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In quegli anni non esistevano i motori di ricerca mentre, oggi, l’accesso alle informazioni è enormemente

più semplice. Caso Google-Spagna (CGUE, 2014)

La Corte di giustizia dell’UE nel 2014 ha svolto un ruolo fondamentale nel diritto all’oblio. Altro caso

emblematico è quello di un cittadino spagnolo che chiese la rimozione dai risultati di Google di vecchie

notizie (annunci di aste giudiziarie), ritenute non più rilevanti e pubblicate su un giornale (si richiedeva la

rimozione delle informazioni dal giornale e la rimozione dei dati personali da Google). La Corte riconobbe il

diritto di opporsi alla diffusione dei propri dati tramite motori di ricerca. L’Agenzia Spagnola rigettò la

richiesta contro il giornale (informazione legittima), ma accolse quella contro Google. Questo ha sancito un

principio epocale ovvero che gli utenti possono chiedere la rimozione di risultati legati al proprio nome.

Implementazione normativa del diritto all’oblio

Nel 2016 è stato approvato il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) spiazzando le

norme nazionali in contrasto con esso (riduce il margine di azione e ha carattere imperativo). Tale

regolamento sancisce per legge per la prima volta il diritto all’oblio nei suoi articoli. In Spagna ciò ha

portato all’approvazione della legge sulla protezione dei dati del 2018.

Configurazione attuale del diritto all’oblio nelle ricerche su internet

Il diritto all’oblio è definito come il diritto di una persona di opporsi al fatto che il suo nome e cognome

siano collegati a determinate informazioni nei risultati dei motori di ricerca (le informazioni da questi

indicizzate contengono dati eccessivi o a volte irrilevanti alla data). Ciò non implica la cancellazione dei dati

perché tali informazioni saranno ancora disponibili sui siti web ma non saranno accessibili tramite motori di

ricerca (dissociate). L'espressione “diritto all’oblio” è impropria tant’è che nel Common Law si parla di “right

to be forgotten”, mentre negli USA si preferisce “diritto all’oscurità pratica”.

Condizioni per l’esercizio del diritto e gli elementi soggettivi

Le condizioni per l’esercizio del diritto all’oblio sono tre:

1. Indicizzazione nei motori di ricerca delle informazioni legate a nome e cognome: deve esserci un

collegamento tra nome/cognome e le informazioni in modo che queste ultime siano accessibili

inserendo i parametri su internet. Il nome e il cognome includono le diverse versioni nonché

pseudonimi (se collegabili alla sua identità) ma anche solo i cognomi se permettono di accedere alle

informazioni (soprattutto se particolari e non comuni);

2. Violazione del principio della qualità dei dati: i principi fondamentali della protezione dei dati

personali sono liceità, equità, trasparenza, accuratezza, limitazione del periodo di conservazione,

riservatezza, ecc. che insieme costituiscono il principio della qualità dei dati e il mancato rispetto,

anche solo di uno di essi, comporta violazione del principio della qualità dei dati (più rilevante è

quello della limitazione del periodo di conservazione);

3. Richiesta di un soggetto (richiesta di parte): non può essere esercitato d’ufficio.

Gli elementi soggettivi del diritto all’oblio sono:

1. Editore del sito web: colui che pubblica le informazioni e può rimuoverle dal codice sorgente o

inserire protocolli (come no-index), ma non è obbligato. È consigliabile rivolgersi a lui per garantire

efficacia, visto che i motori di ricerca sono molteplici (e potrebbero nascerne altri in futuro);

2. Gestore del motore di ricerca: facilita l’accesso alle informazioni e può deindicizzare o dissociare i

dati. Ogni motore può valutare diversamente la richiesta;

3. Interessato: colui il cui nome è legato all’informazione (protagonista);

4. Utente internet: soggetto passivo della rimozione dell’informazione.

Sono due i soggetti nei confronti dei quali si può esercitare il diritto all’oblio. In passato si escludeva il

diritto all’oblio per le mediateche digitali, ritenute simili a biblioteche cartacee e troppo distanti dai motori

di ricerca. Una recente sentenza ha esteso il diritto anche a queste, se accessibili tramite motori di ricerca.

Le informazioni possono danneggiare diversi soggetti oltre all’interessato come parenti stretti o altri

(esempio di infedeltà) ma l’esercizio del diritto all’oblio è ammesso solo per la persona il cui nome e

cognome è disponibile in rete. Limiti e ponderazione

Il diritto all’oblio non è assoluto. Va bilanciato con altri diritti contrastanti, in particolare:

• Libertà di espressione;

• Archiviazione per finalità storiche o statistiche dell’informazione.

Spetta all’editore del sito effettuare questa valutazione. Ciò comporta un carico di lavoro notevole (Google

ha istituito un comitato interno). Ciò significa anche attribuire un potere censorio ai privati che possono

liberamente scegliere di eliminare alcune informazioni seppur le decisioni che accolgono tale diritto

possono essere impugnate (anche quelle non accolte) ma raramente è effettuato ciò.

