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Sull'emoglobina, infatti, questa molecola si inserisce tra le estremità delle catene beta perché tra queste
estremità incontra otto gruppi amminoacidici carichi positivamente con cui la molecola può stabilizzare
legami ionici e questi 8 amminoacidi appartengono 4 alla sub-unità beta1 e 4 alla sub-unità beta2: alcuni
di essi sono due lisina 82, due istidina 146 e la carica positiva dell'estremo ammino-terminale delle catene
beta. Nella transizione T → R le due sub-unità beta si avvicinavano, infatti abbiamo la riduzione del canale
all'interno delle 4 strutture, i due protomeri scivolano e ruotano e le due catene beta si avvicinano
enormemente stringendo questo canale. Durante l'avvicinamento l'acido 2,3-bisfosfoglicerato viene
espulso dalle catene beta perché non trova quello spazio ionico necessario per l'interazione con le cariche
positive delle due catene. Quindi, questo acido stabilizza la forma T perché impedisce, con un
meccanismo proprio di impedimento sterico, l'avvicinamento delle due catene beta che, invece,
l'ossigenazione naturalmente causa; in assenza dell'acido i due protomeri si avvicinano grazie proprio al
collassamento delle sub-unità beta1 sulla beta2 perché appunto manca questo blocco molecolare che
normalmente dunque impedisce lo scivolamento.
Tale acido, rispetto agli altri effettori allosterici negativi, è la molecola che in misura maggiore concorre a
regolare l'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno: la concentrazione dell'acido è un fattore determinante
nel regolare tale affinità infatti questa concentrazione aumenta enormemente a basse pressioni parziali di
ossigeno dando luogo al fenomeno che prende il nome di adattamento alle altitudini. Quando andiamo in
alta montagna capitano giramenti di testa, affaticamento e ciò è dovuto ad un deficit di ossigeno perché
la pressione parziale nelle alte altitudini non è 100 mmHg come a livello del mare quindi, in alta
montagna, l'emoglobina non si ossigena completamente a livello polmonare, come accade appunto a
livello del mare, infatti a 4500m la pressione parziale dell'ossigeno non è di 100mmHg e il livello di
ossidazione dell'emoglobina è pari all'80% quindi è molto meno satura di ossigeno. Ciò significa che a
livello alveolare quando l'emoglobina, a 80mmHg a 4500m, passa dalla condizione alveolare a quella
tissutale che resta sempre 30mmHg la quota di ossigeno rilasciata dall'emoglobina è molto meno rispetto
a quella che l'emoglobina può rilasciare a livello del mare perché parte da una condizione di saturazione
polmonare che è molto inferiore. I primi due giorni ovviamente non ci sentiamo molto bene perché i nostri
tessuti non sono ben ossigenati, il 30% di ossigeno rilasciato è molto più basso del 40% che normalmente
il tessuto dovrebbe avere. Come risponde l'organismo? L'unica cosa che può fare è diminuire l'affinità
dell'emoglobina per l'ossigeno aumentando la concentrazione dell'acido 2,3bisfosfoglicerato, infatti in alta
montagna il globulo rosso, a causa del deficit di O2, converte molto più glucosio in acido 2,3-
bisfosfoglicerato, dunque la concentrazione aumenta da 5mM a 8mM e di conseguenza l'equilibrio di
legame dell'acido con le catene dell'emoglobina aumenta, l'equilibrio tra forma R e forma T viene
spostato verso la forma T e questa riduzione di affinità dell'emoglobina per l'ossigeno consente di
rilasciare a livello tissutale il 37% di ossigeno, non più il 30%, cioè quasi quanto l'emoglobina ne rilascia a
livello del mare. L'acido 2,3 BISFOSFOGLICERATO è un fattore la cui concentrazione viene modulata dal
globulo rosso in relazione alla pressione parziale esterna. L'emoglobina A1 cioè alfa2/beta2 non è l'unica
forma di emoglobina che l'organismo riesce a sintetizzare; a livello fetale l'emoglobina beta è sostituita
dall'emoglobina gamma che è molto simile strutturalmente e funzionalmente alla beta ma in particolare
presenta alcuni amminoacidi differenti e ha una sostituzione amminoacidica in uno di quei punti critici
necessari al legame con l'acido. Un esempio è infatti la istidina 143, con carica positiva, che è sostituita
dalla serina che ha invece un -OH fenolico che può dissociarsi come O- e quindi la catena gamma della
emoglobina fetale ha due gruppi carichi positivamente in meno, poiché non c'è più l'istidina 146 e viene
anche sostiuita con un amminoacido carico negativamente e ciò significa che l'acido 2,3-bisfosfoglicerato
si lega molto più difficilmente all'emoglobina fetale e quindi essa è molto poco legata a tale acido e, visto
che esso spostava verso destra la curva di saturazione dell'emoglobina riducendone l'affinità per
l'ossigeno, l'assenza di tale acido o la sua più bassa concentrazione produce uno spostamento della curva
di ossigenazione verso sinistra, quindi aumento dell'affinità per l'ossigeno. Tutto ciò giustifica
perfettamente il ruolo di tale proteina a livello fetale poiché il feto satura la proprio emoglobina a livello
tissutale a bassi valori di pressione parziale di ossigeno perché raccoglie appunto l'ossigeno rilasciato
