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Chiesa”. Rifiutando le limitazioni al suo potere, il pontefice chiuse il
concilio. I movimenti conciliaristi vennero sconfitti solo nel 1449 e il
potere venne riaccentrato nelle mani del nuovo papa Niccolò V.
Dopo la morte di Federico II, si chiudeva la dinastia degli Hohenstaufen e
iniziò un periodo di instabilità politica con governi brevi tra il 1254 e il
1273. Venne eletto, poi, definitivamente Roberto d'Asburgo che
intraprese un programma che rendesse l'impero sempre più improntato
sullo stampo germanico. Tra i suoi successori principali troviamo Alberto
I; Enrico VII di Lussemburgo, incoronato nel 1312 dal Papa dopo che a
capo dei ghibellini, affrontò i guelfi, e per cui morirà nel 1313; Ludovico
IV di Baviera, chiamato il Bavaro, che scese in Italia in una spedizione nel
1323 in cui venne scomunicato, e poi nel 1327 quando riuscirà ad essere
incoronato dall'aristocrazia romana; e Carlo IV di Lussemburgo.
Quest'ultimo sancì con la “Bolla d'oro" che il potere elettivo imperiale
fosse affidato a sette principi, chiamati "grandi elettori", quattro laici e
tre ecclesiastici. Fu proprio la questione della successione al trono dopo
la sua morte a scatenare uno dei conflitti più celebri del XIV e del XV
secolo, chiamato “Guerra dei Cent’anni". Nel bel mezzo di un assetto
politico di contesa dell'egemonia europea, la scintilla del conflitto si era
innescata dalla tensione politica tra Inghilterra e Francia accesasi dopo la
vittoria nel 1214 del re francese Filippo II sull'Inghilterra. Le cause
principali della guerra furono essenzialmente due: la condizione di
vassallaggio dell'Inghilterra, che possedeva il territorio francese della
Guienna, nei confronti della Francia; l'eredità regia alla morte di Carlo IV
contesa tra i nobili francesi e il re inglese Edoardo III, nipote del defunto
re. Quando però i francesi elessero come loro sovrano Filippo VI di Valois,
Edoardo III sbarcò in Francia nel 1337 per rivendicare il suo diritto di
acquisire il governo francese e dando ufficialmente inizio alla guerra. La
prima battaglia critica avvenne nel 1346 a Crecy. Dopo un periodo di
equilibrio, la guerra si riaccese nel 1356 con la battaglia di Poitiers in cui
gli inglesi vinsero e catturarono il re francese Giovanni II. Il secondo
periodo di tregua, concordato nel 1360 con la pace di Bretigny, durò fino
al 1369 quando Carlo V limitò i rifornimenti all'Inghilterra. La terza e
ultima fase della guerra degenerò proprio nel cuore della Francia quando,
dopo che Carlo VI venne dichiarato incapace di governare per malattia, il
potere fu conteso tra il duca di Borgogna Filippo l'ardito, i cui seguaci, i
borgognoni, erano filoinglesi, e il duca di Armagnac Luigi d’Orleans,
riferimento per gli Armagnacchi. Nello scontro civile, i borgognoni
richiesero sostegno militare a Enrico V di Lancaster, re d'Inghilterra, che,
accorso in loro aiuto, sconfisse le truppe francesi nel 1415 nella battaglia
di Azincourt e nel 1420 stipulò il trattato di Troyes in cui si aggiudicò la
mano della figlia di Carlo VI e si dichiarò futuro sovrano di Francia. Fu
proprio quando gli inglesi cinsero Orleans, dove Carlo VII di Valois
esercitava il proprio controllo sulla regione della Loira, che subentrò la
figura salvifica di Giovanna d’Arco, detta la Pucelle, motivata a scacciare
dalla Francia gli inglesi e a guidare l'esercito francese. Liberata Orleans e
riuscita nel far incoronare a Reims Carlo VII, tuttavia, non riuscì a liberare
Parigi, che si era schierata con la fazione nemica, e venne catturata nel
1430. Una volta venduta agli inglesi, la giovane paladina venne bruciata
sul rogo con l'accusa di stregoneria. Ciononostante, non era ancora
svanito quello spirito di unione e patriottismo che aveva riconciliato gli
animi della Francia. Così nel 1435, Filippo il buono, duca di Borgogna, si
riavvicinò al re di Francia e cambiò le carte in tavola. Nel 1453, la rivalsa
di un'intera popolazione riunificata, scacciò gli inglesi dalla Francia e
pose fine alla guerra.
Dopo la Guerra dei Cent’anni, un altro conflitto prese piede in Inghilterra.
Tutto iniziò dopo la fine della dinastia dei Plantageneti e dopo
l’incoronazione di re Riccardo II. Il suo successore, il duca Giovanni di
Gand inaugurò il governatorato di una nuova casata, quella dei Lancaster
a cui appartennero anche i successivi sovrani quali Enrico IV, Enrico V e
Enrico VI. L’ultimo dei Lancaster, essendo malato mentalmente, fu
affidato al duca di York Riccardo. La casata degli York si schierò contro
l’instabile politica dei Lancaster così da scatenare la cosiddetta Guerra
delle Due Rose (York= rosa bianca, Lancaster= rosa rossa). Lo scontro
durò dal 1455 al 1485 quando venne eletto Enrico VII, membro della
casata dei Tudors.
Il Portogallo divenne ufficialmente un regno a sé nel 1139 quando si
staccò dal regno di Castiglia e Leon e elesse suo sovrano Alfonso I di
Borgogna, promotore di una nuova dinastia reale che si concluse nel
1385 con l’arrivo di una nuova dinastia, quella degli Aviz. Di questa,
soprattutto Enrico il navigatore promosse lo sviluppo di una potenza
navale e commerciale.
