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• STRATEGIE RIPRODUTTIVE DELLE ANGIOSPERME:
- Autogamia (autoimpollinazione): i gameti maschili trasportati dal polline raggiungono il pistillo dello
stesso fiore o di un altro fiore dello stesso individuo (es: Arabidopsis).
- Allogamia (impollinazione incrociata): i gameti maschili trasportati dal polline raggiungono il pistillo di
fiori di individui diversi (si crea variabilità genetica, le due piante genitori hanno genotipo diverso).
L’architettura del fiore, il suo odore e colore dipendono dal meccanismo di impollinazione della pianta e dai
vettori; i vettori di impollinazione possono essere animali pronubi (insetti, uccelli, pipistrelli), vento o acqua.
L’impollinazione zoofila prevede che il fiore (detto entomogamo) abbia delle caratteristiche (forma, odore,
colore) che attirino l’animale: l’ape è attirata dal nettare, porta il polline da un fiore all’altro trasportandolo
con il corpo; alcuni fiori di orchidee simulano il corpo di insetti e producono feromoni per attirarne altri
(pseudo-copulazione). Le caratteristiche che consentono ad un fiore di attirare impollinatori sono un
esempio di coevoluzione: le piante che sviluppano dei caratteri attrattivi si riproducono di più (maggiore
fitness); i fiori di Amorphofallus titanum attirano coleotteri con il loro odore putrescente; i fiori che attirano
pipistrelli sono detti chirotterogami, si trovano presso i tropici e sono ricchi di nettare e molto profumati,
così come la maggior parte dei fiori che attirano gli uccelli (es: colibrì), detti ornitogami. La coevoluzione è
sempre dovuta alla pressione della selezione naturale e alle mutazioni genetiche che creano variabilità: la
pianta Aquilegia caerulea, nota per il suo bellissimo fiore, nel corso di poche
generazioni in una popolazione ha “deciso” di perdere petali bianchi e gli speroni
contenenti nettare in seguito ad una mutuazione del gene APETALA3-3 (i sepali viola
vengono mantenuti); nell’area presa in considerazione da uno studio un quarto della
popolazione presentava l’allele che determina la mutazione drastica descritta, una
percentuale troppo alta per essere dovuta unicamente al caso; si è scoperto infatti che
perdendo petali e speroni, questi fiori sono risultati meno soggetti a parassiti (bruchi
ed afidi) e all’erbivoria, dunque hanno avuto maggiore produttività (e fitness).
- I fiori impollinazione anemofila (mediata dal vento) sono caratterizzati da mancanza
di sistemi di richiamo, assenza di perianzio, polline polverulento poco adesivo, fioritura precoce
(Betulaceae, Corylaceae), infiorescenze maschili pendule o filamenti mobili (graminacee, nocciolo, quercia).
Circa il 70% delle Angiosperme sono ermafrodite, tuttavia molte specie ermafrodite impediscono che
avvenga l’autofecondazione poiché essa è associata ad uno stato di alta omozigosi (bassa variabilità
genetica). L’auto-incompatibilità nelle piante comprende un insieme di meccanismi genetici funzionali ad
evitare l’autofecondazione e favorire la fecondazione incrociata; tali meccanismi determinano un
riconoscimento self/non-self tra polline e pistillo che porta all’inibizione selettiva dello sviluppo del polline
self. Ricordiamo che le piante dioiche sono quelle con fiori unisessuali su individui di sesso diverso e
rappresentano il sistema migliore per garantire la fecondazione incrociata (non può avvenire
autofecondazione); le piante monoiche invece hanno fiori unisessuali sulla stessa pianta ma gli individui
possono avere fiori di entrambi i sessi, quindi potrebbe avvenire l’autofecondazione. Le piante ermafrodite
hanno adottato un meccanismo consistente nel far maturare stami e pistilli sulla stessa pianta in momenti
diversi (proterandria o proteroginia) in modo tale da impedire
l’autofecondazione; in altri casi (es: Primula) stami e pistilli
occupano una posizione tale da escludere l’autofecondazione
(eterostilia); il terzo metodo prevede che lo stigma produca
molecole che riconoscono se il polline (gametofito maschile) ha
simile o diverso genotipo al proprio:
- Incompatibilità gametofitica: il risultato dell’interazione fra
tubetto pollinico e tessuti dello stilo (femmina) è determinato
dal genotipo aploide del polline; se il polline ha un genotipo
simile a quello del tessuto dello stilo (diploide) viene riconosciuto come self e la crescita del tubetto
pollinico viene arrestata nello stilo (es: polline S e tessuto stilo S S ).
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- Incompatibilità sporofitica: il risultato dell’interazione fra tubetto
pollinico e tessuti dello stilo è determinato dal genotipo diploide dello
sporofito maschile; in questo caso anche in presenza di un solo polline
con genotipo simile a quello dello stilo femminile viene arrestata la
crescita del tubetto pollinico di tutti i pollini, direttamente sulla
superficie dello stigma (es: polline S sarebbe compatibile con S S ,
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ma essendoci altro polline S nessuno dei due riesce a penetrare nello
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stilo); quindi l’unico caso in cui avviene fecondazione è quello in cui il
genotipo diploide maschile è diverso da quello diploide femminile.
