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DIDATTICA GENERALE
2. La didattica
“La didattica viene definita come la disciplina che si occupa delle azioni progettuali, attuative, valutative e
negoziativo-simboliche idonee a favorire nei diversi contesti processi di acquisizione di migliore qualità ed
efficacia attraverso l’allestimento di specifici dispositivi formativi” (Calvani).
La didattica può essere definita come l’insieme di teorie e pratiche utili a ripensare l'insegnamento in
diversi ambiti formativi. La ricerca che ha condotto nel tempo alla definizione dell’ambito di studio della
didattica è iniziata nel 1600 per opera di Comenio e si è concentrata sull’insegnamento scolastico. In
questa prima visione, la didattica presenta i seguenti componenti:
● un soggetto che eroga/possiede la conoscenza,
● un soggetto che acquisisce tale conoscenza,
● una conoscenza oggetto di acquisizione,
● un’attività volta a facilitare l’acquisizione di contenuti disciplinari.
Calvani (2007) riconduce in alcune categorie i mutamenti che hanno consentito alla didattica di uscire
dallo stretto ambito della scuola per affacciarsi a nuovi ambiti formativi:
1. l’ampliamento dei campi (ci si è spinti anche oltre la scuola);
2. distinzione dei momenti e dei ruoli: non si svolge solo in un'aula della scuola, non ci sono
solamente alunni e insegnanti, non si realizza solo in presenza.
3. il carattere distribuito della conoscenza: basta pensare alla diffusione di internet.
4. la conoscenza è distribuita anche all’interno di un gruppo che collabora per raggiungere
determinati scopi:dove ognuno apporta un personale contributo.
5. spostamento del focus dall’istruire all’apprendere: colui che apprende si impegna a individuare i
propri obiettivi di apprendimento e a intraprendere tutte le azioni necessarie per conseguire tali obiettivi.
6. La diffusione della didattica in diversi ambiti, occorre inoltre distinguere le modalità di
apprendimento: formale, non formale, informale. Per apprendimento informale si intende un
apprendimento acquisito più per affrontare problemi che costruire conoscenza in modo intenzionale.
Bonaiuti (2007) individua diversi ambiti nei quali la didattica è divenuta un riferimento indispensabile.
•Il primo ambito è la “scuola”, (dal nido fino alla scuola secondaria di secondo grado). La didattica
nella scuola si deve adeguare al cambiamento delle generazioni che entrano nelle aule; alla diversità di
processi di apprendimento che si trasformano in rapporto agli artefatti usati.
•Il secondo ambito è l’università. Permette lo sviluppo di quelle competenze che possono garantire
un approccio proficuo al mondo del lavoro. Utilizza strategie didattiche che consentano agli studenti di
diventare protagonisti attivi e consapevoli del proprio apprendimento.
•Il terzo ambito è la didattica extrascolastica. Si realizza in ambienti esterni alla scuola e distribuiti
sul territorio (musei, biblioteche, teatri, ecc). In essa si modifica il rapporto tra educatore-formatore e
soggetti; sono più evidenti i comportamenti connessi a una relazione “orizzontale” connotata da un clima
di fiducia, di autonomia e in cui il ruolo dell’educatore/formatore è prevalentemente di tipo propositivo.
•Il quarto ambito è la didattica degli adulti. Gli adulti sono centrati verso un apprendimento che li
metta nella condizione di poter affrontare problemi, accrescere la conoscenza su tematiche in funzione di
diverse situazioni da vivere; una didattica volta agli adulti deve tener conto: dei bisogni espressi,
dell'esperienza maturata e da valorizzare.
3. La didattica: origini e dualismi
Il termine “didattica” appare con Comenio (1592-1670) al quale va attribuita la prima riflessione sulle
finalità, i metodi e gli strumenti per l’insegnamento. Nel corso del Cinquecento e Seicento la scuola
divenne l’istituzione che, accanto all’azione della famiglia, era maggiormente preposta a far acquisire
competenze e a consentire l’interiorizzazione delle norme sociali e dei comportamenti socialmente
accettabili. Si profila, a partire da quel periodo, il binomio promuovere e controllare che costituisce uno
degli assi sui quali si è sviluppata la didattica. Significa che la didattica si trova sempre a doversi
confrontare con la necessità di far evolvere il soggetto e di controllare l'adeguatezza del suo sviluppo in
funzione della partecipazione sociale.
