TRADIZIONE CLASSICA
Il concetto di “tradizione classica” viene generalmente associato ad un corpus
immutabile nel corso del tempo, sapienza antica tramandata e consegnata in
eredità alle generazioni successive attraverso testi, immagini e simboli.
L’errore di fondo sta nel pensare questo processo come qualcosa di statico e
asettico: l’idea stessa di tradizione esprime dinamismo e quindi tradire anche il
proprio nucleo di contenuti; non è consegna e ripetizione dell’immutabile bensì
materia viva, argilla nelle mani dell’autore che la plasma e la rinnova secondo
la propria sensibilità. Un “classico” si definisce tale quando supera la prova del
tempo, è l’insieme di variabili contingenti che ne favorisce la diffusione e ne
decreta la fortuna con la conseguenza che ogni epoca ha i suoi classici perché
mutano le sensibilità e i parametri di giudizio. Un classico rimane vivo finché
viene messo in discussione e reinterpretato, finché le sue tematiche possano
prestarsi a nuovi spunti interpretativi capaci di stimolare e ispirare le menti
degli autori e di chi vi si approccia.
Un esempio di tradizione classica è sicuramente rappresentato dalle
Metamorfosi di Ovidio, opera in cui il poeta riprende i miti e la letteratura greca
dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide di Virgilio (a loro volta dei classici)
contrapponendo l’eterno divenire delle metamorfosi con la mitica fondazione
della gens Iulia. L’opera ha riscosso una fortuna bimillenaria, diversi sono infatti
gli autori che ne hanno ripreso il tema: ne parla Dante nella sua Commedia
collocandolo tra i Poeti più illustri, Botticelli ne trae spunto per la Primavera,
Goethe nel Faust inserisce i due teneri coniugi Filemone e Bauci, Strauss mette
in scena la Daphne, D’Annunzio ne trae spunto per il suo splendido
componimento “la pioggia nel pineto”, fino ad arrivare ad una lettura in chiave
moderna come quella del regista Christophe Honoré con il film Métamorphoses.
In conclusione «È classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove
I’attualità più incompatibile fa da padrona» (Italo Calvino).
ORIGINALE ASSENTE
Il testo del manuale riassume in maniera efficace i concetti che capitolo dopo
capitolo verranno affrontati. L’originale è assente in quanto rielaborazione nel
corso del tempo di una tradizione classica che di volta in volta riacquista forza
espressiva attraverso la manipolazione del suo stesso nucleo anche
introducendo nuove istanze originali, questo processo rende possibile la
riattualizzazione dell’opera che nonostante tutto rimane ben visibile in
filigrana.
In filologia la questione dell’originale è sempre attuale: qual è l’originale? La
prima bozza scritta di un’opera o il prodotto finale corretto? Se dal prototipo ne
deriva la copia che alla fine diventa archetipo, ciò non costituisce un
progressivo allontanarsi dal primo modello e quindi dalla Verità?
Questo è almeno il pensiero di Platone che nel mito della Caverna connota
negativamente questo modello di riproduzioni successive sempre più
mimesis,
imperfette, dunque l’arte sarebbe imitazione di immagini a loro volta
copia delle idee. Come espresso precedentemente, la tradizione classica trae
vigore dagli errori involontari e dai volontari tradimenti, nel corso della Storia
alla nostalgia dell’antico si accompagna il desiderio di recuperare quell’origine
perduta e spesso l’assenza di evidenze archeologiche non rappresenta un
ostacolo bensì un ulteriore stimolo di ricerca, fase che caratterizzerà in
particolare prima l’Umanesimo e poi il Rinascimento. Le riflessioni di Warburg si
concentrano su un modello di cui l’artista ha esperienza diretta o indiretta
anche mediata da anelli intermedi che ha come presupposto l’ideale di una
genuinità classica e un modello che va oltre l’antico stesso che si radica in una
dimensione meta-storica. Nessuna opera può salvarsi dalla dimensione
mimetica, di conseguenza trova spazio la possibilità di infinite copie del
modello.
Un esempio a supporto di quanto scritto è la scena della Natività: viene usato
lo stesso schema iconografico per rappresentare le nascite divine di Dioniso,
Achille, Alessandro Magno e del Cristo.
La funzionalità dell’immagine viene risemantizzata di volta in volta in base alla
necessità, allontanandosi progressivamente dal nucleo originale senza mai
perdere il valore iniziale ma anzi acquistando risonanza.
