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RIASSUNTO CULTURE E ORGANIZZAZIONI (HOFSTEDE)
Parte IV- n. 11 (pp. 318-342) del testo di Hofstede G., Hofstede G. J., Minkov M.,Culture e organizzazioni, FrancoAngeli, Milano,
2010
La storia dell’umanità è costellata da conflitti tra gruppi culturali. I miti popolari glorificano la guerra. Il
Vecchio testamento invita allo sterminio (comandamento “non uccidere” solo per gli altri cristiani).
L'espansione territoriale è ordinata da Dio attraverso lo sterminio di altre tribù.
Vige la concezione che ciò che è diverso è un pericolo. Il razzismo si basa sull’idea che un gruppo è
superiore ad un altro e deve usare la violenza per mantenere la posizione superiore. Le ideologie
totalitarie (apartheid) determinano quali sono quelle superiori e quelle inferiori.
In Europa i paesi si sono sempre fatti la guerra, poi sono arrivati all’adesione a un’unione sovranazionale.
L'idea di un’unione africana sembra lontanissima (terra di guerre e genocidi).
Grazie all’espansione del turismo e delle tecnologie, sono aumentate le possibilità di scambi interculturali.
Uno straniero sperimenta diverse fasi di shock culturale. Il nostro software mentale ha valori inconsapevoli.
Uno straniero torna allo stato mentale di un bambino che deve imparare tutto. Non provo solo disagio, ma
anche sofferenza, sia mentale che fisica (cure mediche).
L'acculturazione passa per diverse fasi: inizia con l’euforia iniziale (breve), poi c’è quella dello shock
culturale, poi acculturazione (si inizia a funzionare nella nuova realtà, si adottano alcuni valori locali, ci si
integra), infine si raggiunge una situazione stabile. Se si fanno confronti con il paese d’origine, si mantiene
un atteggiamento negativo. Chi espatria per molto tempo spesso fa fatica a riabituarsi al proprio paese
d’origine. I lati negativi portano a sofferenza (e suicidio). Per i coniugi è ancora più complesso (rifiuto di
uscire).
Negli anni ‘70 gli espatri nelle aziende giapponesi e europee concludeva in anticipo per il 10%. Negli anni il
dato è migliorato. Anche chi è abituato a spostarsi prova ogni volta uno shock culturale (cambia in base alla
cultura).
I locali possono provare curiosità e euforia verso il visitatore. Secondo una visione etnocentrica lo straniero
è valutato dai locali secondo parametri culturali del paese ospitante (valutazione negativa). Il visitatore
viene percepito come scortese, grezzo, ingenuo o stupido. Meno incontri avvengono, più si diffonde una
mentalità etnocentrica tra i locali. La terza fase è quella del policentrismo: si usano parametri culturali
differenzi, inizia la bi- o multi-culturalità.
L'esterofilia tende ad applicare standard differenti a persone diverse. Porta a vedere le altre culture come
migliori della propria. Le società collettiviste (chiuse) faticano con l’integrazione. L'ex colonie africane
hanno confini del periodo coloniale, non etnici o culturali. Bisogna creare ambienti in cui le persone
socializzino con pari dignità e diritti.
Un gruppo valuta l’altro nel suo insieme secondo stereotipi (eterostereotipi: verso gli altri; autostereotipi:
verso sé).
Negli incontri internazionali si usano lingue diverse, lingue derivate dall’inglese o lingue commerciali (forme
ibride di lingue originali). Per acquisire comprensione culturale lo straniero deve acquisire padronanza della
lingua del paese ospitante. Il nostro modo di pensare è influenzato dalle categorie concettuali di cui
dispone la nostra lingua. Alcune parole vengono traslate nelle altre lingue perché indicano qualcosa di
unico (algebra, karaoke, mafia, sauna).
I paesi più piccoli hanno più contatti con gli stranieri, miglior sistema scolastico con docenti poliglotti.
Spesso gli anglofoni non sentono la necessità di imparare un’altra lingua straniera. 50
Paesi che condividono una lingua non condividono anche la cultura: Belgio- si parla olandese e francese, la
cultura è simile a quella francese in tutto il paese (aristocrazia parlava francese); in Svizzera invece dove si
parla tedesco c’è una cultura tedesca, dove si parla francese una francese.
Se non si conosce una lingua si perdono molte sfumature di una lingua, tra cui il senso dell’umorismo.
Le tecnologie porteranno ad avere un villaggio globale senza differenze culturali, o comunque senza peso.
Le comunicazioni elettroniche hanno aumentato la disponibilità di informazioni, ma non la loro
assimilazione. Si ricerca comunque ciò che ci interessa e rafforza le nostre idee. La tecnologia può facilitare
l’apprendimento dell’interculturalità.
I popoli in difficoltà vogliono avere ricchezza, quelli privilegiati vorrebbero chiudere i confini perché sono
informati della sofferenza che provoca.
Il turismo è la forma più superficiale di incontro tra culture: chi lavora può apprendere qualche nozione
superficiale sui paesi di provenienza dei turisti. Il turismo di massa ha effetti economici negativi (scomparsa
di fonti tradizionali di reddito) e positivi. Spesso molti visitatori vedono paesi in cui tornare per promuovere
i propri affari. Dal punto di vista culturale, il turismo ha più vantaggi che svantaggi.
