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LA LIBERTÀ DEL VOLERE

Per ottenere questo risultato bisogna mettere in discussione la libertà del volere nella sua forma più radicale

(nella forma che essa assume da Agostino).In effetti per Hobbes la libertà del volere fisicamente intesa non è

altro che una mera APPARENZA (Hobbes è stato uno dei è severi critici della libertà del volere).

Dice Hobbes: “Le azioni che gli uomini compiono volontariamente nascendo dalla loro volontà, nascono

dalla libertà e tuttavia poiché ogni atto, desiderio ed inclinazione della volontà umana nasce da qualche causa

e questa è un’altra causa, in una catena continua nascono dalla necessità. cosicché a chi potesse vedere la

connessione di quelle cause necessarie, tutte le azioni umane volontarie apparirebbero chiaramente”

Hobbes dice che noi riteniamo che le azioni umane siano libere quando esse scaturiscano dalla volontà di chi

le compie, in altre parole ritiene che il soggetto sia libero quando può fare quello che vuole ma sostenere che

l’individuo sia libero non significa affatto negare che le sue azioni abbiano CAUSE che le rendono

necessarie.

Quindi senza contraddizione si può sostenere che in alcune circostanze gli esseri umani sono liberi e allo

stesso tempo che i loro atti volontari siano necessari, cioè che non avrebbero potuto essere diversi da quelli

che sono stati. La NECESSITÀ DETERMINISTICA e la LIBERTÀ non sono fra loro incompatibili perché

per libertà si deve intendere la libertà di fare ciò che si vuole, senza escludere dalla libertà il fatto che

nessuno di noi potesse voler diversamente.

In realtà anche quando siamo liberi di fare quello che vogliamo, la nostra volontà non avrebbe potuto essere

diversa e dunque quel che noi abbiamo fatto, è stata conseguenza di ciò che abbiamo voluto, senza che

potessimo volere diversamente. Noi immaginiamo che la nostra volontà sia libera: ma la nostra volontà non è

mai libera perché la nostra volontà, al pari di ogni altra cosa, ha cause che la determinano, cosicché a chi

potesse vedere la connessione di quelle cause, apparirebbe chiaramente la necessità di tutte le azioni umane

volontarie. Dunque apparirebbe chiaramente la necessità di quelle azioni stesse che noi consideriamo libere

in quanto esse siano state espressione della nostra volontà: chi può fare ciò che vuole si dice libero di farlo,

anche se in effetti non avrebbe potuto non farlo, non potendo non volerlo. Questa è una formulazione del

cosiddetto COMPATIBILISMO, dottrina secondo la quale il libero arbitrio si concilia interamente con il

determinismo senza che ci sia contraddizione: basta intendere per libertà non la libertà del volere, bensì la

VOLONTÀ DEI NOSTRI ATTI. N.B. Libero non è colui che avrebbe potuto volere diversamente, bensì

colui che avrebbe potuto agire diversamente se lo avesse voluto, se fosse stata diversa la sua volontà, essendo

irrilevante se la sua volontà potesse essere effettivamente diversa o meno.

Allora è possibile dire che sia libero colui la cui volontà sia determinata da un oggetto dato, ritorna allora in

discussione il fine ultimo: d’altra parte secondo Hobbes il fine ultimo non è che una chimera. Quanto al fine

ultimo, in cui gli antichi filosofi hanno posto la felicità, non vi è una tal cosa in questo mondo, né una via per

essa più che per utopia.

DAL FINE ULTIMO AL MALE SUPREMO

La differenza che segna la dottrina hobbesiana rispetto a quella classica riguarda il FINE ULTIMO che è

dunque UN’ILLUSIONE: non esiste affatto la felicità alla quale facevano riferimento gli antichi, non è

affatto vero che tutti gli uomini bramino più di ogni altra cosa la felicità.

Ma se non esiste una cosa come il bene assoluto (il fine ultimo, dice Hobbes) ciò non significa che non vi sia

un MALE SUPREMO.

Sta prendendo forma una nuova antropologia filosofica: il fatto che non esista un fine ultimo non significa

che non esista un male supremo dal quale l’uomo rifugge, ciascuno è portato a decidere ciò che per lui è bene

ed a fuggire da ciò che per lui è male.

È proprio come diceva Tommaso, tranne che per Hobbes ciascuno di noi per natura non è portato ad

inseguire la felicità, ma ad evitare il male supremo, il più grande dei mali supremi, ossia la MORTE (con una

necessità non minore per la quale una pietra va verso il basso).

Per gli antichi tutti gli esseri umani necessariamente desiderano più di ogni altra cosa la felicità, Hobbes

invece dubita che sia vero, ma confida sugli antichi per una cosa: che vi sia un fine a cui naturalmente tende

la volontà di ciascuno così come quella di ogni altro, questo fine non la felicità come pensavano gli antichi,

ma L’AUTO-CONSERVAZIONE.

->Cos’è che ciascun essere umano ha in comune con ogni altro?

Non la volontà di essere felice, ma la paura di morire ed in specie la paura di morire di morte violenta,

ammazzato. Dunque in questo modo prende forma una NUOVA ANTROPOLOGIA FILOSOFICA alla quale

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si possa assegnare il compito di fondare oggettivamente il compito dell’obbligazione politica.

