Consideriamo che la World Health Organization, Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha
dichiarato che è diritto del paziente quello di ricevere il trattamento più efficace. Questo, spesso,
però, non è ancora un risultato raggiunto nella pratica clinica, per diverse ragioni, inclusa quello che
abbiamo bisogno di andare a identificare tra diversi interventi che possono essere efficaci, quello
che ha ricevuto maggior supporto empirico, in particolare per quella specifica popolazione e in
particolare quando fornito da quei particolari da quegli specifici professionisti. Un altro modo per
superare i limiti dell’ approccio categoriale alla diagnosi, al trattamento, è quello di andare a
riconoscere le dimensioni di base trans diagnostiche per la salute mentale e, quindi, quando alterate
per la psicopatologia. Abbiamo visto anche nelle lezioni precedenti che si prendono in
considerazione diversi livelli di funzionamento, perché i disturbi mentali sono disturbi complessi
che hanno una base genetica, una base neurobiologica, fisiologica e una base psicologica definita
dai processi emozionali, dai processi cognitivi e da comportamenti, abitudini e apprendimenti. Ma
quali sono le dimensioni principali? Abbiamo accennato alla regolazione dell'emozione, ma
andiamo a vedere meglio cosa stanno portando avanti, come l'evoluzione delle teorie della
spiegazione della salute mentale e della psicopatologia si stanno evolvendo. Un primo tentativo di
superare la diagnosi categoriale è stato quello offerto dal progetto RDoC, dove esperti di settore
hanno osservato che i sistemi diagnostici di riferimento ad oggi più usati, come il DSM, non sono
basati sui progressi della ricerca neuroscientifica. Le attuali diagnosi dei disturbi mentali non
prendono in considerazione l'organizzazione dei circuiti neuronali sottostanti e la loro associazione
con determinati comportamenti. Questo è un limite per la pratica clinica, perché la comorbidità è la
regola e non l'eccezione. Abbiamo detto più volte che la diagnosi basata sul DSM ha un grande
limite, il fatto che spesso un paziente riceve più diagnosi, rientra nei casi di comorbidità. Ed è un
limite per la ricerca, perché la validità dell'uso delle categorie diagnostiche nella ricerca clinica è
messa in discussione perché, appunto, non prende in considerazione le dimensioni di base trans
diagnostiche che possono spiegare la comorbidità frequente tra diversi disturbi mentali. Il processo
RDoC, che è un'abbreviazione per Research Domain Criteria Project, dal titolo si vede che
l'obiettivo è quello di andare a riconoscere dei domini di base del funzionamento mentale. Nasce nel
2009 ed è promosso dal National Institute of Mental Health negli Stati Uniti ed è un progetto
diretto, in particolare, a promuovere una ricerca indipendente dalla classificazione nosografica
categoriale dei disturbi attuali, attualmente più usata, quale quella del DSM. L'obiettivo è quello di
sviluppare ai fini di ricerca una nuova classificazione dimensionale dei disturbi mentali che si basa
sui comportamenti osservabili e su indici neurobiologici. Gli obiettivi a lungo termine sono quelli di
validare nuovi paradigmi sperimentali nella ricerca clinica, di suggerire nuove proposte di
trattamento, di definire nuovi sottogruppi clinici di pazienti più omogenei, di promuovere una
maggiore collaborazione tra ricerca e pratica clinica. Gli obiettivi più a breve termine, invece, sono
quelli di identificare le dimensioni che definiscono il funzionamento mentale. Guardate, questo è un
punto complicato, perché è facile dire ci sono delle dimensioni di base che spiegano la salute
mentale, ma quali? La funzionalità del pensiero, la regolazione delle emozioni, il sonno, una
attivazione elevata fisiologica durante il giorno e durante la notte. Quali sono le dimensioni di base?
A quali dobbiamo riconoscere come dimensioni di base e quali, invece, non come dimensione di
base? Non è ancora completamente chiaro e la ricerca cerca, appunto, di promuovere
l'identificazione delle dimensioni di base. Poi definire e validare nuovi strumenti di misura e di
indagine e promuovere studi che intendano valutare le variazioni nelle dimensioni di funzionamento
identificate in popolazioni cliniche e in popolazioni non cliniche. Il progetto RDoC può si viene
descritto, viene utilizzata una matrice di riferimento che può essere letta in questo modo: le righe
rappresentano i comportamenti osservabili e gli indici neurobiologici che definiscono il
funzionamento mentale, i costrutti o i domini. Le colonne rappresentano le diverse unità di analisi
che possono essere usate per misurare un certo dominio. Cerchiamo di capire meglio questa
matrice. Le unità di analisi, che significa? Che io posso fare studi genetici per andare a riconoscere,
per esempio, differenze genetiche tra le popolazioni cliniche e le popolazioni non cliniche. Posso
fare studi, per esempio, neurobiologici, andando a valutare attraverso la tecnica, per esempio, del
neuroimaging funzionale o l'elettroencefalografia, le differenze strutturali e funzionali nell'attività
del cervello tra popolazioni cliniche e popolazioni non cliniche. Posso fare studi di fisiologia,
quindi, andando, per esempio, a vedere i le differenze nella conduttanza cutanea tra popolazioni
cliniche e popolazioni non cliniche e studi che valutano, invece, paradigmi più psicologici, come
questionari auto riferiti o studi di osservazione del comportamento e così via, o paradigmi
sperimentali che vanno a valutare, per esempio, le capacità neurocognitive o i processi emozionali.
