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CROCIERE TRANSATLANTICHE DI ITALO BAUDO:
1. Prima impresa: verso il Brasile.
2. Seconda: verso Chicago.
1933: INAUGURATA TRIENNALE DI MILANO
- esposizione universale delle arti decorative.
- elementi dedicati al trasporto.
- parte dedicata alla aereonautica.
- lavori di allestimento composti da Giorgio De Chirico.
- eccessivo costo.
1934: MARGHERITA SARFATTI INAUGURA IL PADIGLIONE DELLA RIEDIZIONE DELLA CHICAGO
WORLD’S FAIR.
- produzioni artigianali.
- grande plastico in vetro moderno.
- “Villaggio Italiano”, riassunto degli stereotipi che riguardavano l’Italia, non fecero un
successo straordinario e si rafforzano le relazioni con gli USA.
1933-35: ROCKEFELLER CENTER: palazzo italiano a New York.
- elementi fascisti
- ora non è rimasto più nulla di Italiano, l’arte italiana viene esposta nelle Gallerie delle
belle arti (MUSSOLINI SPONSORSHIP OF ARTS SHOWS).
1939: GOLDEN GATE EXHIBITION: a San Francisco viene costruita un’isola artificiale dove vengono
esposti tutti i padiglioni principali, da qui nasce l’idea di DisneyLand.
- statua di Vittorio Emanuele 2
- obiettivo di promuovere il mercato della borghesia, vengono collezionati “Masterpieces of
italian arts” da San Francisco a Chicago.
- Vengono adottate scelte di tutela specifiche e trasportate su transatlantico.
- Donatello, Caravaggio, Botticelli crearono un successo straordinario, così venne creata una
mostra itinerante da Chicago fino a New York.
NEW YORK WORLD’S FAIR: 1930-1940
Il padiglione italiano è un monumento fascista, con la guerra che scoppiò fu congelato e recuperato
solo dopo il conflitto con una considerazione nuova rispetto a quella positiva precedente.
CAPURRO- Lezione 7
Metafisica e artisti metafisici
Momento specifico che possiamo chiudere in un’esperienza di meno di 20 anni, iniziata del 1907 e
terminata allo scadere della Prima guerra mondiale.
Il primo artista che citiamo è Giorgio De Chirico e il fratello Andrea, o meglio conosciuto come
Alberto Savinio. Figli di un ingegnere che si occupa di infrastrutture ferroviarie in Grecia, alla morte
del padre lui e il fratello si dedicano allo studio delle arti. De Chirico frequenta l’accademia d’arte in
Germania, e il fratello musica al conservatorio.
Le esperienze di De Chirico in Germania saranno modo per avvicinarsi alla pittura di Burkville e al
pensiero di Nietzsche. Per quello che riguarda Nietzsche, De Chirico rimane colpito dalle domande
sulle certezze, il mettere in dubbio saperi consolidati, artista che cerca anche nella pittura un mezzo
per esprimere quel mettere in discussione le conoscenze, ponendo nuovi dubbi su di essa.
In “Autoritratto” del 1911, si ritrae nell’opera così detta del filosofo che vuole sottolineare il suo
interesse sulla riflessione, e su una nuova elaborazione dell’arte.
Il mondo della metafisica si può sintetizzare nell’opera “L’incertezza del poeta”: racconta che nel
1907 si trovava in visita da uno zio a Firenze ed ebbe una grave malattia, trovandosi in piazza Santa
Croce ebbe quasi una visione, piazza aperta che sembrava uno spazio infinito, e da quel momento
ha iniziato a realizzare le sue opere d’arte. Probabilmente questa storia non è vera, ma fa parte del
pensiero metafisico, una sorta di mitologia della bibliografia.
Nel 1913 realizza “Ariadna”, dipinto con colori persi, piano inclinato, treno sullo sfondo, architettura
non reale, come anche in “La stazione di Montparnasse”.
Guardando questi dipinti distinguiamo tutti elementi del mondo reale, sono tutti perfettamente
riconoscibili singolarmente, ma una lettura di quest’opera è impossibile. Sappiamo leggere gli
elementi letteralmente, ma non possiamo dare un’interpretazione plausibile. Lui dice che è inutile
cercare di dare un senso a queste opere, che sono in una lingua senza un senso, vuole produrre una
composizione che ha in sé una sua armonia, che non è data da elementi puntuali. Le architetture
sono degli esoscheletri, anche quando l’edifico è maggiormente compiuto, dettagliato, non
capiamo la funzione, è una costruzione immaginaria, tuttavia piuttosto evocativa.
In questi anni nella sua pittura ricorre la presenta del treno come omaggio al lavoro del padre, ma
anche in relazione e in opposizione al treno interpretato dai futuristi. Nella sua pittura il treno è
elemento compositivo, agganciato sia alla sua bibliografia ma poi contestualizzati in maniera
azzardata.
A Parigi ebbe modo di conoscere il poeta Apollinaire, e Picasso. Nella città con il primo si crea una
vera e propria amicizia, e una certa solidarietà dell’interno della narrazione di una nuova poetica. Il
fratello di De Chirico, individua nella pittura, nella poetica e nella musica, una triade di arte.
Apollinaire cerca di stravolgere la forma della poesia, che hanno le arti figurative, immagine visiva,
attraverso il verso che viene composto in maniera pittorica sul foglio.
L’opera è “Ritratto di Apollinaire”, ombra sullo sfondo che è evidentemente un profilo sconosciuto.
