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IL TRATTI E IL MODELLO DEI BIG FIVE
Uno dei capisaldi della teoria della personalità è che quest’ultima può essere rappresentata come un
insieme di tratti, ovvero un insieme di caratteristiche che la persona specifica manifesta in un gran numero
di situazioni. I tratti di personalità sono oggetto di osservazione, misurazione e valutazione in selezione, nei
processi di definizione dei percorsi di sviluppo e di carriera o per comporre un team.
Appunti non ufficiali del corso ORGANIZZAZIONE AZIENDALE tenuto dal prof GABRIELE MORANDIN distribuiti gratuitamente Dario Cannata
La modellizzazione della personalità come insieme di tratti osservabili è stata decisiva per considerare il
“comportamento” come una reazione agli stimoli dell’ambiente non casuale, bensì frutto dell’interazione
con il contesto. Il concetto di tratto di personalità non si riferisce a una concezione deterministica bensì
probabilistica del comportamento. Da ciò, si può definire tratto come sistema di costellazioni affettivo-
cognitive e comportamenti abituali.
I tratti di personalità sono tanti e classificarli in modo univoco non è semplice. I risultati delle varie ricerche
non sono infatti convergenti, e questo è dovuto al fatto che la personalità è un’”invenzione”: non esiste in
natura, e per studiarla vanno stabilite delle “convenzioni”.
Su questi temi c’è un’elevata competizione:
Una scuola, quella di Cattel, assume come criterio discriminante il linguaggio: «tutti gli aspetti della
personalità umana che hanno o hanno avuto importanza, interesse, utilità sono già stati registrati
all'interno del linguaggio»;
In contrapposizione, Kagan, dice che «nessuna scienza naturale stabilisce i suoi concetti affidandosi
al dizionario».
È ben visibile l’animato dibattito circa la classificazione.
Comunemente, i tratti vengono organizzati gerarchicamente. Eyesenck ha proposto una gerarchia a 4
livelli:
a livello base ci sono i singoli comportamenti, che possono essere osservati (ad es. Giovanni è
arrivato in orario);
alcune risposte tendono a ripetersi nel tempo, fino ad essere considerate abitudini generalizzate
(ad es. siccome Giovanni ha fatto spesso amicizia, si può dire che fa amicizia facilmente);
diverse abitudini tendono a presentarsi insieme, e formano tratti specifici (ad es. Giovani fa
amicizia facilmente ed ama uscire con gli amici: è socievole);
i tratti correlati possono essere raggruppati insieme per formare i tratti di base, chiamati super
fattori o fattori di ordine superiore (ad es. l’estroversione).
Il confronto fra studiosi della personalità degli ultimi 60-70 anni ha portato a focalizzare l’attenzione su
modelli basati su tre, otto, dieci e sedici fattori, per arrivare poi al modello dei Cinque Fattori di personalità
(o BIG-5), la cui paternità può essere attribuita a McCrae e Costa, ma i contributi furono molteplici: Galton
consultando un dizionario, aveva trovato un migliaio di termini descrittivi della personalità; Allport e Odbert
ne individuarono 17.953; Tupes e Cristal hanno impostate una funzionale analisi fattoriale, impiegando dati
provenienti da autovalutazioni e da eterovalutazioni; e, ancora, Cattel, Eysenck, Guilford contribuirono con
i loro studi. Il modello identifica cinque dimensioni astratte che sono in grado di rappresentare la maggior
parte dei tratti di personalità e in particolare quelli che possono influenzare i comportamenti individuali e i
risultati in ambito organizzativo.
Nella letteratura divulgativa il modello viene spesso definito modello CANOE o OCEAN, acronimo composto
a partire dalle denominazioni in inglese dei Cinque Fattori:
Coscienziosità (Coscientiousness): misura l’affidabilità, il senso di responsabilità e presenta due
sottodimensioni:
o Scrupolosità;
o Perseveranza.
Appunti non ufficiali del corso ORGANIZZAZIONE AZIENDALE tenuto dal prof GABRIELE MORANDIN distribuiti gratuitamente Dario Cannata
Amicalità (Agreeableness): misura la predisposizione verso gli altri e viene definita come
collaborazione, cordialità, calore umano, empatia e fiducia nel prossimo;
Nevroticismo (Neuroticism): misura il grado di reattività in situazioni percepite come stressanti e
qualifica la persona come calma, sicura di sé (e opposti). Non è raro che persone con punteggi alti si
contraddistinguano anche per livelli mediamente più elevati di motivazione ad apprendere;
Apertura all’esperienza (Opennes to experience): misura l’ampiezza degli interessi della persona e
la tendenza a ricercare novità e opportunità di confronto con persone diverse e con situazioni mai
affrontate prima. Punteggi alti indicano curiosità, creatività e sensibilità artistica ed identificano i
cosiddetti sensation seeker;
Estroversione (Extroversian): misura il livello di benessere e agio nelle situazioni di relazione. Si
associa alla socievolezza e si compone di:
o Dinamismo;
o Dominanza.
Il modello dei Big Five è il modello di personalità più riconosciuto e accreditato dalla comunità scientifica.
