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Verde è scritto in giallo e giallo è scritto in rosso, per esempio. Questo test valuta la capacità

dell'individuo di inibire l'interferenza cognitiva che si verifica quando l'elaborazione di una

caratteristica specifica dello stimolo impedisce l'elaborazione simultanea di un secondo attributo

dello stimolo ed è noto come effetto Stroop. Un altro test molto utilizzato è il Wisconsin Card

Sorting Test. Questo compito mira a valutare il ragionamento astratto e la capacità dell'individuo di

generare strategie di risoluzione dei problemi flessibili, perché l'indicazione cambia in

continuazione. Adesso lo spiego meglio. In generale, l'obiettivo è quello di verificare la prestazione

dell'individuo in compiti che richiedono funzioni esecutive. Il compito che viene richiesto al

partecipante è quello di ordinare delle carte o per similarità del simbolo, quindi cerchio o triangolo,

o per colore. Però, l'individuo non lo sa qual è il criterio che deve seguire. Quindi, all'inizio, va per

prove e tentativi. Inoltre, ogni volta questo criterio viene cambiato. Quindi, il compito richiede di

ordinare le carte secondo un possibile criterio di colore, numerosità o forma, senza, però, sapere

quale tra questi è quello corretto. Ogni volta che viene ordinata una carta, il ricercatore restituisce al

partecipante se ha effettuato una scelta corretta o meno e, tuttavia, il criterio viene cambiato in

continuazione. Un altro compito molto usato per lo studio dei processi cognitivi è il Toulouse-

Pierron test che permette di valutare l’attenzione selettiva e sostenuta nonché la velocità di

elaborazione fornendo due indici principali, il rendimento lavorativo, quindi, quante risposte

corrette fornisce l’individuo e l’indice di dispersione e quanto riesce a mantenete l’attenzione

sostenuta perché vengono fornite diverse righe in cui l’individuo deve andare a riconoscere dei

simboli che vengono indicati (slide 17) e si misurano in primo luogo quante risposte corrette ed

errate fornice l’individuo e inoltre siccome vengono fornite più linee, quanto questa capacità riesce

ad essere mantenuta nel tempo. Infine, un altro compito che possiamo andare a vedere insieme è il

Trial Making Test, dove la parte A è la parte in cui l'individuo, il rispondente, il partecipante allo

studio, fa un controllo della velocità con cui riesce a unire i numeri in un percorso. La parte B,

invece, diventa più complessa perché, a questo punto, il rispondente deve andare a unire prima i

numeri con le lettere e formare un percorso più complesso, oppure con dei simboli, e si valuta il

tempo impiegato e la capacità di passare da un criterio a un altro, quindi, per esempio, dal numero

alla lettera. Sono tutti test utilizzati per misurare le differenze individuali in diverse capacità

cognitive, in diversi processi cognitivi che ci permettono, appunto, di andare a riconoscere eventuali

presenze di difficoltà in alcuni processi cognitivi o nelle funzioni esecutive. Quindi, quello che si è

visto, che i pazienti con disturbo mentale presentano delle difficoltà più frequenti nei compiti che

valutano i processi cognitivi, che sono quelli che abbiamo visto (più molti altri ovviamente), noi

abbiamo visto solo alcuni esempi, e si è notato che queste differenze si riscontrano comunemente

tra persone senza disturbo mentale e persone con disturbo mentale. All'inizio della lezione abbiamo

detto che vogliamo approfondire i processi cognitivi, ma in particolare il loro ruolo nel promuovere

o rendere un individuo più vulnerabile alla salute mentale nel contesto dei processi cognitivi con gli

altri processi, in particolare i processi emozionali e i processi comportamentali. Perché abbiamo

visto che le funzioni esecutive sono particolarmente importanti e rilevanti per dirigere, per valutare,

interpretare ed eventualmente modificare e ridirigere il nostro comportamento verso gli obbiettivi

prefissati. Le funzioni esecutive, quindi, sono un elemento chiave nei processi di autoregolazione al

fine di permettere l’adattamento all’ambiente, la sopravvivenza, il nostro sviluppo dalla nascita:

tutto ciò è direzionato ad adattarci all’ambiente e a saper reagire in maniera flessibile e adattiva alle

richieste che l’ambiente ci fornisce. Le funzioni esecutive sono un elemento che chiave che ci

permettono di monitorare e ridirigere le nostre azioni e il nostro comportamento verso gli obbiettivi,

e quindi di saper rispondere alla richiesta ambientale. L’autoregolazione è un concetto più ampio di

funzione cognitiva perché rinchiude tutti quei processi che mirano verso l’adattamento all’ambiente

che possono essere tutti quei processi autocorrettivi che l’individuo mette in atto per restare o

rimettersi nella direzione del raggiungimento di un obbiettivo o allontanarsi da una minaccia,

perché, a volte, non abbiamo bisogno di raggiungere un obbiettivo, ma allontanarci da qualche

minaccia. Il termine autoregolazione viene spesso confuso con il concetto di autocontrollo, ma sono

diversi. L’autocontrollo fa parte di quei processi autocorrettivi e inclusi nei processi di

autoregolazione. L’autoregolazione non è definibile con i processi di autocontrollo. L’autocontrollo

indica tutti quei processi mentali che permettono all’individuo di alterare i pensieri, le emozioni e i

comportamenti che ostacolano il raggiungimento di uno specifico obbiettivo. L’autoregolazione si

