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LE TRE DISCREPANZE PIÙ COMUNI
Discrepanza causa-effetto—> uno è causa dell’altro o effetto dell’altro, non si capisce
● a causa del processo di interazione circolare in corso.
Esempio:
Chi ha ragione dei due? Nessuno. Allora la comunicazione si interrompe; questo può
avvenire nella vita di tutti i giorni ma, ad esempio, sul luogo di lavoro o in altri
contesti dove non possiamo interrompere la comunicazione dobbiamo imparare a
metacomunicare —> dobbiamo chiarire, fermarci e spiegare come interpreto
l’atteggiamento altrui. Questi litigi si riducono invece ad uno scambio ripetitivo di
messaggi.
Mancanza di informazioni—> Almeno uno dei comunicanti non ha lo stesso grado di
● informazione dell’altro, senza tuttavia saperlo. Quando ci troviamo nel caso in cui
entrambi i comunicanti mancano di informazioni diciamo che entrambi non sanno
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cosa è successo l’uno all’altro, perciò, si ipotizza un giudizio negativo sull’altra
persona.
Esempio:
Succede che entrambi non comunicano più almeno che uno dei due non decide di
metacomunicare. In questo caso per metacomunicare uno dei due dovrebbe chiedere
all’altro “perché non mi hai risposto?” E l’altro a quel punto spiegherebbe la
situazione. Spesso però non facciamo ciò, l’uomo ha la tendenza a non
metacomunicare ma tende a dare giudizi, formulare immagini errate della realtà e
delle altre persone.
Profezia che si autodetermina—> È un comportamento che provoca una reazione alla
● quale quel dato comportamento sarebbe la risposta adeguata.
Quella cosa che penso potrebbe avverarsi, si avvera.
Esempio: vado in ufficio, ho un incarico ma ho scarsa autostima. Per questo inizio ad
adottare un comportamento sospettoso, difensivo, aggressivo. Gli altri reagiscono a
questa negatività con altrettanta negatività (almeno che non siano in grado di
metacomunicare) confermando la premessa con cui il soggetto era partito. Queste
discrepanze si interrompono solo metacomunicando (flessibilità, adeguamento,
empatia nei confronti dell’altro). Ad esempio il duro, se vuole comunicare con
l’amico, deve adattarsi al suo stile abbandonando momentaneamente il suo stato.
Quarto assioma: “Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale che analogico”
La comunicazione può essere analogica o digitale. Abbiamo quindi due possibilità di far
riferimento agli oggetti:
Analogica: rappresentandoli con un’immagine (aspetto di relazione)
● Digitale: dar loro un nome. Non vediamo più l’immagine ma la stringa con la scritta
● (esempio) “leone” (aspetto di contenuto).
Noi abbiamo quindi un linguaggio e un’immagine (segno)→ contenuto non verbale che
arricchisce quello verbale. 78
COMUNICAZIONE ANALOGICA
Qual è il potere della comunicazione non verbale? Si basa su una semantica (segni) precisa:
noi interpretiamo dei segni o dei segnali ma è priva di una sintassi utile a definire i contenuti
di carattere verbale. Ha ruolo di supporto (immediato da tradurre).
La comunicazione non verbale ha radici arcaiche, è quella che noi sviluppiamo dal momento
in cui veniamo al mondo (da bambini comunichiamo solo piangendo, ridendo ecc..). Ha
anche una validità estesa perché si basa su una capacità espressiva congenita, oltre che
sull’apprendimento di un codice.
Analogici, quindi, sono quei segnali che contengono una rappresentazione o immagine sul
significato a cui si riferiscono.
Cosa è un segno? (Quando noi parliamo di segno noi includiamo il simbolo, le icone..)
- I segni sono segnali usati nella comunicazione umana —> parole, immagini, gesti,
suoni in grado di esprimere un significato.
- Ogni segno vede l’unione di un significato (l’elemento sensibile) con un significante
(cosa concreta o astratta). Questo è un meccanismo di traduzione per noi automatico.
Esempio: sorriso —> il significante è il sorriso, il significato è la felicità.
Quindi, il significato è l'elemento che da’ l’impatto immediato attraverso i sensi e il
significante cioè il concetto astratto o concreto a cui il significato ci rimanda. A questo
punto, si possono suddividere i segni in due grandi categorie:
- l’icona (o segno iconico): è un segno che ha una somiglianza fisica con il suo
significante. Ha le stesse proprietà fisiche dell’oggetto ma stimolano una struttura
percettiva simile a quella che sarebbe stimolata dall’oggetto imitato. Quando, invece,
non vi è una somiglianza fisica con il significante ma c’è un rimando a una forma
materiale o astratta che ognuno non interpreta direttamente dall’oggetto il segno non
è più iconico ma è simbolico.
Esempi (il significato è la sedia a rotelle, il significante è ciò che indica il cartello):
- simbolo (o segno simbolico): non ha una somiglianza fisica con il significato ma
rimanda ad un concetto astratto, cioè non presente sulla scena. Per esempio, nel
simbolo del divieto di fumo vi è l’oggetto presente sulla scena e quindi il significato è
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chiaro poiché si vede concretamente la traduzione (“divieto di fumo”), nel simbolo,
invece, si ha una relazione convenzionale, legata alla forma di apprendimento di
ognuno (a differenza del segno che iconico che è intuitivo), tra un segno e il
significato che si attribuisce al segno (o un codice che dice cosa significa un simbolo
piuttosto che un altro). Esempi:
Non si ha una chiara traduzione del riciclo, potrebbe
in piccola parte avvenire questo poiché si ha il
simbolo delle tre frecce rivolte su se stesse che sono
associate oramai al riciclo ma non completamente.
Il simbolo a destra, così come il fiocco sulla sinistra,
invece, non ha un’attinenza visiva con quello che
significa (il significante) ma è un segno simbolico. Il
simbolo, dunque, è qualcosa di sensibile,
materialmente presente sulla scena (il sorriso, la
colomba), mentre l’oggetto insensibile, astratto, è la
trasposizione di esso, ovvero quella cosa in cui l’oggetto sensibile
rimanda (pace, amore, mitezza, solidarietà ecc.).
Quindi, si hanno dei simboli (di forza, di aggressività) che sono istituzionalizzati nel
sistema semantico della traduzione dei segni, come, per esempio, il falco/aquila, a
destra. Nella comunicazione questi segni hanno molta più efficacia e, in particolare,
in quella pubblicitaria, che sia attraverso il web o attraverso un social media. Questo
perché è arcaica, immediatamente traducibile ed appartiene ad un sistema
istituzionale di segni che ormai sono consolidati nel linguaggio di ognuno.
Oltre ai segni, nella comunicazione analogica, si può fare riferimento ad un altro elemento
divertente che è la metafora. Si hanno metafore verbali e non verbali (visive), nelle prime così
come nelle seconde vi sono presenti due termini ovvero la cosa di cui si sta parlando e la cosa
a cui si sta paragonando la prima, queste sono messe in relazione da caratteristiche comuni.
Si utilizzano tantissimo le metafore verbali nella vita quotidiana (es. “sei bella come il sole”).
Dunque, si utilizza qualcosa e la si mette al posto della cosa che in questo momento si vuole
far emergere nel messaggio. 80
Esempio: si vede il parmigiano e lo si paragona alla montagna,
l’elemento per la quale lo si percepisce come tale è
la forma piramidale. Successivamente, se si legge la
scritta in alto, vi è l’espressione verbale “cima” che
fa percepire, attraverso un nesso linguistico (la
similitudine), la somiglianza al concetto di
“montagna”. Il linguaggio verbale, dunque, utilizza
un linguaggio che un nesso logico l’immagine visiva
(“siamo arrivati in cima”); se questa forma non fosse
stata piramidale, il potere delle parole avrebbe perso
il peso (“mondo”). La metafora, quindi, è un simbolo che collega il mondo materiale e
spirituale. È definita anche come una trasgressione poiché si fanno delle associazioni
utilizzando due termini che sono spesso molto lontani tra loro ma più sono lontani e
maggiormente si crea la distonia che colpisce il consumatore e che fa trattenere il messaggio
in memoria. È lo stesso motivo per cui il testo verbale non avrebbe avuto molto senso se non
si fosse utilizzata una forma piramidale che ognuno associa una vetta. La comunicazione
verbale è a supporto della comunicazione non verbale, la comunicazione digitale (verbo) a
supporto di quella analogica, è questo che da’ forza ad un'immagine, ad un messaggio e, in
generale, ad un contenuto. Inoltre, la metafora visiva è più incisiva di quella verbale.
Altri esempi:
La pubblicità a sinistra ha appeal, è
una metafora: il concetto concreto è la
tigre mentre il concetto astratto è la
potenza. Questa riflette una struttura
comunicativa obsoleta. A destra vi è
una pubblicità più moderna, la
metafora in questo caso è data dalla grinta delle madri paragonata alla
danza neozelandese, successivamente vi è l’associazione celata alle
caratteristiche dell’autovettura poiché quest’ultima è un’auto familiare, destinata alle
mamme che devono affrontare ogni giorno una serie di sfide. La distonia è data dal fatto che
l’haka è una danza tipicamente maschile ed è associata alla lotta, alla preparazione contro il
nemico. La metafora dunque è un elemento divertente che nel linguaggio analogico prende
piede per creare l’effetto straniamento che ad ogni persona piace, che diverte e contribuisce
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a lasciare l’immagine sedimentata nella memoria. Alla pari del paradosso, si ritrovano
tantissime metafore visive decisamente più impattanti.
Altri esempi:
L’immagine crea l'effetto straniamento poiché è inusuale rispetto al
quotidiano, giocosamente si aggiunge appeal. Nel caso a destra, per
esempio, la carta igienica prende le sembianze, e di conseguenza le
caratteristiche (morbidezza, profumazione ecc.), del fiore e si rievoca la
fragranza, la tonalità grazie ad esso. Facendo così si preannuncia al
cliente le sensazioni positive legate all'utilizzo della carta igienica.
Spesso, inoltre, il prodotto commerciale o non è sulla scena o è
presentato in un angolo del campo visivo, si ha un primo piano
sull’elemento metaforico. L’esempio è l’immagine a sinistra. In questo caso, il
significato è l’uomo disteso la cui posizione e colorazione
ripre