
complesso di identità e fattori interconnessi. Infatti il termine intersezionalità è stato
coniato da Kimberliè Creanshow e l’esempio più noto di discriminazione
intersezionale arriva dagli Stati Uniti, che è il Paese in cui il concetto di
‘intersezionalità’ fu teorizzato per la prima volta, e riguarda le discriminazioni e
violenze a cui sono esposte le donne Black non solo in quanto ‘donne’ e non solo in
quanto ‘Black’, ma in quanto ‘donne Black’. ( è una cosa che ho aggiunto io non è da
dire )
DISCRIMINAZIONE PER ASSOCIAZIONE: Le discriminazioni per associazione si verificano
quando un individuo viene trattato in modo discriminatorio a causa dell'associazione con una
persona o un gruppo protetto da leggi antidiscriminazione. Ad esempio, se un datore di
lavoro licenzia un dipendente perché è sposato con una persona di una determinata razza o
religione, questo costituisce una discriminazione per associazione. rientra nelle
discriminazioni indirette e non configura una fattispecie autonoma di discriminazione.
MOLESTIA: Sono discriminazioni quando si sostanziano in un comportamento indesiderato,
adottato per uno dei motivi vietati o avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una
persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
→ Molestie di genere: il comportamento che lede la dignità umana altrui è correlata al
genere della persona.
→ Molestie sessuali: il comportamento attuato da una persona su un’altra persona è di
natura esplicitamente sessuale _ può avere natura verbale, finisca, non verbale. è un ricatto.
I PRINCIPI DI NON DISCIMINAZIONE IN BASE AL GENERE:
Con ‘’genere’’ si intende un termine che descrive il sesso biologico e la costruzione culturale
dell’identità sessuale delle persone.
La normativa antidiscriminatoria connessa al genere è disciplinata da diverse direttive
dell'Unione Europea, mirando a garantire la parità di trattamento tra uomini e donne
nell'occupazione e nell'impiego. La Direttiva 2006/54 riunisce molte delle precedenti direttive
in materia. Al di fuori di questa, rimangono direttive specifiche sulla parità di trattamento in
materia di sicurezza sociale, attività autonoma e accesso ai beni e servizi.
Nel 2021, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva per rafforzare
l'applicazione del principio di pari retribuzione, garantendo il diritto dei lavoratori a ricevere
informazioni sui criteri retributivi. Questa proposta mira anche a contrastare le
discriminazioni sistemiche, riconoscendo diritti di informazione e monitoraggio.
Nell'ordinamento italiano, la normativa antidiscriminatoria connessa al genere è
principalmente contenuta nel decreto legislativo 198/2006, noto come codice delle pari
opportunità tra uomo e donna. Questo codice ha subito diverse modifiche per recepire il
diritto antidiscriminatorio dell'Unione Europea e ovviare alle procedure di infrazione attivate
dalla Commissione europea.
I principi di non discriminazione basati sul genere sono applicabili sia nei casi in cui le donne
subiscano discriminazioni rispetto agli uomini, sia viceversa, comprese le situazioni in cui
una persona subisce un trattamento svantaggioso per aver cambiato sesso.
Il codice delle pari opportunità vieta qualsiasi discriminazione nell'accesso al lavoro, nelle
condizioni di impiego, nelle opportunità di carriera e nelle prestazioni previdenziali. Tuttavia,
la frammentazione della normativa ha comportato alcune lacune nel recepimento del diritto
dell'Unione, come la mancanza di divieti specifici in materia di sicurezza sociale e di
discriminazione di genere nell'accesso agli impieghi pubblici.
La normativa antidiscriminatoria consente anche l'adozione di misure a favore del sesso
sottorappresentato e prevede la certificazione della parità di genere per i datori di lavoro che
attuano politiche per ridurre il divario di genere.
I PRINCIPI DI NON DISCRIMINAZIONE IN RAGIONE DELLA GENITORIALITA’ (
MATERNITA’):
Le leggi europee e italiane vogliono che uomini e donne siano trattati allo stesso modo
sul lavoro. Spesso, le donne sono state discriminate a causa della maternità. Trattare
una donna in modo diverso durante la gravidanza o la maternità è discriminazione, LO
DICE LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. Questo vale anche se non c'è un uomo da
confrontare perché la gravidanza riguarda solo le donne. Questa regola è stata seguita
anche dai tribunali italiani, che hanno visto come discriminazione non rinnovare il
contratto di una donna incinta o ridurla a causa della maternità.
