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MICRO PROGETTAZIONE
L’idea di macro no a qui esposta, si connette a quella di micro, in maniera
coerente ma nello stesso tempo non deterministica, introducendo il concetto
di pattern.
I pattern progettuali hanno l’obiettivo dichiarato di esplicitare la conoscenza
per consentire la raccolta e la generalizzazione di soluzioni e per consentire a
tutti i membri di un gruppo di progetto di partecipare alle discussioni relative
al progetto. I pattern trasformano in pratica, attraverso attività di
insegnamento-apprendimento, i principi ispiratori e le linee di riferimento
proprie del curricolo. Ma è una sequenza di azione organizzata perché è
autoconclusivo, osservabile e ricorrente nella pratica.
L’idea di base è quella del modulo, intendendo la modularietà come
soluzione strategica alla complessità. Un modulo è infatti un unità che è
contemporaneamente la parte di un sistema più ampio, ma anche una
struttura con identità e funzionalità propria. Da non confondere con la
frammentazione: la di erenza tra modularità e frammentazione consiste
nell'autosu cienza del modulo. 30
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LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA
Come si è visto n qui, la programmazione e la progettazione didattica
hanno riguardato per lo più l’ambito dell’istruzione e della formazione, in
ambiti lavorativi e in altri ambiti che curano la formazione continua.
Ogni evento che voglia de nirsi formativo richiede una progettazione, così,
anche l’educatore è tenuto ad elaborare una progettazione, talora rivolto al
gruppo, ma sempre attento allo sviluppo della singola persona.
La comunità è un elemento che contraddistingue l’agire dell’educatore. Si
tratta di un concetto arcaico, ma nell’accezione corrente precede la società
che è la sua evoluzione naturale. La comunità ha un ruolo fondamentale nei
processi di aggregazione e socializzazione: è il veicolo attraverso il quale
colui che vive le relazioni comunitarie apprende le regole, ne assume le
concezioni, trova forme interpretative del reale, percepisce di essere
all’interno di un sistema che può costituire una fonte di protezione.
Lo sradicamento di uso, dovuto a motivi tra i più disparati, ha prodotto la
crisi della comunità intesa come rapporto tra un gruppo di persone e uno
spazio. Tale spazio consentiva l’accesso a una cultura, a dei signi cati che si
perpetuavano nel tempo e permettevano una maggiore identi cazione, una
costruzione identitaria. Lo spazio diventa luogo quando viene arricchito di
signi cati da coloro che lo abitano.
Se prima dell’avvento di internet le comunità potevano esistere all’interno di
una situazione face to face, attualmente molte comunità sorgono a livello
virtuale, presentano legami deboli tra i soggetti e due fondamentali
motivazioni alla loro costituzione: interesse e scopo. Un buon funzionamento
della comunità richiede però che queste due motivazioni coesistano.
Un educatore oggi è l’interprete del come si può costruire una comunità a
usso variabile, di durata imprecisata e con orizzonti di senso continuamente
in costruzione a seconda dei soggetti che la abitano. La s da che deve
a rontare è la conciliazione dei “molti” con l’“uno” senza mai perdere di vista
le necessità e le potenzialità che si originano dalle relazioni.
Nell'aver cura della comunità l'educatore deve bilanciare processi di apertura
fra i membri e di protezione: stimolare l’apertura comporta il far percepire
che si è tutti nella stessa condizione di vulnerabilità, per tutti vi è la
possibilità di sentirsi vulnerabili nel momento in cui di abbassano
determinate difese. Per favorire la costruzione di una nuova comunità fra
estranei è opportuno far esplicitare bisogni, signi cati. A nchè gli incontri
siano possibili e probabili, signi cativi e di qualità, occorre avere la sensibilità
di bilanciare il senso di apertura verso l’altro con quello della protezione.
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Qui appare un aspetto della professionalità dell’educatore: la sensibilità al
mondo, alle persone e ai loro vissuti, sensibilità senza la quale la sua azione
di progettazione potrebbe tradursi in mero esercizio ingegneristico.
La realtà in continuo cambiamento richiede un forte impegno al soggetto per
costruirsi un’idea di sé nel presente uido e nel futuro possibile. Per riuscire
a progettarsi dovrebbe essere in grado di esercitare la valutazione critica
dello stato delle cose, l’immaginazione di chi si vorrebbe essere, la
disponibilità ad accompagnare un usso di eventi e di situazioni mantenendo
una traiettoria legata alla conoscenza di un sé futuro. Al soggetto si richiede
di essere un “progettista” in quanto capace di intervenire sul mondo in modo
consapevole, cioè avendo coscienza delle proprie intenzioni e del campo di
possibilità di cui dispone.