riferisce ad una serie di processi fra i quali anche l’autocontrollo, per esempio, l’autoregolazione,

include anche la selezione degli obbiettivi, l’implementazione di piani per raggiungere i propri

scopi e la decisione di continuare o interrompere il perseguimento di un obbiettivo, quindi il

concetto di autoregolazione è più ampio e le funzioni esecutive sono la componente cognitiva dei

processi di autoregolazione. Il nostro comportamento è finalizzato al raggiungimento dei nostri

scopi, se abbiamo fame andiamo a mangiare, se abbiamo sonno andiamo a dormire ecc. Come

facciamo a sapere dove dirigere il nostro comportamento? Riusciamo a saperlo perché il nostro

comportamento è regolato da un sistema di retroazione (feedback), in continuazione monitoriamo

attraverso un ciclo di processi quanto la situazione presente e quella desiderata sono coerenti o

molto distanti tra loro. Se tra la situazione presente e quella desiderata c’è troppa discrepanza, il

sistema di feedback interviene per modificare il comportamento e orientarlo di nuovo verso gli

obbiettivi. Questo avviene attraverso i processi di autoregolazione che sono più ampi. I processi di

autoregolazione avvengono su tutti i livelli di funzionamento. Quando parliamo di salute mentale

parliamo sempre di concetti complessi che si muovono su tutti i livelli di funzionamento che

includono la genetica, la fisiologia, il comportamento, l’emozione e la cognizione. Il correlato

cognitivo dei processi di autoregolazione sono le funzioni esecutive ed il controllo dell’attenzione.

A livello dell’emozione la reattività e la capacità di regolare, i tempi e l’intensità delle risposte

emozionali. A livello di comportamento ci sono degli aspetti di tratto, temperamento, caratteristiche

di personalità e tratti che sono determinati sia a livello genetico che appresi negli ambienti di

crescita. Tradizionalmente, i processi di autoregolazione, proprio perché complessi, sono stati

descritti come lenti, deliberati, volontari, consci e confrontati con i processi automatici che si

supponeva fossero alla base di istinti e impulsi. Sempre più studi indicano che molti processi di

autoregolazione includono una gran parte di processi cognitivi automatici, rapidi, efficienti e

intenzionali. Questi processi di autoregolazione sono sempre in funzione, siamo sempre diretti dal

nostro sistema di retrazione (feedback) che a sua volta dal nostro comportamento valuta se stiamo

nella giusta direzione verso i nostri obbiettivi o meno. Questi processi sono sempre in funzione e

funzionano in maniera implicita, automatica e dipendente dagli obbiettivi, dagli schemi che

abbiamo formato sia con la genetica e sia con l’influenza ambientale. Per qualcosa di automatico si

intende che le persone regolano il loro comportamento senza esserne consapevoli delle ragioni per

cui lo fanno. Gli obbiettivi possono essere ridefiniti come delle rappresentazioni mentali di certi

traguardi o comportamenti associati con effetti positivi che possono essere attivanti da stimoli

esterni. Ovvero gli obbiettivi sono rappresentati nel nostro bagaglio di conoscenze e strutture che

già includono i contesti e le procedure per raggiungere gli obbiettivi. Queste strutture si sono

formate nel corso della nostra esperienza, in particolare nel corso delle prime esperienze di vita. Il

ruolo delle emozioni: fino adesso abbiamo parlato di funzioni esecutive, ma come ci accorgiamo

che siamo in linea con i nostri obbiettivi? Chi attiva le funzioni esecutive che interpretano una

situazione, la valutano come positiva o come troppo distanziata dalla situazione desiderata? Spesso

è questo un compito che sempre più ricerca attribuiscono agli stati emozionali, agli affetti. Il

comportamento può essere diretto a uno o più scopi da raggiungere e può essere orientato a evitare

o allontanarsi da un possibile pericolo. Quindi, io mi comporto in un certo modo o perché sto

andando nella direzione del mio obiettivo o perché mi sto allontanando da una possibile minaccia o

da un possibile pericolo. Sulla base di questi due sistemi di comportamento, vengono individuate

due categorie di affetti: una categoria relativa ai comportamenti diretti agli obiettivi da raggiungere,

dove gli affetti positivi possono essere gioia, entusiasmo e così via, e gli affetti negativi

frustrazione, rabbia, tristezza. Quindi, se io mi sto allontanando da un obiettivo, mi sentirò frustrato,

arrabbiato, più triste. Se lo sto raggiungendo, mi sentirò entusiasta, felice, gioioso. Un'altra

categoria di affetti, invece, risponde alle situazioni in cui io devo allarmarmi o meno perché mi

devo allontanare da una possibile minaccia. Una categoria relativa ai comportamenti di evitamento

o allontanamento dei pericoli, dove gli effetti positivi sono sollievo, conforto, mi sento al sicuro, mi

sento lontano dalla situazione di minaccia e gli effetti negativi, invece, sono la paura, la colpa,

l'ansia, mi sento vicino alla minaccia. La gestione delle priorità. Abbiamo solo un obiettivo e,

quindi, tutti i nostri effetti, tutte le nostre funzioni esecutive sono dirette a quell'obiettivo? No, gli

esseri umani, le persone, in genere, seguono più obiettivi. Però, uno solo alla volta può avere una

priorità in

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Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina111111111 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia clinica 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Baglioni Chiara.
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