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Silloge
ricordato per sempre. Nella che gli dedica, a partire dal verso 237, esprime due nozioni: la
consapevolezza del proprio canto che sarà in grado di ricordare Cirno anche quando egli morirà;
la consapevolezza che questi poemi siano cantati ripetutamente di simposio in simposio. Negli
ultimi versi chiude con un lamento della fatuità di Cirno che non gli dedica molta attenzione, un
tema tipico della poesia simposiale: l’esperienza amorosa con tutte le delusioni che essa può
comportare. Le considerazioni di Teognide si ritrovano anche nella poesia lirica in senso stretto e
in parte in quella epica: quando Achille nel IX canto dell’Iliade esprime la gloria inestinguibile degli
eroi, si tratta della stessa gloria che Teognide associa al giovane che ama.
Solone, un aristocratico vissuto agli inizi del VI secolo ad Atene, che si trova in una situazione
difficile di estrema tensione fra la sua condizione di aristocratico e la classe di contadini
schiavizzati dai ricchi proprietari terrieri, costretti a indebitarsi vendendo le loro terre agli stessi.
Solone prende posizione e cerca di mediare la situazione tra queste due fazioni in lotta, ed egli è
in grado, proprio perché profondamente immerso nella cultura del canto, di parlare della propria
attività politica in versi. Solone fa politica anche in altro modo: quando deve esortare i propri
compatrioti a prendere le armi per conquistare l'isola di Salamina, contesa tra Atene e Igina,
→
compone un poema Questo è l'equivalente di un discorso politico nell'età contemporanea,
solo che viene espresso in versi. Solone è un uomo greco a tutto tondo, insieme a queste attività
politiche, abbiamo dei suoi frammenti in cui si esprime in modo diverso rispetto Teognide per
quanto riguarda l'eros: “Ora mi sono care le opere di Afrodite e di Dioniso delle muse, procurano
→
delizie agli uomini” In due versi viene evocata la dimensione del simposio nel quale emergono
tre elementi: il canto, cioè la dimensione poetica; il bere; l'eros. Ci sono altri frammenti in cui dice
che un uomo è considerato felice se ha una casa, dei giovani che gli vogliono bene, delle donne
→
di amare la dimensione privata dell'eros era comunicata in pubblico allo stesso modo in cui era
comunicata la sua attività politica.
La poesia lirica e i suoi generi
I bibliotecari di Alessandria nel III secolo a.C. selezioneranno 9 poeti maggiori esponenti della
lirica: Saffo, Alceo, Anacreonte; Alcmane, Stesicoro, Ibico; Simonide, Bachilide, Pindaro.
Saffo (fine VII-inizio VI secolo a.C.) è l'unica voce femminile di cui abbiamo cognizione in un
mondo maschile. È una poetessa molto innovativa: nei racconti della guerra di Troia abbiamo
sempre visto Elena rappresentata come figura negativa, simbolo della distruzione dell'età degli
eroi, femmina infida e causa di rovina per chiunque le si avvicini, Saffo prende le sue difese:
→
“Alcuni sostengono che sulla terra la cosa più bella sia un esercito (...) io dico ciò che si ama”
inizia dal mito ma ne rovescia il valore e il significato, perché rifiuta la condanna di Elena e la
seleziona come esempio sommo di sincerità dei sentimenti e di capacità di esprimere un
sentimento individuale. Non fa solo questo (e ciò è una caratteristica tipica della poesia lirica che
la differenzia dall’epica): fa entrare, il vibrare dei sentimenti che dominavano Elena, in questa
dimensione di eros, di nostalgia che le ricorda un’amica assai lontana della quale ancora una
volta, con entomologica precisione, rievoca “il passo seducente e il luminoso scintillio del volto
→
(…) ben più importanti dei carri dei Lidi e i fanti che combattono in armi”. Emerge qui un'altra
dimensione: il ricordo. In Saffo esso è ciò che dà senso a un'esperienza ormai conclusa, come
racconta nel frammento 93, che rievoca il distacco tra Saffo e una fanciulla da lei amata. Qual è il
contesto? Ci sono varie interpretazioni, intanto bisogna dire che in alcuni casi gli studiosi
cercarono di emendare gli aggettivi femminili che Saffo dedicava alle donne, per
“eterosessuarizzarla” (nel '700 non erano abituati), in realtà sappiamo che era sposata e avesse
una figlia. Si è anche immaginato che le figure femminili fossero studentesse di una scuola di cui
Saffo era l'insegnante, ma questa è una rappresentazione falsata anche se ci rimane difficile
capire perché queste fanciulle venissero da lei. Probabile che ci fosse un tiaso, un’associazione di
fanciulle che lei presiedeva, con il fine di educarle anche in modo erotico prima dell'esperienza
matrimoniale.