Il SEME* si origina a partire dalla maturazione dell’ovulo contenente lo zigote;
il tegumento del seme protegge l’embrione, l’endosperma serve a nutrire
l’embrione prima che germini; le funzioni del seme sono: diffondere la specie
(nel tempo e nello spazio), proteggere lo zigote da danni fisici, accumulare
nutrienti per la plantula prima che diventi
autotrofa (endosperma), instaurare la dormienza
per sopravvivere in ambienti sfavorevoli (es:
temperature troppo alte o basse), rispondere alle
variabili ambientali e germinare nel momento e
posto giusto. Il seme ha un’importanza enorme
per gli animali incluso l’uomo come fonte di cibo
(cereali, riso); le piante che possiedono il seme
sono dette spermatofite e includono sia le
Angiosperme che le Gimnosperme (il fiore è più
esclusivo del seme!). Le Gimnosperme* non hanno fiori, i semi sono allungati e “nudi”,
ossia non contenuti in un frutto come nelle angiosperme, sono privi di endosperma
triploide (ne hanno uno aploide) e sono contenuti in ali (dispersione vento).
Le Angiosperme invece hanno seme costituito da embrione, endosperma (3n) e
tegumento protettivo, quasi sempre contenuti in un frutto derivante dall’ovario
materno (2n). La maggior parte dei tessuti della pianta si sviluppano dopo la
germinazione della plantula; questa è costituita da un
meristema apicale (MAG) da cui vengono prodotti i cotiledoni e
tutti i tessuti della parte aerea + ipocotile + meristema radicale
(MAR), da cui si originerà l’apparato radicale.
Ma prima di diventare una plantula all’interno del seme
l’embrione subisce delle modificazioni (sviluppo embrionale):
all’inizio l’embrione ha forma globulare, poi cominciano a
maturare la/le cotiledoni e l’embrione si ingrandisce fino ad accumulare tutto lo spazio
nel seme…ma andiamo con ordine: appena dopo la fecondazione lo zigote comincia a
compiere divisioni mitotiche per diventare pluricellulare; la prima divisione è
asimmetrica, infatti una delle due cellule figlie (apicale, più piccola) darà origine
all’embrione vero e proprio, mentre l’altra cellula (basale, più grande e allungata) darà
origine al sospensore e all’ipofisi (piede); il sospensore avrà la funzione di legare l’embrione al seme, come
un cordone ombelicale; la cellula apicale subisce poi 2 divisioni longitudinali e una divisione trasversale e
risulta costituita da 8 cellule (ottante); successivamente avviene una divisione periclinale di tutte le 8 cellule
dell’ottante a formare il vero e proprio tessuto dell’embrione (protoderma), da cui si formeranno tutti i
tessuti di rivestimento della pianta; quando si raggiungono 64 cellule si sono formati anche il procambio (da
cui si formeranno i tessuti vascolari primari) e il meristema fondamentale; il passaggio dallo stato globulare
allo stadio a “cuore” avviene con la distensione (allungamento) di alcune cellule a formare la/le
dicotiledoni; nello stadio a torpedine l’embrione si è allungato ancora di più, la/le dicotiledoni si espandono
e si sviluppa il meristema apicale del germoglio (SAM), detto anche epicotile; si distinguono inoltre l’asse
embrionale (in giallo) che darà origine all’ipocotile nella plantula e il
meristema radicale (RAM); l’ultima fase dello sviluppo embrionale
consiste nel ripiegamento delle cotiledoni (stadio cotiledonale)
all’interno del seme; a questo punto lo sviluppo si arresta prima che il
seme diventi completamente maturo e riprenderà solo con la
germinazione; l’embrione risulta quindi costituito da asse embrionale,
cotiledone/i (foglioline modificate con funzione di riserva) e
meristemi apicali (SAM e RAM); nel seme delle dicotiledoni
l’embrione occupa tutto lo spazio e l’endosperma si esaurisce,
invece nel seme delle monocotiledoni (frumento, riso, mais) può
rimanere ancora molto endosperma anche dopo la completa
formazione dell’embrione (motivo per cui li
mangiamo) e questo rimane confinato in una
piccola parte del seme; lo scutello è un tessuto che
divide l’endosperma dall’embrione e funge da
“filtro” di sostanze tra i due.
La variabilità genetica è tanto più importante
quanto variano le condizioni ambientali (inclusi
patogeni e parassiti), a cui le piante devono
costantemente adattarsi; se invece l’ambiente è
costante può essere efficace per la pianta
produrre una prole clonale che abbia le sue
stesse caratteristiche e farlo velocemente.
La riproduzione vegetativa (asessuale o
agamica) consente la moltiplicazione di un
individuo in seguito alla divisione del corpo
vegetativo o al distacco di una sua parte;
esistono specie vegetali che si riproducono
principalmente per via asessuata, non compiendo quindi i processi di
ricombinazione, segregazione e fecondazione tipici della riproduzione
sessuata; la riproduzione asessuata si basa sempre sulla mitosi, che non
dimezza il numero di cromosomi (forma cellule identiche), è costituita una
sola divisione (mentre nella meiosi ad una replicazione corrispondono 2
divisioni) e non prevede ricombinazione attraverso il crossing over.
• L’apomissia è la forma più complessa di riproduzione asessuale
(non corrisponde alla partenogenesi!*); fu descritta all’inizio del XX
secolo, quando una pianta con fiori unisessuali femminili di
Alchornea ilicifolia importata dall’Australia produsse
autonomamente un seme; Winkler introdusse il termine
“apomissia” nel 1908 e la definì “processo sostitutivo della
riproduzione sessuale che permette la moltiplicazione della spec