“Il primo dei beni è l’autoconservazione di ciascuno, la natura infatti ha fatto in modo che tutti desiderino il

bene e per poter essere capaci di questo, è necessario che desiderino la vita, la salute e dell'una e dell’altra

per quanto è possibile che avvenga la sicurezza futura. Perciò quand’è questione di vita o di morte, coloro

che ne siano consapevoli e sappiano valutare razionalmente le conseguenze del loro atto, agiscono in modo

da evitare la morte ed assicurarsi la conservazione della vita”. Colui che prevede la somma dei mezzi che

portano alla sua conservazione (che è il fine al quale ognuno per natura mira) deve anche chiamarla bene ed

il contrario male: è dire esattamente quanto sostenevano i teorici dell’etica classica con una

sola differenza perché qua il fine ultimo non è più la felicità, bensì l’auto conservazione, la conservazione

della vita non è il fine ultimo bensì il primo e più rilevante perché è la base per tutti gli altri.

2/10/2022

Per Hobbes non esiste un fine ultimo (proprio) del quale desiderio si quieti ma esiste senz’altro un fine al

quale naturalmente tende la volontà umana , del quale è premessa perché ogni altro fine possa essere

conseguito (non esiste beatitudine o felicità perfetta ma senz’altro ognuno desidera prima di ogni altra cosa

la conservazione della vita —> perché salvare la propria “pelle” è condizione per cui ogni altro fine possa

essere conseguito , per cui ogni altro desiderio possa essere realizzato). Per ciò dice Hobbes (colui che

prevede la somma dei mezzi che portano alla sua conservazione che è il fine a cui ognuno per natura mira)

deve anche chiamarla bene e il suo contrario male , a questo punto diviene possibile ripristinare il

funzionamento dei dispositivi dell’intellettualismo classico , non si tratta più qui di adempiere ai propri

doveri naturali per vivere una vita buona e conseguire una felicità ma si tratta pur sempre di adempiere ai

propri doveri naturali per ottenere il fine dell’autoconservazione , non che la sua certezza.

Se vi è una legge naturale dunque sostiene Locke essa non farà che indicare a ciascuno come egli debba agire

per conservarsi in vita , nello stato di natura gli uomini (secondo Hobbes) non sono soggetti ad altra legge

che a questa , la quale indica ad ognuno come non morire o meglio come non farsi uccidere (timore della

morte = timore di essere uccisi = timore di una morte violenta) . Per Hobbes la legge naturale non è altro che

un vettame della retta ragione riguardo a ciò che si deve fare o non fare per conservare il più a lungo

possibile la vita , su questa nuova premessa antropologica si fonda l’oligazione politica nella modernità

inaugurata da Hobbes.

Nella prospettiva dell’intellettualismo classico e medievale la violazione della legge non poteva avere altra

causa se non l’errore o l’ignoranza di colui che la commette , vale altrettanto per Hobbes , però ogni

violazione delle leggi naturali consiste in un falso ragionamento , cioè nella stupidità di uomini che non

considerano necessario per la propria conservazione l’adempimento di doveri verso gli altri uomini , se io ho

dei doveri verso gli altri è perché ho dei doveri verso me stesso , ogni mio dovere verso gli altri discende

dall’obbligo di agire per preservare la mia vita , se violo la legge naturale la mia violazione non può essere

altro che data da un mio falso ragionamento o mia stupidità.

Hobbes infondo ripristina nelle sue linee generali il funzionamento dei dispositivi dell’intellettualismo

classico.

Nello stato di natura non vi è altro obbligo se non quello di agire come prescrive la legge naturale , la quale

ordina gli atti di ciascuno al fine della sua auto conservazione , è possibile quindi che essa conferisca a

ciascuno il diritto di fare tutto ciò che ritiene necessario per la sua conservazione o meglio presumibile che la

legge naturale conferisca il diritto a tutto ciò che permette di salvare la propria vita , ma se la legge naturale

conferisce tutto ciò allora questa legge naturale conferisce diritti ai quali non sono correlati alcuni doveri ,

ciascuno nello stato di natura può fare tutto quello che ritenga possa essergli utile , ma inevitabile che una

legge che conferisce a qualcuno di fare tutto ciò che vuole senza obbligare alcuni nei suoi confronti a fare

alcuna cosa non può che generare delle condizioni per cui ciascuno finisca per trovarsi in guerra con gli altri

—> in fondo conferisce il diritto di fare tutto ciò che si riesca a fare anche eventualmente ai danni altrui ,

colui ad esempio che abbia ragione di tenere ogni altro dubitando di quel che egli possa fargli potrà gradirlo

per primo e avrà diritto di farlo o di togliergli la vita se disporrà delle attitudini necessarie

La legge naturale indica ad ognuno indica la via dell’autoconservazione ma conferendo a ciascuno il diritto a

tutto quello che ritenga necessario per preservare la sua vita genera le condizioni della guerra di tutti contro

tutti , nella quale la vita di ciascuno massimamente è messa in pericolo , quindi sembra una condizione

paradossale.

Sembra una guerra nello stato di natura destinata a non avere fine , perché dice Hobbes che gli uomini nelllo

stato sono gli uni eguali agli altri intendendo qui

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Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

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