Dall’indipendenza ottenuta dal Portogallo, oltre a questa, i regni a
comporre la penisola iberica erano 3: quello di Castilla e Leon, da cui si
separò il Portogallo; il regno d’Aragona e il regno di Navarra. La
Reconquista non solo aveva unito l’intera penisola contro il popolo
islamico, ma aveva allo stesso tempo frammentato il territorio in diversi
centri di potere locali di stampo feudale, chiamati “estados” in cui le città
erano alleate in una diversa lega, chiamata hermandad. La reale ed
effettiva unificazione della grande regione iberica avvenne solo dopo il
1469 quando convogliarono a nozze Isabella di Castiglia e Ferdinando II
d’Aragona. I due sovrani, pur non unendo effettivamente i due regni,
rappresentarono pur sempre un unico organismo politico. L’alleanza si
prodigò nell’intento di azzerare il potere islamico sulla penisola iberica e
annettere alla coalizione l’ultimo tassello, dopo il regno di Navarra, che
mancava al domino completo della Spagna, cioè Granada. Nel 1483, fu
instituito il tribunale della Santa Inquisizione affidato al domenicano
Tomas de Torquemada per intraprendere un programma di persecuzioni
nei confronti di ebrei e musulmani. Una volta espulsi dal regno gli ebrei, i
musulmani vennero allontanati e nel 1492 Granada fu conquistata. Il
completamento del programma espansionistico venne ultimato
definitivamente nel 1512, con la conquista del regno di Navarra.
L’Italia tra il Duecento e il Trecento si era configurata geograficamente in
un mosaico di diverse realtà politiche, influenzate profondamente anche
dal decorso della crisi economica. Le 3 fasce regionali della penisola
(settentrionale, centrale e meridionale) si trovavano nel mezzo di un
delicato equilibrio politico e territoriale che stava per essere
scombussolato dalle mire espansionistiche dei governi locali. Nel Sud
dell’Italia, l’area insulare era controllata dal dominio aragonese, mentre
in quella peninsulare si estendeva il regno di Napoli, controllato dagli
Angiò. L’Italia centrale accoglieva il potente Stato della Chiesa. I confini
alpini costeggiavano a nord-ovest il Marchesato di Salluzzo, il marchesato
di Monferrato e la contea di Savoia, e a nord-est il vescovado di Trento e
il patriarcato di Acquileia. Il centro-nord era frammentato in diversi
Comuni che, a seguito della sconvolgente crisi economica e
dell’instabilità politica che ne derivò, provvidero a instaurare politiche di
accentramento di potere in modo che con un governo permanente si
potessero evitare continui cambiamenti degli organi istituzionali,
legislativi e politici. La speranza di ritornare a una condizione di stabilità
sfociò, infine, alla formazione di diversi modelli politici autoritari quali
Signorie, Oligarchie e governi comunali protratti. I governi oligarchici,
erano retti dalle potenti famiglie aristocratiche e borghesi con
successione ereditaria. Altri Comuni, come Firenze, concordarono la
proroga delle cariche politiche oltre il limite di tempo stabilito dalla legge.
Le Signorie cittadine, invece, contavano sul governo di una figura di
prestigio e di influenza politica, che poteva essere un capitano di popolo,
un capofazione guelfo o ghibellino, oppure un semplice aristocratico. Con
il passare del tempo, tuttavia, il potere signorile assunse sempre più una
connotazione assolutista così da essere concentrato tutto nelle mani del
signore. Egli si impossessò delle milizie cittadine, delle sedi istituzionali,
e rese la sua corte un centro di cultura per la cittadinanza. Arrivò perfino
a farsi riconoscere dallo stesso imperatore la carica di vicariato
attraverso l’attribuzione di un titolo nobiliare, come duca, marchese o
principe, il che rendeva la sua posizione politica dipendente
dall’approvazione dell’imperatore e non dei cittadini. Il ruolo di signore
era ormai divenuto una carica dinastica e il suo governo un principato.
Ambiziosi di espandersi, i vari regni d’Italia si contesero in dure lotte il
territorio della penisola fino a che non se ne affermarono solo alcuni, tra
questi Milano, Venezia e Firenze.
Il regno di Milano basava la sua economia essenzialmente sul settore
agricolo, tessile e metallurgico. La popolazione contava all’incirca
100.000 abitanti. Protagonisti della lotta politica per il potere erano la
famiglia guelfa dei Della Torre e quella ghibellina dei Visconti.
Riconosciuti vicari dall’imperatore Enrico VII, i Visconti intrapresero una
politica espansionistica arrivando fino in Toscana grazie al governo del
duca Gian Galeazzo Visconti, ma poi sconfitti nel 1427 a Maclodio sotto il
governo del figlio di Gian Galeazzo, Filippo Maria. Il sangue dei Visconti
verrà comunque trasmesso alla dinastia successiva, nata da Francesco
Sforza, marito di Bianca Maria Visconti.
A differenza del governo di Milano che era affidato a una famiglia
nobiliare, Venezia, in quanto Repubblica, era amministrata da un organo
politico, chiamato Gran Consiglio, approvato dal voto popolare.
Nonostante l’appartenenza all’istituzione dipendesse dal consenso
comune dei cittadini, con il tempo i requisiti per farne parte
aumentarono, come ad esempio con la Serrata del Maggior Consiglio del
1297 che consentiva l’accesso al consiglio solo agli iscritti al Libro d’oro,
l’elenco di tutti i nobili, oppure con il Consiglio dei Dieci del 1310 che
consentiva l’accesso al consiglio a una cerchia ancora più ristretta.
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