Le leggi europee specificano i diritti delle lavoratrici che tornano dal congedo di maternità
e dei lavoratori che prendono il congedo parentale. Hanno anche detto agli Stati membri
di proteggere i lavoratori che chiedono o prendono congedi parentali.
In Italia, le leggi sono state modificate per vietare qualsiasi trattamento discriminatorio a
causa della gravidanza, della maternità o della paternità. Ma le nuove leggi non sono
state molto chiare e hanno aggiunto fattori come l'età e il sesso, che già erano protetti
da altre leggi. Le nuove leggi hanno anche complicato la valutazione delle
discriminazioni, chiedendo di confrontare la situazione con "la generalità degli altri
lavoratori", cosa che non sempre è utile.
Le leggi italiane dicono che le discriminazioni dovute alle esigenze di cura familiare sono
anche discriminazioni di genere. Questo significa che possono essere affrontate con le
stesse regole delle discriminazioni di genere. Questo è importante perché molte persone
con responsabilità di cura familiare trovano difficile conciliare lavoro e vita privata. Alcuni
tribunali italiani hanno ritenuto discriminatorio assegnare turni di lavoro che rendono
difficile per i genitori prendersi cura della famiglia. Questo è stato confermato anche se le
organizzazioni sindacali avevano accettato quei turni.
I PRINCIPI DI NON DISCRIMINAZIONE IN BASE ALL’ORIENTAMENTO
SESSUALE:
La Direttiva 2000/78 vieta la discriminazione basata sull'orientamento sessuale nel
settore pubblico e privato, riguardando l'accesso all'occupazione, le condizioni di lavoro,
l'affiliazione sindacale e altre sfere lavorative.
In Italia, la direttiva è stata recepita dal Decreto Legislativo 216/2003, estendendo
recentemente il divieto di discriminazione anche all'alloggio, ai vantaggi sociali e fiscali,
all'assistenza lavorativa e sindacale. La Corte di giustizia e la Corte costituzionale italiana
hanno affrontato la questione delle coppie omosessuali, riconoscendo il diritto
fondamentale di vivere liberamente la propria condizione e stabilendo che la
discriminazione basata sullo status matrimoniale è vietata.
Anche la genitorialità sociale è stata riconosciuta, garantendo ai genitori omosessuali il
diritto ai congedi parentali e ai permessi per malattia del figlio. Inoltre, è stato affermato
che tutti gli Stati membri devono riconoscere l'atto di nascita di un minore con genitori
dello stesso sesso e consentire loro la libera circolazione nell'Unione Europea.
La Corte di giustizia ha stabilito che dichiarazioni pubbliche omofobe riguardanti le
politiche di assunzione possono costituire discriminazione, anche se non danneggiano
specificamente un candidato, poiché possono dissuadere le persone LGBTQ+ dal
candidarsi. La libertà di espressione non può violare il diritto a non subire
discriminazioni.
Infine, la direttiva prevede la possibilità di adottare misure specifiche per evitare o
compensare gli svantaggi legati all'orientamento sessuale e ad altri fattori, ma questa
facoltà non è stata ancora utilizzata dal legislatore italiano.
I PRINCIPI DI NON DISRIMINAZIONE IN RAGIONE DELLA NAZIONALITA’
Il termine ‘’nazionalità’’ può essere usato per disegnare l’insieme di quegli individui che,
pure in possesso della cittadinanza di un dato Stato, condividono elementi etnici e
linguistici comuni diversi da quelli del resto della maggioranza della popolazione; in
questa accezione il termine nazionalità diventa sinonimo di minoranza nazionale o etnica.
Il significato di ‘’origine nazionale’’ ha diverse accezioni:
a. è un concetto che fa riferimento alle discriminazioni che un soggetto può subire
come conseguenza della sua precedente cittadinanza o di quella dei suoi avi
b. Discriminazioni che un soggetto, pur cittadino, subisce in quanto appartenente al
gruppo culturalmente omogeneo, di cui condivide un comune passato di storia, di
tradizioni, di cultura.
c. lettura che tende a equiparare il significato dell’espressione a quello di
cittadinanza/nazionalità.
L'articolo 18 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) vieta ogni
discriminazione basata sulla nazionalità tra i cittadini dell'UE.