È importante sapere che il titolo all’opera fu data in accordo con Apollinaire, non era un suo
ritratto, ma lui nel momento in cui acquisisce l’opera dice che è un suo ritratto sebbene non lo
fosse. Il tutto fa parte dell’auto mitologia, ci porta in parallelo con il discorso dei surrealisti. Creare
un racconto che non coincide con il reale, metafisico, al di la del concreto misurabile.
Allo scoppio della guerra si trasferisce in Italia, fu richiamato in guerra nella leva. Anche grazie alla
grande influenza che aveva, la madre prese casa a Ferrara e riuscì ad assegnare il figlio in una
caserma, non andando così mai al fronte. In un ospedale conobbe Carlo Carrà. Gli anni di Ferrara
sono considerati anni dove la metafisica trova una sorta di centro dove gli artisti si riconoscono, nel
concetto di cambiare e di usare elementi nuovi. Gli artisti sono il
fratello, ma anche Carlo Carrà e Giorgio Morandi.
In questa opera, “Il doppio sogno di primavera”, troviamo un dipinto nel dipinto. Inserisce
l’immagine delle statue, spesso acefale che rimandano alla scultura classica, spesso figure del
manichino, immagini che evocano la figura umana, aspetto antropomorfo, ma completamente
slegate dallo spazio e dal tempo, non hanno nessuna personalità. (Anche in questo dipinto cemento
bibliografico, i biscotti che mangiava. Ferrara e che riproduce in diversi dipinti, in un contesto senza
senso.)
Nell’opera “The Evil Genius of a King “(a sinistra) troviamo una pizza, come piano inclinato, che si
staglia su un’architettura di un edifico misterioso, e che mette in discussione anche la realtà,
elementi che non potrebbero stare su una superficie, come la sfera. Stravolge il canone della realtà
con elementi chiari riconoscibili.
Nell’opera “Le muse inquietanti”, (a destra) il luogo è architettura riconoscibile, castello Estense,
ma totalmente decontestualizzato, personaggi senza vita. Vicino al Catello c’è una fabbrica con alte
ciminiere che non ha nessun nesso logico con la scena, né con l’ambiente. Il cielo verde rende tutto
ancora più lontano dalla realtà. Radici nella tradizione umanistica italiana, guarda anche alla
classicità rinascimentale, come la città ideale di Urbino.
Altro elemento corrente è l’elemento delle carte geografiche (a sinistra), dove identifichiamo terre
emerse e mare, elementi che ci dicono che il territorio è in rilievo o pianeggiante. Si tratta di una
trasposizione ideale di un mondo concreto, sono tutte convenzioni poste per rappresentare una
realtà. Ritroviamo ciò nell’opera “La malinconia della partenza”.
Giorgio Morandi con “Natura morta” del quale identifichiamo subito la nota poetica, che riduce
elemento figurativo i colori al minimo, riprende la traduzione antica della natura morta, ma in
oggetti che non hanno nessuna correlazione, non è natura morta vegetale, ma oggetti che
riprendono il mondo metafisico, come la testa di manchino. Predilige ambienti chiuse, essenzialità
della forma.
Carlo Carrà (a sinistra) anche nel suo caso, rappresenta elementi che riportano ad una realtà
concreta, elemento della pesca dell’opera “La camera incantata”. Parrucchino che si pone su una
testa che sembra essere sempre quella di un manichino. Se vedessimo l’opera la assoceremmo a De
Chirico, stesso modo d’ideale.
La differenza è che Carrà nelle figure umane non sceglie un manichino del tutto impersonale, ma li
caratterizza con eventi che richiamano la contemporaneità, come in “Musa Metafisica”. Gioca con i
contrasti, uguale a De Chirico è l’aggiunto di una carta geografica, che non è reale,
ma rappresentazione di una realtà che non c’è. Elementi incongruenti, piramide posta nel mezzo di
diversi colori, posta vicino a delle architetture che sono totalmente fuori scala rispetto al luogo
interno, in una stanza della quale leggiamo delle parti. Evocazione del reale è chiara, che però se ne
cerchiamo una lettura non possiamo darla.
Carlo Carrà negli anni ha un percorso progressivo verso il ritorno all’ordine e lo vediamo nelle sue
opere successive dove le sue figure si stagliano in paesaggi maggiormente coerenti. Come in “La
figlia dell’ovest” e “Il figlio del costruttore”, dove il personaggio ha un suo corpo anche se un po’
geometrizzato, ma che comunque ci porta verso nuovi anni, e che allontana completamente Carrà
da quella anche è stata l’esperienza metafisica. Proprio in quegli anni attraverso i valori classici, il
contrario della metafisica è il futurismo.
Carrà alla XVI Biennale di Venezia del 1928, prova ad ingannare le solitudini astratte della metafisica
e la nuova cubatura paesistica.
De Chirico fa la sua maggiore esposizione all’intento della Casa d’arte a Bragaglia, dove ruotano altri
moventi, ma che diventa anche la culla dove la metafisica trova un suo spazio.
Dopo la Prima guerra mondiale gli artisti si spostano a Parigi e diventano il gruppo di artisti italiani
in Francia, tanto che la biennale di Venezia propone gli italiani parigini dove questi artisti sono
immersi nel mondo del collezionismo, del dibattito artistico, dell’esposizione delle gallerie. De
Chirico comincia anche ad interessarsi di altre arti, collabora con il fratello all’allestimento di opere
teatrali, si interessa al mondo del teatro, tanto da realizzare anche scenografie e costumi sulle
musiche del fratello, come anche il fratello inizia a dipingere.
Uno dei personaggi e collezionisti fondamentali per la fortuna di De Chirico a Parigi è Rosenberg