Questi studi li applico per andare a studiare le differenze tra popolazioni cliniche e popolazioni non
cliniche nei domini che, al momento, nel progetto RDoC sono stati considerati, riconosciuti come i
domini di base per la salute mentale. Abbiamo il dominio del sistema della valenza emotiva
negativa e il sistema della valenza emotiva positiva. Quindi il sistema emozionale diviso in valenza
positiva e negativa. Dove per valenza negativa si intendono i processi che sottostanno, ad esempio,
ad una reazione di paura o ansia e per valenza positiva quelli che sottostanno ad emozioni e
strategie positive. La terza dimensione è il sistema cognitivo che racchiude tutti i processi cognitivi
di base o quelli più complessi come le funzioni esecutive. Esiste poi un sistema di processi sociali
relativi al contesto sociale e relazionale e infine un sistema di regolazione della vita, del sonno e del
sistema di arausal. Questi ad oggi sono ritenuti cinque domini principali che regolano la salute
mentale e il disturbo mentale. Il progetto RDoC si propone, quindi, di definire i domini del
funzionamento mentale e di validarli usando misure genetiche, neuroscientifiche, fisiologiche,
psicologiche, comportamentali e di autovalutazione. Tuttavia, dobbiamo sottolineare che ad oggi il
progetto RDoC non ha portato a sostanziali modifiche della pratica clinica. Quindi, da quando è
stato introdotto il progetto RDoC, sono state pubblicate diverse ricerche che seguono le indicazioni
fornite dal progetto RDoC, però a livello di pratica clinica, non ci sono stati cambiamenti
sostanziali. Un'altra proposta che cerca di superare l'approccio categoriale alla definizione del
disturbo mentale è la cosiddetta tassonomia gerarchica della psicopatologia. È stata proposta da un
consorzio internazionale di psicologi e di psichiatri, quindi esperti nel settore della ricerca e della
clinica nei contesti di salute mentale. I disturbi mentali sono definiti come spettri, come dimensioni
e non come sindromi. In questi processi dimensionali, l'approccio categoriale si sostiene non essere
adeguato e non si tratta di una sindrome presente o assente, ma di intensità rispetto a quel
determinato processo e fattore dimensionale che, appunto, segue una prospettiva dimensionale tra la
salute mentale e la psicopatologia. Si riconosce una gerarchia di livelli degli aspetti della
psicopatologia che, quindi, partono dalle dimensioni, dagli spettri sovraordinati e che arrivano, poi,
invece, ai sintomi che possono essere identificati anche con un approccio categoriale. Si basa
sull'evidenza empirica, piuttosto che sulla competenza di esperti, come la nosologia categoriale
attuale del DSM 5. Questo anche è un punto importante in comune con tutti questi modelli teorici
attuali, moderni, che cercano, appunto, di superare l'approccio categoriale. Sono tutti orientati a
partire dai risultati della ricerca empirica, quindi, a considerare meno l'opinione degli esperti, ma di
identificare le proposte, soluzioni, sia per la diagnosi che per la pratica clinica sulla base dei risultati
delle ricerche cliniche e in particolare delle degli studi di rassegna sistematica e metanalisi che
mettono insieme diversi studi clinici su un particolare, per esempio, intervento. Si basa su un
approccio bio-psico-sociale di interpretazione della patologia, in particolare della psicopatologia.
Questo articolo di Kotov e coautori, pubblicato nel 2017 nel Journal of Abnormal Psychology, è
l'articolo di riferimento che, chi vuole, può andare a leggere per approfondimento. Se vedete da
questa figura, gli autori riconoscono delle dimensioni sovraordinati, per esempio, tra disturbi
internalizzanti e disturbi esternalizzanti, o la dimensione internalizzante e la dimensione
esternalizzante, che includono diverse tipologie di problematiche che, a loro volta, possono andare a
identificare diverse categorie di patologia. In questo modo, questo modello crea una gerarchia in cui
a livello più basso ci sta l'approccio categoriale che viene usata e si riferisce al modello del DSM
attuale, ma è integrato in un approccio dimensionale che riconosce le dimensioni sovraordinate e
può promuovere interventi che vadano a lavorare sulla dimensione sovraordinata e, quindi, ad
essere adatti anche per i pazienti che presentano più disturbi in comorbidità. Un altro modello
attuale sempre diretto a superare l’approccio categoriale e a promuovere un’identificazione meno
legata a costellazioni di sintomi separata è il modello a rete dello studio della psicopatologia,
Questo modello sostiene che i disturbi mentali possono essere interpretati come un sistema a rete in
cui i sintomi si rinforzano tra di loro, l'articolo di riferimento è stato pubblicato nel World
Psychiatric nel 2017. Nell’approccio a rete il disturbo di ogni persona può essere andato a capire
spiegando come i diversi sintomi sono legati tra loro. Ogni persona presenta una rete di sintomi
diversa e ogni disturbo mentale viene spiegato meglio da questi percorsi a rete che legano i sintomi
tra di loro e si possono identificare i sintomi che sono presenti nella maggior parte di questi nodi
come quelli più altamente transdiagnostici, come quelli presenti in diverse psicopatologie
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Appunti lezione 1 di Metodologia clinica 1
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Appunti quinta lezione di Metodologia clinica 1
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Appunti quarta lezione di Metodologia clinica 1
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Appunti lezione 2 di Metodologia clinica 1