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consapevoli. REPORT DI SOSTENIBILITA’ HERA
Un altro caso famoso è quello di HERA, che ha un ottimo report di sostenibilità che ha abbracciato la
filosofia del valore condiviso. Hera è una multiutility, che va dall’ambiente al ciclo idrico integrato, alla
distribuzione del gas e dell’energia elettrica. Questo è il loro business. Loro si allargano da Padova ad
Ancona, rappresentando la seconda multiutility italiana dopo A2A di Milano/Brescia.
È, quindi, un grande gruppo; sono passati dalla CSR (Corporate Social Responsability, cioè dalla
responsabilità sociale di impresa) alla CSV, un diverso approccio (Creation Shared Value), cioè il valore
condiviso. Michael Porter & Kramer nel 2012 propongono il valore condiviso.
Il valore condiviso è, quindi, un modo di affrontare la creazione di valore che riguarda non solo l’impresa,
ma anche tutti i suoi stakeholders. Un altro passaggio importante è che loro vogliono integrare la
sostenibilità nella mission dell’azienda, nella finalità. Sono ancora più ambiziosi: “Noi esistiamo perché
vogliamo rispettare la sostenibilità”. In tal caso, non vi è strategia e sostenibilità, ma la sostenibilità è
all’interno della strategia.
La creazione di valore condiviso ha tre drivers fondamentali (3 leve per creare valore condiviso): l’energia,
le risorse, il territorio, e 9 aree di impatto che corrispondono a 9 SDGs. Quindi, hanno ripensato al loro
business senza che nessuno glielo imponesse ed è un tema importante su cui riflettere per cercare di
massimizzare la creazione di valore condiviso sulla base di 3 grandi leve. Le 9 aree di impatto sono:
- Promozione ed efficienza energetica; Riduzione dell’emissione dei gas serra; La diffusione delle energie rinnovabili;
Economia circolare; Gestione della risorsa idrica; Sviluppo dell’occupazione delle nuove competenze; Diffusione della
digitalizzazione; Sviluppo economico ed inclusione sociale; Tutela dell’area del suolo.
Le prime tre riguardano l’uso intelligente dell’energia; la quarta e la quinta riguardano l’uso efficiente delle
risorse; le ultime quattro riguardano l’innovazione e il territorio.
Ovviamente, bisogna misurare, bisogna avere informazioni. Loro hanno una misurazione del margine
operativo lordo (è dato dal reddito operativo, che si ottiene sommando il reddito della gestione
caratteristica con gli ammortamenti). Quindi, risalendo, se si fa “ricavi meno costi operativi”, si arriva al
reddito operativo; se si risommano gli ammortamenti, si arriva al margine operativo lordo (MOL). Loro
hanno fatto un calcolo molto interessante, che calcola il MOL a valore condiviso. Cioè, non è più il MOL dei
singoli driver; loro abbiamo detto che hanno tre driver (energie, risorse e territorio). Ora il MOL non
corrisponde più alla somma dei MOL dei singoli driver, a causa di attività che hanno effetti sinergici su più
componenti. Nel 2023 prevedevano di arrivare ad oltre 500 milioni di MOL condiviso. Ci sono già arrivati
nel 2021, quindi hanno fatto una crescita molto forte. Questi sono i 3 driver:
● Energia;
● Risorse;
● Sviluppo del territorio.
sottodriver
Relativamente al driver “Uso efficiente delle risorse”, abbiamo:
● L’adeguamento dei depuratori;
● L’aumento del tasso di riciclo degli imballaggi;
● Lo sviluppo di attività di recupero di rifiuti industriali (cioè, migliorano l’ambiente, migliorano il benessere
collettivo e l’ambiente in cui viviamo in senso ampio).
Infine, c’è il driver “Innovazione e contributo allo sviluppo”:
● Innovazione in utility 4.0 (contatori di gas elettronici);
● Ulteriore sviluppo dei canali digitali per i clienti;
● Sviluppo del teleriscaldamento.
Anche HERA applica gli standard GRI. Gli indicatori GRI sono in totale 56 in 6 ambiti diversi; loro nel loro
rendiconto ne hanno 45 sui 56 totali richiesti dal 102. Cioè, il 102 domanda 56 indicatori/informazioni e
loro ne presentano 45. E la loro rendicontazione sulla modalità di gestione, il 103, vediamo che sono
soddisfatti 3 su 3. Ricordiamo gli standard tematici, i topic standard, le serie 200, 300 e 400. Su 13
indicatori richiesti rispetto al loro business, ne presentano 6. 14 su 32 (parliamo di ambiente) e 19 su 40
applicabili, perché, ovviamente, non è che si applicano tutti gli standard, però di 40 indicatori di carattere
sociale loro ne applicano/forniscono 19.
Hera risponde all’opzione core. Ricordiamo che è quella in cui bisogna rendicontare:
Almeno 33 indicatori indicati come core dallo standard 102 (loro ne usano 45);
- La modalità di gestione per ciascun tema materiale (quindi tutte le tematiche materiali nella serie
- economica, le tematiche rilevanti nella serie ambientale e le tematiche rilevanti nella serie sociale);
Almeno un’informativa specifica per ciascun tema materiale.
- i reporting principles relativi alla definizione dei contenuti del report sono: inclusività degli stakeholder, contesto di
sostenibilità, materialità, completezza. Ci sono poi quelli per la definizione della qualità del report: L’accuratezza; .