Occorre curare lo sviluppo o l’emergere di diverse condizioni necessarie ad
una buona gestione del sé:
• SENSO CRITICO: vedere ciò che non ci va bene nella realtà con la quale ci
si confronta
• CREATIVITA’: immaginare quello che si potrebbe essere
• CAPACITA’ DI ANALISI: riconoscere e valutare vincoli del sistema e risorse
disponibili
• SENSO PRATICO: avvicinare la sua azione a quanto aveva previsto
L’educatore non guarda alle persone come portatori di bisogni da soddisfare,
ma vede i soggetti come attori potenziali della propria vita. La sua funzione è
di accompagnare un processo in cui vi sia la possibilità di ipotizzare una
visione di lungo termine che funzioni da orientamento ma che fornisca
l’occasione per dar vita a dei progetti di vita quotidiani, quelli che realmente
consentono la costruzione del progetto di vita complessivo.
Una di coltà che l'educatore incontra nella predisposizione di un progetto è
data dalla diversità di signi cati e culture che permeano i diversi
professionisti con i quali si confronta: come il progetto didattico si inserisce
in un sistema determinato a monte, così il progetto educativo trae ispirazione
da politiche europee, traiettorie nazionali, e si declina secondo quanto
ipotizzato dalle agenzie formative presenti sul territorio. I riferimenti
divengono multipli e soprattutto ispirati da valori, pratiche, culture di erenti
che utilizzano concetti, costrutti di signi cato che potrebbero costituire
ostacoli al dialogo, alla comprensione reciproca.
La progettazione educativa è una co-progettazione perché deve
necessariamente coinvolgere l’educando. La condizione di co-progettazione
obbliga alla essibilità sia nello stabilire gli obiettivi sia nella determinazione
del percorso che evolverà in rapporto alle potenzialità/volontà del soggetto
perché il traguardo nale è la costruzione della persona stessa, in tutte le sue
dimensioni. 32
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Se nel triangolo didattico di Houssaye si ritrovavano ai vertici saperi,
insegnante e alunno, in questo caso il triangolo sarà così costituito:
Nel triangolo educativo al posto dei saperi ci sono i domini della qualità della
vita. Il professionista (educatore o formatore) costruirà insieme al soggetto
un percorso che supporti quegli atteggiamenti e costure necessari per
accrescere la propria qualità di vita.
Il lavoro dell’educatore richiede competenze multiple, non solo comunicative,
didattiche e relazionali. Si potrebbero sintetizzare le aree di competenza della
professione educatore in tre grandi processi:
• Funzionali alla progettazione del progetto di vita
• Funzionali alla predisposizione e gestione del processo educativo
• Funzionali alla costruzione del sé come professionista
Competenze connesse all’attività produttiva necessaria
per l’articolazione del progetto di vita
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Emerge da questa prima grande area di competenze, il saper osservare
attraverso una strumentazione adeguata (competenza osservativa) per poter
successivamente basare gli obiettivi con le necessità, potenzialità del
soggetto e le risorse del sistema presenti nella realtà speci ca. La
competenza osservativa è indispensabile per avere dati sui quali costruire
una proposta di progetto di vita.
Competenze connesse all’attività costruttiva
Competenze relative all’attività produttiva volta
alla predisposizione del percorso educativo
34 fi
I MODELLI DELLA PROGETTAZIONE DIDATTICA
Per la progettazione degli interventi didattici ci si può ispirare a diverse
prospettive, ciascuna di esse porta con sé un “modo” per guardare
all’evento istituzionale-educativo.
A rontato il problema di come connettere gli aspetti macro e micro della
progettazione (ci deve essere una coerenza tra la singola attività e le nalità a
lungo termine che caratterizzano una progettualità che si estende su tempi
più lunghi) creando un percorso organico, ricorso e auto-sussistente, è
interessante esplorare la diversità degli approcci che la ricerca didattica ha
elaborato a partire dall’inizio del secolo scorso:
• ANNI ’50: la connessione tra macro e micro era a rontata nella
programmazione per obiettivi. La connessione era data dal processo di
operazionalizzazione, ovvero da come la nalità ispirava la de nizione degli
obiettivi generali e questi venivano scomposti in obiettivi conseguibili in unità
di tempo ridotte.
• ANNI ’70: la ricerca di stampo ingegneristico che si è manifestata in tutta la
traiettoria dell’Instructional Design si è concentrata sulla necessità di
modellizzare il processo attraverso il quale organizzare un progetto e di
renderlo trasferibile in situazioni di erenti.
• ANNI ’80: si è fatta strada la prospettiva dei principi che tendono a indicare
come procedere alla predisposizione e realizzazione dell’evento didattico.
• ANNI ’90: si è avviata una nuova ri essione sulla necessità di dare ordine ai
diversi modelli che si stavano pro lando per gestire l’insegnamento. In
questo contesto, con il termine “modello” intendiamo lo schema concettuale
secondo cui possono essere onesti e ordinati diversi aspetti della vita
educativa in rapporto a un principio teleologico che assicura coerenza e
organicità. Per il docente il modello ha una funzione descrittiva.
In particolare Baldacci individua 4 antinomie: