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Esiste un momento di diploidia nelle cellule batteriche? Sì
In quale momento? Nella coniugazione batterica.
Questa coniugazione su quali batteri è vista? Su Hfr.
Questo evento è diploidia? Sì.
Come si chiama l’evento e quale tipologia di replicazione c’è? Exconiugante e merizigote.
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Il crossing over deve essere doppio per fare in modo che ci sia ricombinazione e i momenti di scambi sono
legati ai tempi di ingresso dell’F’ in Hfr nel ricevente F-.
Quindi l’elica si svolge, come arriva il primo allele c’è l’allineamento, l’ultimo più tardivo è quello a venti
minuti della coniugazione. Le distanze tra gli alleli in questi eventi di crossing over sono misurati in minuti.
Come si identificano le funzioni di trasformazione e di tetrazione oggi.
Ci sono delle tecnologie di clonazione dei DNA delle linee parentali Hfr, si colora il genoma del DNA di Hfr
con dei coloranti che rispondono a particolari raggi laser su eccitazione e questi pigmenti sono delle cianine
che vanno nel rosso. L’elemento F- quindi quello che riceverà l’integratore, generalmente ha un DNA che si
può ricombinare con un pigmento che va a legare un DNA endogeno sotto eccitazione del laser ed
emettere il verde. Quindi questo evento di coniugazione che porta a merizigoti nel microscopio sarà visibile
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con colore giallo, perché il giallo sta nell’intensità rosso-verde e questi sono batteri o tutti gialli o che
stanno avendo eventi di combinazione.
Quindi se diamo ai loci dei particolari nomi allelici con l’evento di ricombinazione potrebbero esserci
fenomeni ricombinanti o meno ricombinanti. Il genotipo può essere A+ o A- a seconda se sia di
ricombinazione o meno. Queste metodologie di permetteranno di vedere le distanze tra gli alleli. Se noi
mettiamo una serie di altri loci che danno resistenza a particolari substrati, crescendo poi il dominante sui
substrati possiamo fare la mappa di quello che si è integrato e quale no e determinare anche quanti
crossing over sono avvenuti affinché ci sia stato l’evento ricombinante.
La legge è “più sto in coniugazione e più passo alleli e nei tempi di coniugazione passo gli ultimi alleli
presenti sul plasmide F” e da questi elementi si deduce anche che l’F è un vettore circolare in quanto
continua a mandare lo stesso ordine di alleli quanto più la coniugazione avviene (per cui i nuovi alleli che
sta donando sono sempre gli stessi del circolo).
Questo è importante perché cosi noi dissezioniamo l’azione di resistenza a quel particolare substrato.
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Altro metodo per generare i ricombinanti in batteri: utilizzare i BATTERIOFAGI
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Esistono più tipi di batteriofagi, tra questo il T4, il quale è costituito da una testa che è un icosaedro, in
questa struttura di proteine c’è il suo genoma dna, poi c’è una struttura a collo o collare centrale vuota
dove queste proteine generano un canale e nella parte esterna c’è una guaina di struttura del batteriofago,
in fondo abbiamo la piastra basale che è piena di proteine che hanno capacità recettoriali, cioè che
reagiscono con altre proteine.
Il batteriofago una volta piegata la membrana e attraverso proteine che degradano la parete extracellulare
del batterio e legato, invia il suo genoma all’interno del periplasma del batterio stesso.
Infezione multipla di batteriofagi
Alcuni sono vuoti e stanno inviando nella cellula il loro genoma ed altri si stanno staccando per andare ad
infettare nuove cellule.
Abbiamo due tipologie diverse di infezioni a batteriofagi:
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→dove
-INFEZIONE DI TIPO LITICA il batterio se ha infettato copia se stesso tante volte all’interno del
batterio e poi lo uccide con una fase litica,quindi il batterio esplode ed i fagi vanno ad infettare nuovi
batteri. →dove
- CICLO LISOGENO il batteriofago utilizza la macchina di replicazione però convive nel genoma del
batterio stesso. Questi fagi lisogenici sono molto importanti perché hanno la capacità di integrare il loro
genoma nel genoma del batterio integrato.
Uno dei fagi più importante da studiare è il batteriofago λ [lambda].
Questo fago non infetta l’uomo, ma solo E-Coli, pertanto è facile maneggiarlo e nella slide si osserva una
piastra con una patina di batterio ad alta concentrazione di colore giallognolo che infettata da lambda ha
generato delle aree di placca.
Un batterio è stato infettato da lambda, ha riconosciuto il prodotto ed è andato ad infettare una colonia
accanto, quindi dove c’è l’area di placca c’è un lambda che sta crescendo, più una particolare tipologia.
Si tocca con uno stuzzicadenti questa area di placca, la inserisco in una beuta dove c’è un altro E-Coli
vergine e faccio fare altre ricombinazioni ecc..., cresco milioni di lambda che daranno milioni di DNA.
Un esperimento fatto nel 1952 ha dimostrato che utilizzando un batteriofago possiamo far avvenire la
ricombinazione nel genoma ospite coinfettando con 2 T2, (uno che può infettare solo un ceppo 1 e un altro
che può infettare entrambi i ceppi 1-2 di Coli). La coinfezione ha dimostrato che questi due ceppi sono stati
ricombinati all’interno di un batterio e si è quindi generato un nuovo ceppo di batteriofago che aveva la
resistenza ad entrambi.