Diritto all’oblio nei servizi di socialità (social network)

La legislazione spagnola ha esteso il diritto anche ai social permettendo la cancellazione delle informazioni

dai social network e non solo la deindicizzazione dai motori di ricerca. Le informazioni possono raggiungere

migliaia di persone in poco tempo e causare danni (come a reputazione o lavoro). Le foto o post pubblicati

dall’utente possono ostacolare future opportunità (selezione HR). È difficile eliminare tutte le tracce, anche

dopo aver cancellato il profilo siccome, ad esempio, i social conservano i dati per un eventuale ripristino.

Violazione del diritto all’oblio e responsabilità civile

Il regolamento prevede il risarcimento a favore del danneggiato ma per ottenerlo servono due condizioni:

1. Violazione della legge da parte del responsabile del trattamento (editore o motore di ricerca):

che acquisisce responsabilità solo se a conoscenza della violazione/illegalità dell’informazione. I

servizi di informazione non sono obbligati a controllare i contenuti di terzi e non sono quindi

responsabili salvo prova della conoscenza della loro illegalità. Il titolare acquisisce conoscenza

quando l’interessato gliela comunica;

2. Danno dimostrabile subito dall’interessato a causa della violazione: che può essere morale o

patrimoniale.

Si conclude qui questo seminario. Danno da prodotto difettoso

Oggi trattiamo una materia consumeristica. Il danno da prodotto difettoso arriva in Italia per effetto di una

direttiva europea che aveva prima creato una legge autonoma (legge sul danno da prodotto difettoso) ma

che, con lo svilupparsi del codice dei consumatori, è rifluita al suo interno agli articoli dal 114 al 127. “Rebus

sic stantibus” (stando così le cose) è una disciplina vigente perché il 23/10/2024 è stata approvata la

direttiva europea 2853 che ancora non è stata recepita dall’Italia, la quale tratta la responsabilità sui danni

causati dai prodotti difettosi per la quale si abroga quella attualmente vigente trasposta nel codice del

consumo. La disciplina di cui parliamo oggi è quindi destinata a morire/cambiare (entro 09/12/2026). Il

diritto del consumatore ha creato una microbolla di diritto contrattuale identica in tutti gli stati membri con

adattamenti chiaramente. Il contratto con il consumatore assorbe il 60% della contrattazione nazionale.

Funzionamento della disciplina della responsabilità per danno da prodotto difettoso

Dal codice: “Il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto”. Non è il soggetto

che commercializza il bene ma chi lo produce ovvero si ha un’esclusione della responsabilità di colui che lo

mette in circolazione. Il problema è che non sempre si conosce il produttore a differenza di quanto accade

con il commerciante. La legge, al fine di determinare la responsabilità, stabilisce che se il produttore non è

individuato alla stessa responsabilità può essere sottoposto il fornitore. Si deve sempre però prima

contattare il fornitore per chiedere del produttore e, se questo non lo comunica nel termine di tre mesi o

non è identificabile, il fornitore diventa responsabile in via sussidiaria. La richiesta deve essere fatta per

iscritto e deve indicare il prodotto che ha cagionato il danno, il luogo e, con ragionevole approssimazione,

la data dell'acquisto. Deve inoltre contenere l'offerta in visione del prodotto, se ancora esistente. Quindi:

• Produttore: prima persona che si considera responsabile se conosciuto dal consumatore;

• Fornitore: il consumatore richiede la conoscenza al fornitore che deve rispondere in tre mesi,

altrimenti si può direttamente agire nei confronti del fornitore. È una responsabilità del produttore

che in determinati casi si può estendere al fornitore per garantire la tutela del consumatore;

• Prodotto: tecnicamente non è più definito ma si considera prodotto anche l’energia elettrica.

Prodotto non è necessariamente un bene materiale quindi.

Nuova direttiva (definizione di prodotto) e definizioni generali

Analizzando la nuova direttiva ci accorgiamo che stabilisce cosa si intende per difettoso ma non chiarisce il

significato di prodotto se non con un’unica definizione secondo la quale il prodotto è: “Qualunque bene

mobile (escludiamo i beni immobili da questa disciplina) anche se incorporato in altro bene mobile o

immobile o connessi tra di loro (includendo l’elettricità, i documenti di fabbricazione digitale/files, le materie

prime e i programmi informatici)”. La vera novità è il riferimento alla nuova tecnologia considerata come

prodotto (non solo i prodotti digitali ma anche i programmi informatici). Altre definizioni sono:

• Produttore: l’attuale disciplina vigente era già stata riformata e considera produttore: “Il

fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, il produttore della materia prima, nonché,

per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell'allevamento, della pesca e della caccia,

rispettivamente l'agricoltore, l'allevatore, il pescatore ed il cacciatore”. Prodotto difettoso è quindi

anche prodotto alimentare. Nel caso del ristorante la regola che vale è quella del prodotto finito

(caso salmonella) e quindi il produttore è il ristorante. In caso di supermercato, invece, sarebbe

stato l’agricoltore/allevatore. Il processo di elaborazione consente di considerare responsabile il

produttore

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
57 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher HawkedF di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Contratti e responsabilità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Barba Vincenzo.