Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 8
Disdici quando
vuoi
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento
Canto III – Inferno
Nel III Canto dell’Inferno, Dante intende trasmettere un insegnamento profondo ai suoi lettori,
ed è consapevole che per farlo deve catturare la loro attenzione e coinvolgerli emotivamente.
La Divina Commedia non è solo un’opera letteraria, ma anche un mezzo per educare e
moralizzare, ed è costruita in modo tale da suscitare una forte partecipazione da parte del
lettore.
Nel II Canto, un interludio nella narrazione, Virgilio spiega a Dante la ragione del suo
intervento: tre figure femminili (la Vergine Maria, Santa Lucia e Beatrice) hanno avuto pietà di
Dante, che si trova smarrito nella "selva oscura", e hanno mandato Virgilio a salvarlo. Questo
evento conferisce alla missione di Virgilio un significato sacro e sottolinea l’idea che Dante sia
illuminato dalla Grazia Divina.
Arriviamo così al III Canto, che inizia con nove versi tra i più celebri della letteratura mondiale.
Questi versi rappresentano le parole che Dante legge sulla porta dell’Inferno, ma il lettore
dell’epoca non sapeva immediatamente che fosse proprio la porta dell’Inferno. La narrazione,
infatti, è costruita in modo tale da mantenere un certo grado di suspense, e il lettore scopre
progressivamente chi sta parlando e in quale luogo Dante si trovi.
Sulla porta dell’Inferno sono già presenti indicazioni su come funziona questo luogo di
dannazione. Nel corso del canto, Dante introduce una categoria di anime che non meritano
nemmeno di trovarsi all’interno dell’Inferno vero e proprio: i vili o ignavi. Queste anime si
trovano nell’Anti-Inferno, una zona al di fuori dell’Inferno, riservata a coloro che, nella loro vita
terrena, non hanno preso posizione né per il bene né per il male. Dante condanna gli ignavi
con un disprezzo particolare, poiché considera il libero arbitrio come una delle caratteristiche
fondamentali dell’essere umano. Il libero arbitrio, per Dante, è ciò che distingue l'uomo dagli
altri esseri: la facoltà di scegliere tra il bene e il male. Gli ignavi, non avendo mai fatto uso di
questa facoltà, non sono degni nemmeno di essere considerati uomini veri e propri. Infatti,
non avendo operato con ragione, non possono essere giudicati come coloro che si sono
schierati attivamente dalla parte del bene o del male. Per questa ragione, Dante non li ritiene
meritevoli nemmeno della condanna infernale. Questo disprezzo è talmente profondo che, pur
sapendo che i peccatori più gravi si trovano nelle parti più profonde dell’Inferno, Dante riserva
agli ignavi una condanna simbolica ancor più umiliante: il loro posto non è neppure
nell'Inferno.
In sintesi, il III Canto è costruito in modo narrativamente perfetto per introdurre un messaggio
morale: l'importanza del libero arbitrio e la condanna di chi non lo utilizza. L’insegnamento
che Dante vuole trasmettere è che ogni essere umano deve fare scelte, prendere posizione,
esercitare il proprio libero arbitrio, perché solo così si può essere degni di considerazi
Dettagli
SSD
Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
L-FIL-LET/12 Linguistica italiana
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marypoerio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Seminario dantesco e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof De Blasi Margherita.