dall'emoglobina a 30mmHg in ambiente venoso (il cordone ombelicale). Se il feto non avesse
un'emoglobina molto più affine rispetto all'emoglobina adulta mai e poi mai ci sarebbe questa transizione
di ossigeno dall'emoglobina materna a quella fetale poiché 30mmHg, per l'emoglobina normale, significa
bassa affinità per l'ossigeno con rilascio del 40%. infatti, se l'emoglobina adulta sarebbe nel feto non
sarebbe in grado di legare ossigeno a quelle condizioni e ciò avviene perché la globina beta
dell'emoglobina fetale è sostituita da una globina diversa,
molto meno affine per l'acido 2,3-BISFOSFOGLICERATO. Il feto quindi ha un equilibrio T → R molto più
spostato verso R proprio per l'assenza dell'acido (o minore quantità). Quindi l'acido rende conto della
modulazione dell'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno in due condizioni: l'adattamento alle alte quote e
la possibilità che ha il feto di legare ossigeno a 30mmHg e rilasciarlo ai tessuti dell'embrione in crescita in
cui la pressione parziale è intorno ai 10mmHg. 2. IDROGENIONI e IL PH
L'influenza del pH sull'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno prende il nome di Effetto Bohr e questo
effetto viene spiegato in tali termini: l'emoglobina ossigenata è più acida dell'emoglobina de-ossigenata
(principio dell'effetto Bohr). L'emoglobina ossigenata, la forma R, rilascia più H+ dell'emoglobina de-
ossigenata, che è la forma T, anzi quest'ultima accetta H+. Tale transizione di cedere o accettare
idrogenioni dipende dal pKa di alcuni amminoacidi. Il pK di un amminoacido è chiaramente quel valore di
concentrazione idrogenionica in cui l'amminoacido ha carica netta pari a zero, il che non significa che non
abbia carica ma che avrà una carica positiva sul gruppo amminico esattamente compensata dalla carica
negativa sul gruppo carbossilico. Quando un amminoacido viene inserito in una soluzione con pH
maggiore del suo pK la proteina cede H+; se l'amminoacido viene in inserito in una soluzione con pH
minore rispetto al suo pK la proteina acquista H+ dal mezzo; se l'amminoacido è inserito in una soluzione
con pH assolutamente identico al proprio pK allora avrà carica netta pari a zero, non cede né acquista
protoni (la carica netta del gruppo amminico si compensa perfettamente con la carica netta del gruppo
carbossilico). Nel definire l'emoglobina acida dobbiamo immaginare che nella conformazione R il pK di
alcuni amminoacidi è sicuramente inferiore rispetto al pH del mezzo. Analogamente dobbiamo ipotizzare
che in forma de-ossigenata, quando secondo Bohr la proteina è meno acida, l'equilibrio è spostato verso T
perché evidentemente in tale forma ci sono amminoacidi il cui pK è superiore al pH del mezzo. Siccome
sappiamo che la conformazione T ed R è molto differente, poiché nella conformazione R si perdono otto
ponti salini e alcuni legami a idrogeno, evidentemente la rottura di questi ponti salini ha qualche effetto
sul pK dell'amminoacido. La variazione, quindi, di conformazione dalla forma T alla forma R deve
abbassare il pK di questi amminoacidi al punto tale che, anziché acquistare protoni, si trovino nelle
condizioni di doverli cedere. Dobbiamo quindi tenere in considerazione, per spiegare l'effetto Bohr, questo
binomio: pH del mezzo e pKa degli amminoacidi. Entrambi i casi sono importanti perché per il pH, a livello
tissutale, il metabolismo di tutti i tessuti che vengono irrorati è molto più alto rispetto al metabolismo
delle sole cellule a livello alveolare e quindi la produzione di H+ a livello tissutale è sicuramente maggiore
rispetto al livello polmonare, infatti a questo livello ci limitiamo a considerare il metabolismo delle sole
cellule di tale tessuto (quindi produzione di H+ sicuramente differente in questi due estremi). Dobbiamo
anche considerare il valore di pKa di alcuni amminoacidi che sono coinvolti nella transizione T → R e
dobbiamo vedere se in tale transizione c'è qualche amminoacido in cui il pK si abbassa notevolmente. Gli
amminoacidi coinvolti in tale transizione sono essenzialmente due, in particolare: - l'istidina 146 è carica
positivamente per l'anello imidazolico, e nella de-ossiemoglobina è legata non solo come estremità
carbossi-terminale alla lisina 140 ma è anche impegnata in un legame intramolecolare. Tale ponte salino
intramolecolare è organizzato con l'acido aspartico: il gruppo carbossilico dell'acido aspartico stabilizza la
carica positiva dell'istidina
aumentando (nella configurazione T) di molto il pK di questa istidina. Normalmente il pK di quest'ultima è
7.4, in condizioni normali chiaramente, ma nella deossi-emoglobina, quando l'istidina è legata all'acido
aspartico la carica netta positiva va ad aumentare il pK fino ad 8: ciò vuol dire che gli H+ a livello
tissutale, prodotti dalla respirazione cellulare, possono essere tamponati dall'istidina della globina beta in
cui il valore del pK in questa condizioni è maggiore della concentrazione idrogenionica. A livello tissutale,
quindi, gli H+ prodotti dal metabolismo vengono rapidamente legati, acquisiti, dall'istidina distale 146
delle due catene beta perché è proprio il legame con l'acido aspartico ad aumentare il pK
dell'am