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FOLDING PROTEICO

Il ripiegamento delle catene polipeptidiche (folding) porta alla formazione della proteina nativa che svolge

una determinata funzione biologica

Quali sono le forze impiegate nel ripiegamento e nella stabilità della proteina nativa?

Tra le forze non covalenti:

1) Legami idrofobici: l’effetto idrofobico fa sì che le sostanze non polari riducano al minimo i loro

contatti con l’acqua e rappresenta l’elemento preponderante nella stabilità della struttura nativa di

una proteina. È un legame elettrostatico tra le catene laterali di 2 amminoacidi vicini

2) Van Der Waals: nelle porzioni interne molto compatte delle proteine native le forze di van der

Waals, di natura relativamente debole, hanno una rilevante influenza sulla stabilità. Queste forze

agiscono solo nell’arco di brevi distanze e quindi si perdono quando una proteina non è ripiegata.

Essendo forze molto deboli dobbiamo stare attenti all’azione di eventuali detergenti!

3) Legami a H: può sembrare sorprendente che i legami idrogeno, che costituiscono una peculiarità

fondamentale della struttura delle proteine, contribuiscano in minor misura alla stabilità delle

proteine. Questa scarsa rilevanza dipende dal fatto che i gruppi che formano legami idrogeno, in

una proteina non ripiegata, sono normalmente impegnati con le molecole di acqua (solvente); di

conseguenza, il contributo di un legame idrogeno alla stabilità di una proteina nativa sta tutto nella

piccola differenza tra le energie libere di formazione dei legami idrogeno tra lo stato nativo e quello

non ripiegato. Ciò nonostante, i legami idrogeno sono determinanti importanti della struttura delle

proteine native. Infatti, se una proteina si ripiegasse in un modo da impedire la formazione di un

legame idrogeno, l’energia di stabilizzazione del legame andrebbe perduta. Quindi, la formazione

dei legami idrogeno regola finemente la struttura terziaria «selezionando» la struttura nativa unica

di una proteina a partire da un numero relativamente circoscritto di conformazioni stabilizzate per

via idrofobica

4) Coppia ionica o ponte salino: l’associazione in una proteina di due gruppi ionici con carica opposta

è detta coppia ionica o ponte salino. La maggior parte dei residui carichi presenti nelle proteine è

composto da membri di coppie ioniche localizzate prevalentemente a livello della superficie

proteica. Nonostante la forte interazione elettrostatica tra gli elementi di carica opposta di una

coppia ionica, esse contribuiscono in misura limitata alla stabilità di una proteina nativa. Ciò è

riconducibile al fatto che l’energia libera posseduta dalle interazioni carica-carica di una coppia

ionica solitamente non è in grado di compensare la perdita di entropia delle catene laterali,

nonché quella di energia libera di solvatazione quando i gruppi carichi formano una coppia

ionica. Questo spiega il fatto che le coppie ioniche sono poco conservate tra le proteine omologhe

5) (*) Ponti disolfuro: sono legami tra 2 residui di cisteina che prevedono l’ossidazione del gruppo

SH, reazione catalizzata dalla disolfuro isomerasi. I legami disolfuro formano legami trasversali

(cross-link) nelle proteine extracellulari. I ponti disolfuro osservabili all’interno di una catena

polipeptidica o tra due catene polipeptidiche si formano quando una proteina si ripiega nella sua

conformazione nativa. Sono importanti per «bloccare» una particolare tipologia di ripiegamento

dello scheletro covalente man mano che la proteina procede dal suo stato completamente esteso

sino alla sua forma matura. I ponti disolfuro sono rari nelle proteine intracellulari in quanto il

citoplasma è un ambiente riducente; la maggior parte di essi si riscontra nelle proteine secrete

dalla cellula nell’ambiente extracellulare più ossidante. L’universo extracellulare è meno

controllato rispetto a quello intracellulare (temperatura e pH sono meno controllati), perciò la

presenza di ponti disolfuro diventa una necessità nel mantenere la proteina in una determinata

forma, altrimenti andrebbe incontro a modificazioni dettate dall’ambiente esterno, più ostile

6) Interazione con metalli sono importanti per stabilizzare un motivo. Nelle proteine che legano gli

acidi nucleici sono stati descritti almeno 10 motivi, noti come zinc-finger (dita a zinco); queste

strutture contengono da 25 a 60 residui disposti intorno a uno o due ioni Zn2+ coordinati secondo

una configurazione tetraedrica da catene laterali di Cys, His e talvolta Asp o Glu. Lo ione Zn2+

consente a tratti relativamente brevi di catena polipeptidica di ripiegarsi in unità stabili in grado

di interagire con gli acidi nucleici. Gli zinc-finger sono strutture troppo piccole per possedere

stabilità in assenza di Zn2+. Lo ione si adatta in modo ideale al suo ruolo strutturale nelle proteine

intracellulari perché:

- il suo guscio elettronico d completo gli permette di interagire in maniera forte con una gamma di

ligandi (zolfo, azoto o ossigeno) appartenenti a vari residui amminoacidici;

- lo zinco presenta un solo stato di ossidazione stabile (a differenza del rame e del ferro) e così nella

cellula questo elemento non può subire reazioni di ossidoriduzione

ASPETTO ENERGETICO DEL RIPIEGAMENTO:

Una proteina che si ripiega passa da uno stato di

elevata energia ed entropia a uno stato di bassa

energia e entropia.