Ma i tratti ivi presentati non sono gli unici: ve ne è qualche altro che merita di essere osservato:
Machiavellismo: la personalità machiavellica è determinata dall’insieme di caratteristiche che
sostengono comportamenti orientati a un pragmatismo che, unito al distacco emotivo, sostiene e
alimenta modalità di agire e di perseguire i propri obiettivi mediamente aggressive e mirate azioni.
Il machiavellico ha uno stile manipolativo, efficace in relazioni caratterizzate da un alto
coinvolgimento emotivo.
Core Self-evaluation: rappresenta il modo in cui un individuo valuta sé stesso. La ricerca evidenzia
una correlazione tra Core Self-Evaluation positiva e soddisfazione sul lavoro (anche in termini di
progressione di carriera più rapida). Si struttura su quattro dimensioni:
o Autostima: è la base su cui l’individuo costruisce e soddisfa il bisogno di autonomia;
o Nevroticismo: è la tendenza a sperimentare in prevalenza emozioni positive o negative;
o Auto-efficacia generalizzata: si riferisce alla percezione del grado di controllo che un
individuo ritiene di esercitare su se stesso e sull’ambiente.
o Locus of control: rappresenta la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della
sua vita siano prodotti da suoi comportamenti o azioni, oppure da cause esterne
indipendenti dalla sua volontà. Il tratto, sviluppato da Rotter intorno alla metà degli anni
’60, può essere definito, in altre parole, come indicatore di quanto gli individui si ritengono
personalmente responsabili del proprio comportamento e delle conseguenze che esso può
avere (è interno se si pensa di avere controllo sugli eventi - ad es. se si ottiene un buon
risultato ad un esame, è possibile che si dia il merito a sé stessi; è esterno se li si attribuisce
a cause ambientali - ad es. se si ottiene un discreto ad un esame, probabilmente si attribuirà
la responsabilità a fattori esterni, come la puntigliosità del professore o l’ansia da
prestazione). I risultati di un evento, in definitiva, si ottengono dalla formula R = A x C,
quindi come prodotto di azioni e circostanze (elementi esterni sui quali non si ha controllo).
Come aumentare le probabilità di un buon risultato? Anzitutto, credendoci. Come scrive
Alberto Fedeli, forse non è vero che se ci credi ce la fai, ma sicuramente è vero che se non
ci credi non le la farai. La diversa attribuzione di vittorie e sconfitte non riguarda solo il
passato ma anche il futuro. Che differenza fa un locus of control interno o esterno:
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Se si attribuisce a se stessi un buon risultato, ci si concentrerà sulle proprie
possibilità: quindi si è più motivati, si nutrono maggiori aspettative e si possono
ottenere performance migliori e più soddisfacenti;
se si attribuisce ad altri il risultato, di fronte a nuove prove l’unica cosa che si può
pensare è “speriamo che il buon Dio me la mandi buona!”.
Infine, i tratti vanno distinti in:
Tratti fenotipici: costrutti con funzione esclusivamente descrittiva delle differenze individuali (ad
es. dire che Y è una persona coscienziosa corrisponde esclusivamente alla descrizione del suo
comportamento individuale);
Tratti genotipici: costrutti ipotetici responsabili in termini causali delle tendenze disposizionali degli
individui (ad es. dire che Y è una persona coscienziosa indica che le sue caratteristiche psicologiche
causano un comportamento coscienzioso).
Gli individui che mostrano un locus interno sono più motivati, hanno una maggiore aspettativa, hanno
prestazioni migliore, una maggiore soddisfazione, rendono meglio, ottengono stipendi più alti e tendono a
pensare che il loro comportamento permetta di esercitare un controllo sulle situazioni esterne.
IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE
Quello della personalità è uno dei temi a cui i ricercatori e le organizzazioni dedicano molta attenzione. Ad
esempio, numerose ricerche dimostrano la relazione tra il livello di coscienziosità (fattore che più di altri ha
un impatto sulla prestazione) e la predisposizione a darsi degli obiettivi sfidanti, a essere più motivati a
raggiungerli e ad avere aspettative tendenzialmente più elevate per quanto concerne la qualità dei risultati
e delle conseguenze attese.
Il tratto dell’estroversione si associa a una maggiore efficacia relativa dei comportamenti manageriali. Essa
si lega ad atteggiamenti di dominanza, con la tendenza a prendere il controllo delle dinamiche all’interno
di un team. L’amicalità predispone a ruoli in cui è fondamentale l’empatia e la collaborazione (ad es. nel
lavoro in team). L’apertura all’esperienza si associa alla creatività e alla flessibilità/disponibilità al
cambiamento.
In generale, amicalità, coscienziosità e nevroticismo sono tratti che influenzano la dimensione della
relazione, più in particolare quello che viene definito getting along, ma anche, insieme all’estroversione e
all’apertura all’esperienza, la dimensione dell’orientamento al risultato, ovvero del getting ahead.
Negli ultimi 15 anni si è assistito all’intensificazione dell’utilizzo di questionari per la rilevazione dei tratti di
personalità come il Big Five Questionnarie e il NEO Personality Inventory in ragione dell’incremento
significativo di ruol