L’equilibrio (il balance di cui abbiamo parlato prima); La chiarezza; La comparabilità; L’affidabilità; La tempestività
CSRD e gli standard dell’EFRAG
oggi abbiamo il 254/2016 di cui abbiamo già parlato, quello della DNF che recepisce la direttiva 95/2014;
riguarda poche imprese con un numero di dipendenti superiore a 500, solo di interesse pubblico (banche,
quotate, assicurazioni) e che hanno o un totale attivo di 20 milioni di euro oppure dei ricavi netti sopra i 40
milioni. Quindi, più di 500 dipendenti e devono superare uno di questi due limiti. Quindi, in realtà, sono
circa 200/220 le imprese in Italia. Perché la Commissione europea si è messa in testa di fare una nuova
direttiva se era già stata fatta nel 2014? Perché ci sono una serie di cose che non andavano nella vecchia
direttiva e, quindi, a cascata sulle leggi nazionali tipo il 254.
Oggi sono richieste dalla direttiva DNF su quel reporting finanziario 5 tematiche: ambientali, sociali,
personali, diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva, che sono materiali tenuto conto delle attività
e delle caratteristiche dell’impresa.
5 business concept: modello di business, politiche praticate dalle imprese, risultati, rischi e KPIs;
La direttiva è del 2014 e, nel frattempo, in questi anni si è venuta ad affermare nel quadro europeo la
cosiddetta doppia materialità. material abbiamo visto che è un termine molto importante nel campo del
reporting di sostenibilità, perché se una tematica è material (cioè rilevante/significativo) rispetto al
business dell’impresa, va rendicontata nel report di sostenibilità. La materialità normalmente si interpreta
come l’impatto di qualcosa che succede nell’ambiente/contesto intorno all’azienda rispetto all’azienda,
quindi da fuori verso dentro. la Commissione europea in questi anni ha iniziato ad affiancare a questa, una
materialità di carattere finanziario. Quello che succede all’esterno impatta su quello che succede all’interno
in termini finanziari, tanto è vero che questo tipo di materialità ha preso il nome di financial materiality.
L’Europa è l’unica a portare avanti la doppia materialità, quella che discende dal GRI (materialità per
l’impresa e per gli stakeholders). Storicamente, invece, la fondazione IFRS, che al suo interno comprende i
principi contabili, ha una visione della materialità finanziaria (quella degli investitori); lo IASB produce
principi contabili per gli operatori di mercato e, quindi, non è improntato al concetto di doppia materialità.
Nella direttiva UE n. 95/2014 non era prevista la doppia materialità, viene introdotta solo successivamente
nel quadro legislativo europeo.
Non era chiaro neanche quale fosse il posizionamento delle informazioni contenute nella Direttiva UE n.
95/2014: potevano essere inserite sia nella relazione sulla gestione, che in un fascicolo a parte (ad es.,
Deloitte e Università di Pavia).
Gli standard di report di sostenibilità erano scelti autonomamente dall’impresa, per questo si ottenevano
report difficilmente comparabili gli uni con gli altri.
L’assurance non era obbligatoria: erano i singoli Paesi a scegliere se e quali dati inserire nel report di
dichiarazione non finanziaria, e se il report dovesse essere o meno assoggettato ad audit. L’Italia era uno
dei pochi Paesi, insieme a Francia e Spagna, ad aver obbligatoriamente assoggettato con il 254 il report
della dichiarazione non finanziaria ad un limite di assurance, cioè un’assurance che non va in profondità. I
limiti di assurance adottati dai revisori sono principalmente due: limited assurance, la più semplice, dove si
guarda la coerenza complessiva, non si guarda all’interno della misura; reasonable assurance, che, al
contrario, va ad analizzare internamente il dato.
LA PROPOSTA DI UNA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SUL REPORTING DI SOSTENIBILITA’ (Eu CSRD)
Su questo quadro di poca coerenza, di poca comparabilità del 2014, viene introdotta una nuova proposta di
direttiva nell’aprile 2021 dalla Commissione europea, la cosiddetta EU CSRD.
Questa proposta di direttiva ha l’obiettivo di risolvere i problemi della precedente: gli utilizzatori della dichiarazione
non finanziaria si lamentavano del fatto che alcune aziende non producessero le informazioni corrette; la
dichiarazione non finanziaria non era di interesse particolare per gli utilizzatori, per gli investitori. Mancava la
comparabilità, l’affidabilità delle informazioni, non si capiva da dove derivassero le informazioni. Queste mancanze di
informazioni o, comunque, di informazioni carenti, si è visto che hanno aumentato il rischio sistemico dei mercati
finanziari, non aiutavano lo stato dell’arte delle informazioni di sostenibilità, non aiutavano l’indirizzamento dei flussi
di capitale alle società sostenibili e, quindi, si aveva un deficit di rendicontabilità, di rendicontazione efficace ed
efficiente della propria sostenibilità. Oltre agli utilizzatori, le imprese stesse, preparatrici delle dichiarazioni, si
lamentavano in quanto non era chiaro cosa inserire all’interno delle dichiarazioni non finanziarie: le informazioni
richieste erano tante e non chiare, si trovavano in una situazione confusa e poco chiara, vi era un forte
appesantimento amministrativo e di costi.
La nuova direttiva proposta dalla Commissione europea nell’aprile scorso deve essere approvata dal
Parlamento europeo, dal Consiglio dei ministri europeo e dalla Commi