Partiamo dalla catena polipeptidica che ha un’alta

energia→ inizia il ripiegamento→diminuisce il

disordine e l’energia proteina nativa ben

ripiegata e ordinata→ svolge la propria funzione

biologica→ denaturazione (CICLO VITALE)

Dal punto di vista termodinamico il processo di

ripiegamento può essere descritto come un

processo in cui l’energia libera ha un andamento a

imbuto

Le fenditure e le gole rappresentano le

Figura 1

conformazioni acquisite temporaneamente

Il continuo mantenimento di un insieme di proteine cellulari attive, necessarie in determinate condizioni, è

detto PROTEOSTASI. Questo processo cellulare richiede un funzionamento coordinato:

1) delle vie di sintesi e ripiegamento

2) della ripresa del processo di ripiegamento delle proteine rimaste parzialmente disavvolte

3) della rimozione e degradazione delle proteine irreversibilmente non avvolte

DENATURAZIONE E RINATURAZIONE DELLE PROTEINE:

Le basse stabilità conformazionali native rendono le proteine suscettibili alla denaturazione, alterando

l’equilibrio tra le forze deboli che mantengono la conformazione nativa. Le proteine possono essere

denaturate da una vasta gamma di composti o di condizioni:

• Il calore determina la denaturazione di molte proteine ad eccezione di quelle dei batteri termofili

• Le variazioni di pH determinano cambiamenti negli stati di ionizzazione delle catene laterali

alterando le proprietà dei gruppi che stabilizzano la struttura terziaria e quaternaria. Inoltre non si

formano correttamente i ponti salini

• I detergenti si associano ai residui apolari interferendo con le interazioni idrofobiche

• Gli agenti ione guanidinio e urea a concentrazioni tra 5 e 10 M aumentano la solubilità di sostanze

apolari in acqua disgregando le interazioni idrofobiche

• Agenti riducenti (β-Mercaptoetanolo o Ditiotreitolo) rompono (riducono) i ponti disolfuro delle

proteine

In generale una proteina per essere degradata deve ricevere un segnale→ Ubiquitina = segnale che

dice che quella proteina deve essere degradata→ la proteina viene idrolizzata e vengono liberati gli

amminoacidi. Quando una proteina non ripiegata correttamente viene idrolizzata, lascia libere le

catene laterali idrofobiche che legano altre molecole idrofobiche→ si formano degli aggregati proteici

che si accumulano nei tessuti patologie

ESPERIMENTO DI ANFISEN:

Nel 1957 Anfinsen (premio Nobel per la chimica nel 1972) dimostrò che la ribonucleasi A (RNasi A) poteva

essere denaturata in maniera REVERSIBILE. Lo scopo di Anfisen era di distruggere la struttura

tridimensionale dell’enzima e di determinare quali erano le condizioni necessarie per ripristinare la

struttura nativa. Egli comprese che:

1) In presenza di Urea 8 M e β-mercaptoetanolo l’RNasi A, una singola catena polipeptidica di 124

residui amminoacidici veniva completamente denaturata e i quattro ponti disolfurici scissi per via

riduttiva. Anfisen osservò poi che la ribonucleasi denaturata riacquistava lentamente l’attività

enzimatica, una volta che venivano allontanati per dialisi l’urea e il B-mercaptoenatolo. Se togliamo

un agente alla volta, la struttura della proteina non è quella nativa, si forma una proteina

enzimaticamente inattiva

2) la sequenza degli amminoacidi di un polipeptide contiene tutte le informazioni necessarie per

avvolgere la catena nella sua struttura tridimensionale, corrispondente al suo stato nativo. Ecco

perché la struttura terziaria è più conservata del codice genetico che codifica la proteina.

APPROFONDIMENTO SUI PONTI DISOLFURO: (*)

Il ripiegamento proteico è permesso dalla presenza di:

1) Ponti di solfuro: legame covalente catalizzato dalla disolfuro isomerasi. La proteina disolfuro

isomerasi agisce sia nella sua forma ridotta che nella sua forma ossidata:

- Forma ridotta: catalizza l'interscambio di ponti disolfuro non nativi per generarne di nativi: nella

sua forma ridotta l’enzima contiene due gruppi SH, se uno di questi perde un H, lo S diventa un

nucleofilo potente che attacca il ponte e lo rompe e si forma un nuovo ponte di solfuro tra il

residuo 1 e l’enzima→intanto il residuo tiolico in posizione 2 essendo nucleofilo attacca il ponte 3-4

formando un ponte 2-3→ resta libera il residuo tiolico in 4 che attacca il ponte tra il residuo 1 e

l’enzima, si libera l’enzima e si forma il nuovo ponte 1-4. Vengono formati i ponti disolfuro nelle

posizioni corrette

- Forma ossidata: La proteina disolfuro ossidata catalizza la formazione iniziale di ponti S-S

RIPIEGAMENTO ASSISTITO:

Esistono molecole che intervengono nell’assistere e correggere il ripiegamento. Tra queste molecole

ricordiamo:

• HSP (heat shock protein):

furono scoperte queste

proteine che assistono il

folding studiando cellule

sottoposte ad uno shock

termico→ durante questo

shock le proteine liberavano

grandi quantità di heat

shock proteins e la prima

individuata fu la Hsp 70→

Hsp 70 si lega a regioni dei

polipeptidi non ripiegate e

ricche di residui idrofobici

questo nuovo complesso

viene riconosciuta da Hsp

40, che idrolizza un gruppo

fosfato dall’ATP→ viene perso un gruppo fosfato, quindi una carica negativa→ allora il complesso

inizia a chiudersi intorno alla proteina non foldata e

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
223 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elisananni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Calonghi Natalia.