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IL FINE VITA

Dobbiamo distinguere il rifiuto dalla rinuncia:

Il rifiuto riguarda un’azione che si pone in essere già all’inizio della proposta di seguire una

• terapia o meno;

La rinuncia si configura come la richiesta di sospensione di una determinata terapia.

Il medico può porsi in due modi difronte alla decisione del paziente:

- atteggiamento di accettazione acritica e passiva delle decisioni del paziente, ciò potrebbe

destare dei dubbi perché la relazione medico-paziente deve essere simmetrica, il medico ha

infatti il dovere di informare il paziente delle conseguenze della non accettazione della terapia.

- atteggiamento di responsabilità terapeutica, come è auspicabile, tenendo conto sempre delle

scelte del paziente, deve avere come interesse prioritario il dovere deontologico di curare e

tutelare la sua salute.

Quindi da un lato abbiamo il paziente che deve scegliere se curarsi o rifiutare/rinunciare alle

cure,dall’altra parte abbiamo il medico che deve decidere se curare o non curare. A tal proposito è

importante capire cosa è eticamente giustificabile e cosa è giuridicamente legittimo.

Non sempre, infatti, ciò che è eticamente giustificabile coincide con ciò che è giuridicamente

legittimo.

Dobbiamo analizzare una questione importante: la contrapposizione tra il diritto di morire e il

dovere di curarsi.

Abbiamo i punti di vista di 3 dottrine: libertaria, utilitaristica e personalista.

- Nella dottrina libertaria è l’individuo che decide autonomamente se la sua vita è degna di

essere vissuta a prescindere da una valutazione clinica. In tal tal caso non è riconosciuta

legittima l’obiezione di coscienza del medico, che toglierebbe al paziente la garanzia della sua

volontà di morire. Quindi al centro della dottrina abbiamo il principio di autodeterminazione e la

tutela non della salute ma della libertà del soggetto.

È giuridicamente legittimo il diritto di rifiutare le cure, ma. Non è eticamente giustificato il dovere

di curarsi.

- la dottrina utilitarista coincide per gli esiti della riflessione con la dottrina libertaria. Entrambe

sottolineano il principio di autodeterminazione e si allontanano dalla percezione della dignità

umana della dottrina personalista. Considera la salute un bene non individuale ma collettivo,

soprattutti se può beneficiare degli altri in termini di costi-benefici: se la terapia x rappresenta un

eccessivo costo in termini morali e sociali, non viene utilizzata

- La dottrina personalista mette al centro la dignità della vita umana. Questa solleva obiezioni

riguardo la lucidità del paziente al momento delle sue scelte: il paziente potrebbe essere

condizionato da uno stato di fragilità connessa alla malattia (ad esempio sente di essere un

peso per parenti). Quindi il paziente potrebbe pensare di avere non il diritto, ma il dovere di

morire.

Il ruolo del medico in caso di paziente nello stadio di fine vita:

Il medico deve informare adeguamente il paziente dell’assenza di altre alternative ed accertarsi

che abbia ben compreso quali sono le conseguenze della sua scelta.

Deve instaurarsi un’ALLEANZA TERAPEUTICA, in quanto se il medico si limita a prendere atto

della volontà del paziente in maniera impassibile verrebbe meno il dovere deontologico del

medico.

C’è bisogno di neutralità e direttività nel rapporto:

- Neutralità, che deriva dalla simmetria della relazione col paziente

- Direttività, legata alla sapienza e alla conoscenza del medico capace di informare

Il medico assistere il malato con cure palliative, accompagnandolo nel morire e non deve ostinarsi

a curare ad ogni costo e insorgere incurve inappropriate.

L’accettazione della volontà di morire del paziente non è da considerare un atto eutanasico, ma un

lasciar morire. CASO WELBY

Il caso welby è il caso di quest’uomo malato di sclerosi laterale amiotrofica che chiedeva di porre fine alla

propria vita non sopportando più le sue condizioni. Chiedeva di interrompere il trattamento sostitutivo.

Indicaandolo come accanimento terapeutico. Il consiglio superiore della sanità respinge la richiesta.

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Questo ritiene che da un punto di vista legislativo sia riconosciuto il principio di. Autodeterminazione, ma ne

afferma la problematicità nell’applicazione alla fine della vita.

Il medico di WELBY stacca il respiratore e viene accusato dell’omicidio dell’imputato. Tale medico ricorre

all’articolo 51 del codice penale che afferma la non punibilità per il medico che adempie al dovere di dare

sempre atto alle richieste del paziente, compresa quella di rifiutare le terapie. Il rifiuto delle terapie e

contemplato e previstonell’articolo 32: non ci si può sottoporre a trattamenti sanitari se non si è d’accordo, a

parte in caso di TSO.

Quindi non aveva senso accusarlo di eutanasia, perché il medico ha semplicemente accettato la rinuncia delle

terapie del paziente.

Differenza tra eutanasia e suicidio medicalmente assistito

Articolo 32 cita: “Il medico rispetta il diritto fondamentale del paziente di rifiutare un trattamento

medico e non agisce in modo contrario all’etica se rinuncia o rifiuta una cura desiderata.