In Saffo non troviamo personaggi politici di primo piano, abbiamo figure femminili anonime,
ciononostante la potenza evocativa di Saffo ha permesso che questi canti fossero tramandati
→
oralmente fino a che sono giunti a noi su alcuni vasi ateniesi del 510 a.C. è presente la
rappresentazione di una figura femminile che suona la cetra con un'iscrizione che recita “Saffo”
→ era nota ad Atene anche a 100 anni dalla sua morte. Da Atene le sue opere sono poi arrivate
circa due secoli dopo ad Alessandria d'Egitto, dove sono stati conservate e copiate nella
Syllabus,
biblioteca. Dalle commedie del V secolo sappiamo anche che Saffo faceva parte del il
pacchetto di studi che ogni giovane ateniese doveva imparare per la propria educazione
scolastica. Alcmane
partenio,
Un altro tipo di poesia lirica è il tra i cui esponenti troviamo di Sparta (VII
secolo), un canto corale che segnava il passaggio di età delle giovani donne verso l'ambito del
matrimonio (dedicato ad Artemide). I parteni venivano cantati da cori di fanciulli che
rispecchiavano la comunità aristocratica spartana, probabilmente si dividevano in due semicori
che gareggiavano tra loro: prima veniva narrato un mito, poi c'era il ritorno alla parte che
riguardava l'attualità. Questi versi, cantati durante una cerimonia pubblica, esprimevano grande
nuovo
sensualità: “Di Eros a causa di Afrodite (...) scalda il mio cuore”. L’aspetto più importante è
Saffo: nuovo
dato dalle parole “di nuovo”, che ritroviamo anche in “Di Eros che scioglie le
Anacreonte: di nuovo
membra mi domina (...)”, in “Amo e non amo, sono pazzo e non sono
Ibico nuovo
pazzo, sono folle e non sono folle”, anche in di Reggio Calabria: “Di Eros fissandomi
→
sotto le scure palpebre (...)”. Il poeta descrive in prima persona un'esperienza amorosa che
unisce tutto il pubblico che ascolta il suo canto, e ciò che comunica è la gamma emotiva che lo
Archiloco:
travolge e lo domina, che ritroviamo ancora più intense in “Un sentimento carico di
eros insinuatosi sotto il mio cuore, mi ha versato una grande nebbia sugli occhi, rubandomi il
cuore dal petto”. Qual è il valore educativo? Ci insegna ad amare, a piegarci alla forza di questi
sentimenti (Saffo paragona la forza di eros al vento che piega le querce), a sopportare questi
→
sentimenti perché fanno parte del ciclo dell'esistenza e sono destinati a ripetersi anche nella
loro violenza non sono distruttibili, devono essere accettati come parte dell'esistenza umana,
fanno parte del ritmo delle cose e della natura. I poeti greci di questo periodo celebrano la
→
scoperta dell'io, ciò che invece l'eroe omerico teneva gelosamente nascosto innanzitutto egli si
occupava d'altro, per esempio la guerra, non parlava di sé ma era ossessionato da ciò che gli altri
pensavano di lui. Il poeta della polis non ha più questo modello eroico al quale ispirarsi se non in
battaglia, ha una dimensione più frammentata, e deve imparare ad affrontare questa gamma di
sentimenti. Ed ecco perché l’avverbio “di nuovo” diventa estremamente importante.
Stesicoro
Un altro esponente importante è (VII-VI secolo a.C.), il cui nome significa letteralmente
“formatore di cori”. A Catania c'è piazza Stesicoro, la leggenda vuole che sia stato sepolto lì.
→
Stesicoro porta il peso della poesia epica in quella lirica prende tutti i miti di guerra, di caccia al
cinghiale, le vicende di Edipo e dei suoi figli a Tebe, le vicende di Oreste, Clitemnestra e
Agamennone e li riporta in poesia. Uno dei grandi meriti di Stesicoro è sicuramente quello di aver
reso la figura femminile, che di solito non è al centro della poesia epica, interlocutore a pieno titolo
di quella maschile. Nei frammenti che ci sono arrivati, vediamo che anche se egli tratta temi epici,
→
la figura femminile acquista risalto, capacità decisionale inventa o anticipa quella figura di
donna forte che ritroviamo nella tragedia greca (Antigone, Medea, Clitemnestra, Ecuba...).
Stesicoro è una figura di mediazione tra la poesia epica e quella lirica, anticipatore della
trattazione delle figure femminili “forti”. Nei primi poemi che scrive su Elena il suo giudizio era lo
Fedro
stesso degli altri poeti, ma leggendo il dialogo di Platone, in cui egli utilizza versi di
Stesicoro, vediamo che la versione cambia e dice: “Non è vero questo racconto: non salisti sulle
→
navi dai bei banchi, né giungesti alla roccia di Troia” Come fa a negare una realtà così
clamorosa? Creando la figura dell'eidolon: per poterla assolvere dall'accusa di aver causato la
guerra di Troia, Stesicoro creò una versione in base alla quale Elena fuggì con Paride in Egitto,
dove rimase illibata per tutta la durata della guerra, mentre a Troia vi era un suo fantasma. Qui
Stesicoro non dà un giudizio di valore come quello di Saffo, usa piuttosto uno stratagemma e lo fa
→
probabilmente per compiacere un uditorio spartano il poeta doveva-poteva variare in base alle
aspettative del pubblico.
Anche la poesia epica non è nuova a questi stratagemmi narrativi: nel III canto dell'Iliade Menelao
affronta Paride in duello, e Paride viene salvato perché una nube di sabbia lo avvolge e lo
→
trasporta nella reggia di Troia Esisteva già in Omero questa capacità di risolvere situazioni
complicate con uno stratagemma narrativo (anche Enea viene salvato e al suo posto rimane il suo
eidolon).
[Anche Pindaro circa un secolo dopo, quando deve narrare a Corinto il mito dell'eroe corinzio
Bellerofonte, si autocensurerà modificando la fine della storia: Bellerofonte fece un passo falso
→
perché cercò di salire in cielo grazie al cavallo atto di iubris. Pegaso lo disarciona e
→
Bellerofonte muore atto di omaggio e interesse nei confronti del pubblico corin