L’attenzione al rapporto tra età e modalità di apprendimento era già chiara in Comenio e due sue proposte
ne sono la manifestazione: la gradualità e la scelta dei contenuti. Secondo Comenio la scuola doveva
affrontare i medesimi contenuti ma renderne sempre più complessa la conoscenza. Egli ritiene, ad
esempio, che se nella prima infanzia il mondo deve essere conosciuto attraverso l’esperienza, la
sensorialità e il gioco, successivamente sia necessario passare ad un livello di formalizzazione che si
avvalga di simboli riconosciuti e condivisi. Dai 6 ai 12 anni il bambino doveva essere occupato
nell’apprendimento della lettura, della scrittura, matematica e i primi lavori manuali. Il percorso di
istruzione diventava sempre più specifico nel periodo della scuola latina (ginnasio) e dell’accademia. I
contenuti scelti dovevano essere pochi ma trattati in modo ricorsivo per aiutare l’approfondimento nella
direzione della comprensione dei fondamenti, delle ragioni e dei fini, senza creare un sovraccarico di
informazioni. Una delle grandi novità introdotte da Comenio è l'idea di un'istruzione per tutti, la proposta di
una didattica che permetta a tutti di accedere ai contenuti. L’istruzione è per tutti e per sempre, non si
esaurisce mai, è parte stessa del vivere umano e va alimentata a tutte le età. Da tutto ciò si profila un’idea
di maestro che non è solo colui che conosce i contenuti delle discipline e li presenta ad altri, ma è colui
che conosce e sa rispettare i ritmi di apprendimento, le esigenze e i bisogni dell’altro, che è capace di
organizzare la didattica in modo tale che vi possa essere una maggiore integrazione fra le potenzialità di
colui che apprende e l’oggetto da apprendere. Un maestro che vive tra il sapere e l’allievo.
Educare e istruire costituiscono un'unità inscindibile nella didattica. La relazione educativa e il modello
didattico sono strettamente connessi in quando si "educa istruendo", si "istruisce educando".
Rousseau (1712-1778), teorizza la necessità di attuare un’“educazione negativa”, significa che il maestro
si astiene dall'intervenire direttamente con l'allievo, ma progetta con cura l'ambiente di apprendimento. La
relazione educativa è ispirata dal rispetto dell’alunno, dalla fiducia nelle sue potenzialità.
Un grande protagonista della visione sull’educazione e sull’istruzione è Dewey (1859-1952). Per Dewey la
scuola ha una funzione fondamentale nel processo di socializzazione per far fare esperienza di
partecipazione democratica.
4. I modelli di Houssaye e Develay
Fin qui la relazione tra insegnante e allievo ha costituito la struttura a partire dalla quale si sono sviluppati
modelli differenti, ma a partire dagli anni ’80 appare anche il “terzo” elemento, ovvero il “sapere”.
Houssaye disegna il “triangolo pedagogico” con alla base lo Studente e l’Insegnante, e al vertice il
Sapere. È uno schema che consente di riassumere e far visualizzare velocemente quali possono essere
le “posture” che caratterizzano i diversi approcci e modelli didattici che si sono succeduti nel tempo. Le
posture potrebbero essere identificate come le “preferenze” che vengono accordate nella relazione
didattica-educativa. •La postura “insegnare” caratterizza il rapporto
che si dà tra l’insegnante e il sapere. Il risultato
di apprendimento, in termini di significatività, è
certamente maggiore per il docente che,
lezione dopo lezione, diventa sempre più abile
nel proporre le tematiche.
•La postura “formare” caratterizza la relazione
tra alunno e insegnante. L’adulto è in grado di
esercitare il suo carisma sull’allievo. Diviene
quasi una forma di “seduzione”. Compito
dell’insegnante è trasmettere il suo amore
verso le materie di insegnamento.
•La postura “apprendere” (tra alunno e sapere) è centrata sulla spontaneità dell’alunno e sulla sua
capacità di osservare, riflettere, ripensare la realtà, di prendere iniziative e di elaborare conoscenze.
Non sembra possibile assegnare la medesima importanza a tutti e tre i poli nello stesso momento; si
privilegia una particolare relazione duale a scapito del terzo che assume un ruolo più debole.
Prendendo ispirazione da Houssaye, Develay (1993) propone un diverso triangolo sostituendo il termine
“pedagogico” con il termine “didattico” per indicare la prevalenza dell’attenzione ai saperi delle discipline.
Develay dispone i tre poli in un diverso ordine, più per consentire un’organizzazione grafica che per
assegnare un significato preciso al vertice superiore, dove ora è posizionato l’alunno.
Il triangolo didattico di Develay si differenzia da quello di Houssaye perché inserisce una variazione
dovuta alla presenza del sapere scolastico, risultato della trasposizione didattica.
Il triangolo di Develay permette di focalizzare il rapporto tra sapere scientifico e sapere scolastico.
•Nel legame stabilito tra alunno e sapere
scolastico si trovano le “rappresentazioni o
concezioni”. Sono il risultato di tutta
l’esperienza di apprendimento costruito
dall’alunno, sono le teorie che egli stesso ha
elaborato a partire dalle proprie sensazioni,
osservazioni, dall’ascolto e dall’esperienza.
Verranno poi assunte dai docenti per aiutare
gli studenti a elaborarle.
•L’alunno si collega con l’insegnante
attraverso l’individuazione della relazione
che si concretizza nel “contratto didattico”.
Una sorta di set di aspettative di
comportamento. Più l’alunno è abile nel
cogliere queste aspettative dell’insegnante,
più risulta, agli occhi del docente stesso,
maggiormente capace di vivere la realtà di
insegnamento.
•La relazione tra sapere scolastico e insegnante si manifesta attraverso tre diversi tipologie di decisioni:
- La selezione dei temi concettuali che viene effettuata dal docente per costruire un'offerta formativa
significativa per lo studente.
- I registri di formulazione che riguard