Il codice deontologico medico italiano cita: “il medico su richiesta del malato non deve effettuare ne

favorire dei trattamenti finalizzati a provocare la morte”

Con queste due citazioni possiamo già concettualmente capire la differenza tra eutanasia e

suicidio medicalmente assistito.

L’eutanasia è l’azione intenzionale del medico di uccidere il paziente. Questa si può dividere

in eutanasia attiva volontaria e eutanasia passiva (o omissiva).

Si distingue in eutanasia con consenso e senza consenso:

L'eutanasia con consenso è l'atto eutanasico praticato su soggetti in grado di esprimere la

• loro volontà di morire (tecnicamente, anche se giuridicamente NON è accettato in Italia)

magari con l’iniezione di un veleno; quindi va contro il principio di non maleficenza.

l'eutanasia senza consenso si divide in involontaria e non volontaria.

• La non volontaria è il caso in cui il soggetto non sia in grado di manifestare il proprio

consenso e non lo ha comunque mai manifestato, quindi non si è in grado di

manifestarlo nel presente in caso di embrioni.

involontaria nel caso in cui il soggetto su cui viene praticata sia in grado di consentire

ma non esprime un consenso.

L’eutanasia passiva o omissiva si avvicina al concetto di "lasciar morire", cioè il rifiuto o la rinuncia

a cure proporzionate e non che si configurano con l'accanimento clinico e vi è come effetto

l'anticipazione della morte; quindi non bisogna confondere l'eutanasia omissiva con ciò che

eutanasia non è nel momento in cui si lascia morire per la sospensione dell'accanimento clinico.

Infatti la differenza sostanziale tra eutanasia e sospensione dell’accanimento terapeutico è: il

primo è la sospensione di cure proporzionate, la seconda è la sospensione di cure sproporzionate.

COSA NON É L’EUTANASIA?

-la medicina palliativa: Gli interventi che, non potendo più avere come obiettivo la guarigione del

paziente, cercano di aiutarlo alleviandone i dolori. Il medico che sta somministrando delle cure

palliative non sta procurando morte, non procura per cui

eutanasia. Anche se l'uso di sostanze farmacologiche può produrre un duplice effetto:

1) da un lato sedare i dolori del paziente;

2) nell'altro quello di destabilizzare l'equilibrio dell'organismo, e quindi accelerarne la

morte, ma in tal caso l’anticipazione è un effetto secondario non intenzionale (quindi non è un atto

eutanasico)

Il suicidio medicalmente assistito è una prassi legale non solo nei paesi che consentono

l'eutanasia volontaria (non quella involontaria o non volontaria senza consenso), ma anche in altri

stati del mondo dove non c'è l'eutanasia. Questa si distingue dall’eutanasia in quanto è un’azione

cooperativa in cui, dopo il consenso informato del paziente, il medico fornisce mezzi per

porre termina alla sua vita. 7

Legislatura:

Articolo 32 della costituzione: considera il bene salute come un bene comune; da parte del

paziente si ha il dovere di curarsi e ma ha anche il diritto di non sottoporsi alle cure, tranne nei casi

previsti dalla legge (nel caso in cui il soggetto è un pericolo per la società)

In Italia l'aiuto al suicidio è un reato in base all'articolo 580 del codice penale; L'articolo 580 del

codice penale, dopo la sentenza del 2019, non si può applicare ai casi in cui si presta aiuto di

suicidio ad un paziente con una di queste 4 caratteristiche:

1) è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, quindi è dipendente in maniera

perenne da una macchina;

2) è affetta da una patologia irreversibile, quindi inguaribile;

3) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili però è in grado di prendere

decisioni libere e consapevoli, quindi non è in stato vegetativo: ha coscienza. Quindi questa

dipendenza è data dalle macchine per vivere, ma non nel senso che la persona non ragiona, non è

cosciente e non può decidere.

Nel settembre del 2019 la Corte Costituzionale ha pronunciato la sentenza 242: stabilisce la

parziale incostituzionalità della norma 508 aprendo la strada alla disciplina dell’aiuto al suicidio da

parte del medico.

In particolare la corte è intervenuta nel caso di Fabiano Antoniani, 40enne che a causa di un

incidente stradale è rimasto tetraplegico, affetto da cecità bilaterale, dipendente da ventilatore

meccanico e alimentato artificialmente. Nel febbraio 2017 si reca in svizzera per il suicidio

assistito. La sentenza del 2019 dichiara non punibile l’accompagnatore poiché il paziente

presentava una delle 4 caratteristiche precedentemente elencate.

Attualmente, nell'ordinamento giuridico italiano non vi è alcuna norma che esplicitamente

regolamenta le questione bioetiche di fine vita, che risultano implicitamente "disciplinate"

dall'articolo 4 del codice civile che vieta atti di "disposizione del corpo" e degli articoli 575, 579,

580, 593 del codice penale (non sono importanti i "numeri" degli articoli, ma dovete sapere che

questi articoli rispettivamente vietano: l'omicidio, l'omicidio del consenziente e istigazione o

aiuto al suicidio o l’emissione di soccorso.

STATO VEGETATIVO:

Per stato vegetativo persistente si intende una condizione di grave compromissione del sistema

nervoso a livello corticale; questa condizione si manifesta con: uno stato

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
22 pagine
SSD Scienze mediche MED/43 Medicina legale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giu.abba01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Bioetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Recupero Monica Angela.