Nella scuola ci possono essere professori stranieri e studenti locali, o professori locali e studenti stranieri. La
lingua è lo strumento di insegnamento, se un docente insegna nella lingua degli studenti, c’è maggior
possibilità di successo dell’insegnamento. Nei materiali forniti si apprezzano di più le parti nella propria
lingua, e si criticano quelle in altre lingue.
Ci sono differenze di abilità cognitive legate alla cultura: le generazioni precedenti all’introduzione della
calcolatrice a scuola fanno calcoli a mente, quelle successive no. Le capacità di apprendimento sono
radicate nei modelli comportamentali delle società. Gli insegnanti stranieri spesso usano materiale
didattico inadeguato: uno studente che proviene da un paese povero non necessita di apprendere
competenze necessarie per aver successo in un paese ricco.
In alcuni paesi gli apprendistati in aziende o nel commercio ha lo stesso valore di lauree universitario. Certi
stati prevedono un modello di insegnamento nazionale, mentre in altri sono i professori a decidere che
programma fare. C'è anche la differenza scuola pubblica-privata.
Le minoranze dipendono dalla distribuzione della popolazione, situazione economica di gruppi e intensità
delle loro interazioni, valori culturali. Le minoranze possono essere popolazioni indigene invase da migranti
(nativi americani), discendenti di immigrati o profughi per motivi politici, economici, etnici; discendenti di
persone espatriate come forza lavoro (afroamericani), nativi di paesi ex colonie (magrebini in Francia);
nomadi internazionali (Rom in Europa).
Razzisti chiedono la chiusura di confini e l’espulsione degli stranieri, mentre i Paesi civili oscillano tra
assimilazione (perdita della propria identità) o integrazione (mantenimento di un legame forte con le
proprie radici). Spesso molti migranti partono per un periodo transitorio, ma poi rimangono.
I politici dei paesi d’arrivo temono la formazione di ghetti di emigrati, e cercano di disperderli sul territorio.
I paesi ospitanti tendono a essere più egualitari. Gli stranieri si confrontano con la popolazione locale a
scuola, uffici pubblici, lavoro, negozi. I figli maschi tendono o ad avere risultati scolastici e professionali
molto alti, o a lasciare la scuola e unirsi a bande di strada; le figlie femmine si adattano meglio. La terza
generazione supera questi problemi, sono completamente adattate e hanno solo un nome straniero o delle
tradizioni che mantengono solo a casa.
Chi interagisce con le minoranze (medici, commercianti, impiegati, insegnanti) può facilitare l’adattamento
di queste persone (specialmente gli insegnanti richiedendo colloqui con i genitori). Gli abitanti restii 51
strumentalizzano i problemi di adattamento per manifestare la loro avversione (ciò che è diverso è
pericoloso).
Gli immigrati spesso affrontano situazioni stressanti che portano a problemi mentale che vanno trattati in
modo diverso rispetto a quelli dei locali. Anche gli immigrati possono essere razzisti etnocentrici; spesso
rispolverano il fondamentalismo religioso (anche se prima non lo erano).
La negoziazione ha certe caratteristiche: due o più parti con conflitti di interesse; bisogno di trovare un
accordo con benefici per tutti; risultato inizialmente non definito; prassi con cui comunicano le parti;
struttura di controllo, di presa delle decisioni e dei rapporti.
Le culture influenzano le negoziazioni in vario modo: la distanza di potere influenza la centralizzazione della
struttura di controllo; le relazioni tra le controparti devono essere stabili (se si sostituisce un negoziatore
bisogna stipulare una nuova relazione); quando prevale la mascolinità si simpatizza per chi appare più forte
e i conflitti sono risolti con una dimostrazione di forza; quando prevale la femminilità i conflitti sono risolti
con compromessi e si cerca consenso; tolleranza all’ambiguità; orientamento al lungo termine; indulgenza
(condiziona atmosfera e rigidità del protocollo).
Spesso per problemi importanti i diplomatici devono seguire le linee guida di politici, che però non sono
adatte. ONU, NATO, commissione europea hanno culture organizzative che influenzano le negoziazioni
internazionali a livelli superficiali.
Il comportamento dei negoziatori internazionali è influenzato su 3 livelli culturali: nazionale, professionale,
organizzativo. Le negoziazioni commerciali sono diverse da quelle politiche, possono essere fatte da
specialisti, ma all’accordo formale sono presenti persone dotate di status e potere adeguati.
Le multinazionali si basano su comunicazione e cooperazione interculturale. La competitività si sta
spostando non solo verso fattori economici, ma anche verso punti di forza e di debolezza delle culture.
Bassa distanza di potere→ assunzione di responsabilità; alta distanza → disciplina; avversione all’incertezza
debole → capacità innovatrice; forte → disciplina; collettivismo → lealtà e devozione dei collaboratori;
individualismo→ mobilità manageriale; femminilità → servizi e prodotti personalizzati, agricoltura,
industria alimentare, biochimica; mascolinità → produzione di massa, efficienza, industria pesante e
chimica anche di massa; orientamento al breve termine → adeguamento rapido; lungo termine → sviluppo
di nuovi mercati.
La cultura si vede anche nel design: airbus (europeo) → interferenze marginali col pilota; Boeing (USA) →
interazione col pilota. Il benessere consente maggior possibilità di interazione tra prodotti e se