RIPETIAMO:
Qual è il rischio? Siccome è cosi sensibile se io contamino il campione con il mio DNA, ho
mandato tutto all’aria, basta che muovo il braccio sulla provetta e ho contaminato tutto. Come
si fa ad essere sicuri di non contaminare? Preparo i vari tubini perché ovviamente faccio più
amplificazioni insieme, ma nell’ultimo metto solo la soluzione con gli enzimi senza mettere il
dna di nessuno in modo tale che se anche in quest’ultimo tubino ho l’amplificazione significa
che ho contaminato tutto con il mio DNA.
Con una tecnica cosi efficace posso sfruttare la retrotrascrittasi (RT), se io ho un filamento di
RNA, con la catena di poliA, sfrutto un primer un PoliT, retrotrascrivo e a questo punto
mediante pcr, faccio i vari cicli, e ho retrotrascritto il mio mRNA e posso con il Polidt posso
retrotrascrivere tutti gli mRNA, e posso con una sola pcr ottenere un amplificato di una
molecola di DNA. Come faccio se ho un mRNA degli istoni? Che non hanno la coda di poliA. Ho
bisogno di un piccolo innesco che generalmente è di 3 nucleotidi, e posso quindi utilizzare i
random primers di 6 nucleotidi glie li metto nella reazione. Ha detto che lo rispiega nella
prossima lezione.
PT-PCR
L’altra volta vedemmo come si aveva l’amplificazione di un frammento di DNA. Ovviamente la
stessa tecnica possiamo utilizzarla per quanto riguarda tutti gli RNA perché, di fatto, abbiamo
la reverse trascrittasi: possiamo riportare una molecola di RNA ad una molecola di cDNA cioè
una singola elica che è una copia dell’mRNA. È come se dall’RNA tornassimo al filamento
stampo ma, siccome parliamo di un RNA maturo, non avremo la presenza di introni in quanto
la maggioranza degli RNA saranno già maturi a meno che non voglia prendere gli RNA del nucleo
che sono immaturi.
La RT-PCR ci serve quindi per andare a visualizzare i livelli o il tipo di trascritto che viene
generato: posso prendere cellule del sistema nervoso centrale che avranno una composizione
in esoni diversa dalle cellule del fegato, le quali presenteranno lo stesso trascritto ma con esoni
diversi. Quindi con questa tecnica posso ritrascrivere e ottenere la singola elica, quindi il cDNA,
che poi può essere amplificato per PCR. Bisogna fare una distinzione per
quanto riguarda questa tecnica:
1. Se parliamo di RNA
messaggero aggiungo una
codina (primer) di poli dT che si
legherà alla coda di poli-A
ottenendo la retrotrascrizione.
Ovviamente sto sempre
andando in direzione 5’-3’.
2. Se non conosco la sequenza
posso utilizzare dei random esameri come primer: questi 6 nucleotidi si legano in modo
casuale al mio RNA e daranno piccoli frammenti che possono sovrapporsi l’uno con
l’altro e, quando farò la PCR otterrò il prodotto.
3. Se conosco la sequenza dell’mRNA posso utilizzare un primer specifico quindi
direttamente andare a retrotrascrivere a partire da questo primer. Ottengo una copia
di DNA a singolo filamento dello stampo che poi utilizzerò per amplificare il filamento
di DNA.
Sostanzialmente quindi otteniamo il cDNA per amplificarlo. A questo punto si inizia
l’amplificazione fino ad ottenere il nostro amplificato. Di fatto entriamo nel sequenziamento
del DNA: posso sequenziare tutto ciò che è DNA.
SEQUENZIAMENTO DEL DNA
È una tecnica che permette di stabilire la sequenza delle basi di una molecola di DNA e che si
basa sull’utilizzo di nucleosidi modificati artificialmente. Se amplifico un frammento di genoma
so se all’interno c’è una mutazione oppure no; in questo caso se l’amplificato è un prodotto di
retrotrascrizione so cosa è accaduto all’RNA messaggero cioè se ha avuto editing, se ci sono
splicing alternativi, se è avvenuto uno splicing aberrante oppure posso calcolare i livelli di mRNA
e accoppiarli allo stato di cromatina. Vediamo cosa avveniva e
come viene svolto oggi:
prima potevo andare a
inserire un ddnucleotide
(privo del 3’OH) all’interno
della catena. Cioè andavo
a fare il prodotto di PCR,
quando inserivo il
ddnucleotide si interrompeva la polimerizzazione in quanto senza il 3’OH il gruppo fosfato non
può legarsi. A questo punto si marcava con radioattivo un particolare nucleotide: una volta ddA,
poi ddT, ddC e infine ddG. Adesso si sfruttava la TAC polimerasi: in un tubino si inseriva il ddTTP
marcato radioattivamente, in un altro il ddTP e così via come si in foto. Quindi quando si
inserisce la base marcata radioattivamente e con al 3’ solo l’idrogeno si blocca la reazione. A
questo punto si legge la sequenza per elettroforesi per sequenziare il genoma umano.
Ovviamente però era un processo molto lento e perciò si è iniziato ad ipotizzare una via molto
più veloce in quanto la biologia molecolare avanza rapidamente. Intorno agli anni 2000 si iniziò
ad eliminare la radiazione sostituendola con i fluorofori. Si faceva passare un raggio laser che,
via via che scorrono i frammenti, eccita il fluoroforo (diverso per ogni frammento) in modo da
osservare il colore della lunghezza d’onda di
emissione. Non si aveva più il gel separato ma
si aveva un’unica colonnina in cui via via che
passavano i frammenti con lunghezze d’onde
differenti il raggio laser li colpiva in modo da
identificare le basi molto velocemente: questo
è il CROMATOGRAMMA (si osservano i picchi di fluorescenza). Con questa tecnica si è passati
da leggere 150 nucleotidi alla volta a mille circa ogni volta. Anche in questo caso però il
processo era lento in quanto si poteva analizzare un frammento alla volta.