Continuità, Distanza, Conoscenza
Salvatore Settis si è posto il problema di come analizzare le modalità di
trasmissione della tradizione classica nelle varie epoche, perciò propone uno
schema esplicativo del rapporto del Medioevo, del Rinascimento e dell’età
Moderna con l’antico e dell’uso che se ne fa di esso che può essere così
riassunto:
Continuità: nonostante la caduta dell’Impero romano d’Occidente, l’Europa non
rinuncia all’identità romana ma anzi riutilizza e ingloba quegli spazi carichi di
auctoritas nella nuova architettura delle città che andava formandosi nel
Medioevo. In particola la Chiesa riutilizza le vecchie basiliche e i preziosi marmi
facendoli propri sia per affermare la propria vittoria sul paganesimo, sia per
esaltare la bellezza dell’arte antica, abbiamo quindi l’ostentazione di spolia in
se (veri e propri resti del passato) e di spolia in re (oggetti creati ad imitazione
di quelli precedenti). Ciò che caratterizza la visione del Medioevo sul passato è
quel senso di ammirazione per delle abilità artistiche superiori.
Distanza: un diverso approccio si ha con la caduta dell’Impero romano
d’Oriente e successivamente con l’Umanesimo. Il mondo classico viene visto
come distante e non più prossimo, ora le opere antiche non vengono riutilizzate
ma studiate in ambienti privati dagli eruditi e si passa dal considerarle esempi
di auctoritas a mere vetustas recuperabili sotto un filtro storico.
Conoscenza: nelle fasi più moderne agli oggetti antichi si guarda con un nuovo
sentimento, li si considera così delle antiquitates. Le opere diventano strumenti
da indagare e da semplici oggetti diventano evidenze archeologiche e
filologiche, daranno spunti per la nascita di nuove discipline e una volta raccolti
in maniera ordinata e organica troveranno posto in strutture che potremmo
definire una sorta di primi musei.
Lo schema di Settis non va tuttavia applicato in maniera rigida come se ogni
fase fosse a scompartimento stagno e l’una segua rigidamente l’altra, bisogna
considerarlo come un estuario le cui diverse ramificazioni sfociano
nell’importanza della conservazione, della comprensione e dell’apprezzamento
del nostro patrimonio culturale.
Cito come esempio il Corpus Iuris Iustinianeum: dalla riscoperta del Codex nel
Medioevo e quindi gli studi dei dotti, in particolare nell’università di Bologna, si
è passati ad una presa di distanza dell’Illuminismo nei confronti del “caotico”
diritto romano fino ad arrivare in epoca moderna dove se ne può trovare traccia
sia nel common law che nel civil law, sia nel codice civile italiano in cui ancora
persistono i termini della compilazione dell’imperatore bizantino come
usucapione, usufrutto, dominio. Aby Warburg
L’interesse di Warburg per l’arte lo portò a sviluppare una prospettiva
interdisciplinare unica che combinava storia dell'arte, psicologia, antropologia e
studi culturali. Egli osservò come simboli e motivi dell'antichità classica
persistessero e riapparissero attraverso diversi periodi storici e culture,
sosteneva che tali elementi ricorrenti non fossero statici ma reinterpretati e
infusi con nuovi significati funzionali ai contesti culturali, sociali e psicologici di
ogni epoca.
Il grande progetto scientifico che purtroppo rimase incompiuto fu
un'enciclopedia visiva che intitolò Atlante Mnemosyne, una vasta raccolta di
immagini raggruppate tematicamente su grandi pannelli, progetto che mirava
a tracciare la migrazione di simboli e temi attraverso il tempo e le culture,
evidenziando l'interconnessione tra arte e cultura nel corso della storia.
I suoi studi si concentrarono anche sull'impatto psicologico ed emotivo delle
immagini, esplorò come certi simboli o gesti, "Pathosformeln" o "formule di
pathos", possano evocare emozioni profonde e risuonare in diverse culture e
periodi storici. Questi motivi non erano limitati a specifici stili artistici o regioni
ma trascendevano i confini, indicando un linguaggio universale di emozioni
comunicate attraverso l’arte indipendente dal background culturale.
A lui si deve la nascita dell’icononografia e del metodo di indagine che prende il
suo nome che può così riassumersi:
Identificare il soggetto dell’opera,
Rintracciare le fonti letterarie e le testimonianze iconografiche disponibili al
tempo, di cui è possibile ricostruire che fossero a disposizione dell’artista o
della sua committenza,
Ricostruire le ragioni per cui l’artista sceglie quel soggetto,
Ricostruire il contesto storico nel quale l’opera è stata realizzata.
Fondamentali i suoi saggi sulla Primavera e la Nascita di Venere di Botticelli che
gli permisero di individuare gli elementi in movimento come criterio per
individuare gli influssi dell’antico.
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Cultura e tradizione dell'antico
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Cultura classica
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Introduzione alla Cultura Classica I - Appunti
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