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Esiste una terminologia in microbiologia detta ‘fare trasduzione Generalizzata’ e comporta essenzialmente
da un lato l’utilizzo del batterio e dall'altro del fago; il batterio può replicarsi utilizzando il genoma del fago
oppure il batterio prende il genoma del fago integrandolo nel plasmide che è presente nel batterio stesso
(generalizzando integrandolo nel cromosoma batterico stesso). Quindi quando si parla di trasduzione
generalizzata si intende tutti i meccanismi di interazione fago-batterio come il passaggio del genoma da
batterio-fago o il passaggio di genoma fago-batterio attraverso il plasmide (genoma batterico). Se si marca
il DNA del fago con un particolare isotopo si può poi seguire alla trasduzione generalizzata. Si può notare
che il DNA va dal plasmide al cromosoma e dal cromosoma al batteriofago, oppure che ritorna ricombinato.
Nel 1928 un laboratorio del professor Griffiths ha condotto un esperimento su un batterio che genera la
Polmonite (streptococcus pneumoniae). Questo esperimento è stato molto interessante perché combinava
microbiologia con studi critici negli animali e in particolare nei topi. La tipologia di esperimento prevedeva
un laboratorio che era in grado di verificare la tipologia di batterio e l'evento danno nel topo. Streptococco
ha due diversi fenotipi: uno di tipo S (smooth= membrana liscia), un altro di tipo R (rough= membrana
rugosa). Quando il primo viene iniettato nel peritoneo dei topi si genera un trofismo diretto ai polmoni
causando la polmonite e la morte del topo. Quando il secondo viene iniettato negli stessi topi questi
sopravvivono. Quindi il fenotipo dello streptococco può dare un evento letale o l'evento vita in funzione del
tipo di membrana che ha(liscia=muore/rugosa=vive). L’esperimento era basato su cos'era la sostanza che
dava la morte.
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Dopo aver ucciso il batterio, distruggendolo a 65 gradi, lo iniettano nei topi e notano che i topi continuano
a vivere, per cui era stato distrutto qualcosa nel batterio. Hanno provato quindi a mettere in coniugazione i
due ceppi (mettendo vicino i batteri morti degradati al calore morti con quelli di tipo R). Il risultato furono
topi morti. Questo risultato aprì delle ipotesi tra le quali la più importante era che ci fosse qualcosa che
passasse da questo batterio morto al batterio R e generava quindi letalità. E’ stato poi prelevato il siero dai
polmoni dei topi morti ed è stato inoculato in beute per farlo crescere e piastrare su piastre agar e infine
essere osservato al microscopio. È stato notato che i batteri di tipo R avevano cambiato la membrana in
una consistente simile a quella dei ceppi S.
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Quindi la conversione del fenotipo era un evento stranissimo. Per questo loro utilizzavano molto la
microbiologia e il microscopio per distinguere i due genomi fenotipicamente. Questo qualcosa che
convertiva i ceppi R in S fu scoperto nel 1943 da un team formato da Avery Macleod e Mccarty.
Loro presero questi pneumococchi morti e li trattarono con enzimi che tagliano via gli zuccheri delle
proteine. Dopo averli accoppiati al Ceppo R, li inoculavano nei topi. Da qui notarono che i topi morivano
dando lo stesso risultato. Presero poi il siero dai polmoni e notarono che i streptococchi erano di tipo S.
Riprovarono con enzimi che tagliano via i lipidi da un lato e degradano l’RNA Messaggero dall’altro, ma
notarono sempre lo stesso risultato. A questo punto provarono con una nuova sostanza che era stata
appena isolata chiamata DNAasi che tagliava i ponti fosfodiesterici e notarono che i topi sopravvivevano.
Isolando da questi polmoni i pneumococchi notano che erano di tipo R quindi dimostrarono che questo
qualcosa che era passato nei batteri di tipo R era DNA e si era integrato nel genoma dello pneumococco.
Questo esperimento è stato importante perché ci dice che quello che si eredita è DNA e non proteina.
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Un altro importante esperimento è stato quello di Hershey e Chase negli anni ‘50 che hanno studiato il
batteriofago T2. Questo batteriofago(virus) ha la capacità di infettare la cellula batterica e integrarsi
convivendo col genoma del batterio.
L'esperimento è stato molto semplice per cui gli scienziati si sono chiesti se il materiale che il batteriofago
dà al batterio per essere resistente a quel determinato substrato è un materiale legato alle sue proteine
oppure è un materiale legato al suo DNA.
Se io marco il batteriofago ossia lo faccio crescere in una sostanza liquida che contiene zolfo-35 che per
definizione va a marcare tutte le proteine, gli aminoacidi da loro costituiti diventano con zolfo -35 e se la
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beuta non ha altro zolfo il fago per sopravvivere acquisisce quell’isotopo, poi infetto l’E. Coli e stacco i fagi
che sono ancora legati alla membrana e vado a misurare nel batterio che isotopo trovo.
Con questo esperimento differenziale da un lato con lo zolfo dall’altro col fosforo (sapendo che il fosforo
va a legarsi al DNA perché fa parte di questo) misuro l’isotopo e capisco cosa si è integrato. Il risultato è
stato che i batteri erano tutti fosforo-32 positivi ma non erano zolfo-35 positivi. In questo esperimento
della trasformazione batteriofago-batterio, chiamata trasduzione, notiamo che quello che si passa non è
protei