Siamo passati alla NEXT GENERATION SEQUENCING che ci permette di leggere l’intero genoma
in poco tempo. In questo caso non abbiamo più i diversi frammenti ma sfruttiamo quello che è
la reazione di polimerizzazione. Sappiamo che quando entra un nucleotide si va a legare e se
ne va via una molecola di pirofosfato, il gruppo fosfato si lega al 3’OH e libera uno ione idrogeno.
Questa liberazione implica variazione di pH. Il primo evento è detto ILLUMINA.
Entrava un nucleotide in cui il 3’OH era
modificato, si inseriva, emetteva
fluorescenza, veniva rimodificato, usciva
ed entrava un secondo nucleotide.
Questi venivano messi l’uno dopo l’altro
a 4 alla volta. Quindi a questo punto
posso leggere a mano a mano un intero
frammento di DNA. Successivamente si è ipotizzato: ma a me serve fare tutto questo processo?
No. Quindi si è pensato di andare ad aggiungere direttamente il
nucleotide e vedere se questo si lega oppure no:
PIROSEQUENZIATORE Che cosa faccio? Aggiungo la base, se la
base si lega va via un gruppo di pirofosfato. In presenza di
adenosina 5’fosfosolfato, l’ATP solforilasi converte il Ppi in ATP
che, a sua volta, guida la conversione della luciferina a
ossiluciferina con produzione di luce proporzionale alla quantità
di ATP. La luce prodotta viene rilevata e visualizzata con un picco
in un pirogramma. Ad ogni ciclo vengono aggiunti
sequenzialmente i 4 deossinucleotidi, quelli in eccesso vengono
degradati. ION TORRENT SEQUENCING Sappiamo però che da questa reazione
possiamo anche liberare uno ione idrogeno quindi cosa succede?
Dobbiamo inserire non più una reazione enzimatica che mi da
fluorescenza, ma semplicemente un elettrodo super sensibile.
Quindi ogni volta che aggiungo la base giusta, se ne va via una
molecola di pirofosfato e uno ione idrogeno: ciò determina
microscopiche e infinitesimali variazioni di pH. Ogni volta che entra
la base giusta ho un’acidificazione della soluzione, dunque, si ha un
pH-metro molto sensibile che lega l’emissione di protoni via via che
vengono aggiunte le basi.
ALL’ESAME CHIEDE UNA DI QUESTE 3 TECNICHE, LA STORIA NON INTERESSA.
Quindi attraverso queste tecniche posso sequenziare un frammento di DNA.
Ricapitolando: per quanto riguarda il pirosequenziatore ho la molecola di DNA a cui aggiungo i
ddnucleotidi che avranno una classica reazione. Si avrà rilascio di una molecola di pirofosfato
che, in presenza dell’adenosina 5’ fosfosolfato, converte l’APS in ATP e perciò per ogni molecola
di pirofosfato guadagno una molecola di ATP. A questo punto l’ATP, mediante l’azione
dell’enzima luciferasi, può interagire con la luciferina e l’ossigeno e fa in modo che la luciferina
emetta fluorescenza. Ogni volta quindi che si aggiunge il nucleotide giusto la macchina emette
una luce (per dare l’idea la luciferina è come se fosse una lucciola, brucia ATP in presenza di
ossigeno per emettere fluorescenza).
Abbiamo detto che quando retrotrascriviamo una molecola di DNA avremo una molecola a
doppio filamento alle cui estremità posso aggiungere degli adaptor, cioè delle sequenze note.
A questo punto posso far legare questi adaptor a delle sequenze che ho su una matrice. Quindi
dato che siamo nel mondo delle nanotecnologie posso prendere la matrice e legare ad ogni
punto del chip un filamento a singola elica, esattamente il complementare del mio adaptor.
Avrò a questo punto retrotrascritto tutto ciò che dovevo sottoforma di cDNA e ho aggiunto gli
adaptor a tutte le molecole; perciò, faccio avvenire una denaturazione sulla matrice. Avrò
quindi tanti filamenti di DNA a singola elica, ho perciò costruito una matrice completamente
ripiena di single strand. Dato che ad ogni punto ho un microelettrodo, cioè un lettore per il
pirosequenziatore, in automatico faccio avvenire la reazione di sequenziamento non più per il
singolo filamento ma in contemporanea vado a leggere un milione di sequenze. Potrò quindi
avere ad esempio un trascrittoma in poche ore. Questo è se ho una matrice, posso avere anche
una sfera, non solo.
Cosa accade? Immaginiamo di lisare due cellule in contemporanea, A e B, ottenendo la
mescolanza di tutto quello che c’era in A e in B. Posso però lisare separatamente le cellule:
faccio passare prima la cellula B e poi la cellula A attraverso un tubicino (per dare l’idea
immaginiamo l’espianto di un tumore, ovviamente ho diecimila cellule, non solo A e B). A
questo punto insieme all’adaptor posso inserire una sequenza nota per ogni cellula in modo
totalmente arbitrario e tutte andranno sul chip (le abbiamo sostanzialmente marcate con un
bar code per riconoscerle). Questo per far capire che attraverso questa tecnologia possiamo
marcare un trascrittoma di ogni singola cellula, non del tessuto come si faceva prima (questo
non lo chiede all’esame è solo per capire le potenzialità di questa tecnologia).
Questa è la generazione del cluster clonali. Quello
marcato è l’adaptor e quindi via via comincio a
sequenziare, quindi in un solo
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