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Dopo una separazione? Dopo essere stato magari licenziato dal mio

lavoro? È sano sentirsi in uno stato di benessere? Probabilmente no. Le

persone sane passano in continuazione dei momenti tristi, si arrabbiano,

provano uno stato di sconforto, vivono alcuni eventi su cui sentono di

non avere il controllo, e questo, però, deve far parte della definizione,

comunque, di sano. Quindi è stata in parte apprezzata la definizione

dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e in parte, invece, criticata. Un

articolo interessante, è un articolo del 2015, pubblicato sulla rivista World

Psychiatry, che è una rivista di settore molto interessante che affronta

proprio, attraverso una rassegna della letteratura rilevante del settore, di

arrivare a una definizione nuova di salute mentale che sappia cogliere

meglio gli aspetti che definiscono che cos'è sano, quand'è che possiamo

dire che una persona è in uno stato di buona salute mentale. L'Agenzia

per la Salute Pubblica Canadese ha provato a dare una definizione di

salute mentale che possa cogliere meglio gli aspetti, appunto, principali

che vanno a definire uno stato di salute mentale. E la definisce come la

capacità di ciascuno di noi di gestire le nostre emozioni, pensare e agire

in un modo che possa aumentare le nostre possibilità di goderci la vita e

di affrontare le difficoltà che incontriamo. È una sensazione positiva di

benessere emozionale e spirituale che rispetta l'importanza della cultura,

dell'equità, della giustizia sociale, delle relazioni e della dignità

personale. Allora, intanto bisogna inserirla in un contesto, quindi ogni

cultura, ogni stato socioeconomico, ogni situazione deve spiegare se

questo se il nostro stato mentale possa riflettere un disturbo mentale o

una situazione comunque sana, ma che sta affrontando eventualmente

delle difficoltà che nella vita si presentano. E dà importanza a certi

concetti, come quello di gestire le proprie emozioni, quindi processi

emozionali, e i processi cognitivi e comportamentali. Quindi va a

riconoscere che una buona interazione tra la gestione delle proprie

emozioni, le capacità cognitive appropriate e una regolazione del

comportamento appropriato possano essere alla base della definizione di

salute mentale. In un articolo pubblicato nel 2015, in un'altra rivista di

settore rilevante, si va a spiegare, con una figura che da sola dice tutto,

quanto è difficile dare una definizione completa di disturbo, di salute

mentale. Ci sono diversi modelli. Partiamo da un modello biomedico.

Oggi, quando andremo a fare un breve riassunto della storia della

psicopatologia, vedremo come il modello biomedico è stato dominante

per la maggior parte della storia fino ad oggi e ancora in alcuni contesti è

il modello che viene seguito di più nella pratica clinica. Ci sta il modello

dimensionale, ci sono i modelli, le teorie sociologiche, ci sta una delle

teorie che vanno a riconoscere degli elementi principali nella definizione

di salute mentale, come le emozioni positive, l'impegno, le relazioni, il

significato che si dà alle proprie azioni, alle proprie situazioni, il risultato

raggiunto. Ci sono le teorie che si basano, appunto, sul benessere e ci

sono le teorie dei modelli neuroscientifici e così via. Ci sono poi le

tipologie di spiegazione. Abbiamo un modello categoriale. Andremo a

parlare poi dei sistemi diagnostici. Sappiamo che ad oggi il sistema

diagnostico maggiormente usato nella pratica clinica è il Manuale

Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (il DSM) nella sua quinta

edizione, che segue un approccio categoriale, che molti autori criticano,

sostenendo l'importanza di definire il disturbo mentale e quindi cambiare

gli approcci anche di intervento seguendo un modello continuo più

dimensionale. Ci sono poi gli approcci che, appunto, vanno a riconoscere

una gerarchia, quindi un il modello biomedico, per esempio, presuppone,

i modelli organicistici, che ci sia che la disfunzione fisiologica o

neurologica sia alla base del disturbo mentale. I modelli bio-psico-sociali,

invece, supportano dei modelli complessi di interazione tra diversi livelli

di funzionamento per il comportamento. Ci sono poi dei concetti, delle

dimensioni principali che sono state suggerite come alla base di un buon

funzionamento mentale o meno: quindi il concetto di equilibrio, di

identità, di autonomia, di controllo, di coping e di vitalità e così via. E

infine, ci sono tutti quei fattori socioambientali che possono spiegare o

meno una situazione, un disturbo mentale. Ora, questo modello così

complesso ci serve principalmente per capire quanta è difficile, quante

quante diverse posizioni e quanti diversi fattori dobbiamo considerare nel

dare, appunto, una definizione di salute mentale o di disturbo mentale.

Riprendendo l'articolo che citavamo prima, pubblicato su World

Psychiatry nel 2015, gli autori arrivano a proporre una nuova definizione

di salute mentale complessa, ma che cerca, appunto, di integrare tutti i

modelli proposti fino ad oggi in una prospettiva più completa. La salute

mentale viene definita come uno stato dinamico di equilibrio interno che

permette all'individuo di utilizzare le proprie abilità in armonia con i valori

universali della società. Componenti importanti della salute mentale che

contribuiscono a mantenere lo stato di equilibrio con diverse gradualità

sono: abilità cognitive e sociali di base, capacità di riconoscimento,

espressione e modulazione delle proprie emozioni insieme alla capacità

di provare empatia con gli altri, flessibilità e capacità di gestione degli

eventi avversi e dei propri ruoli e funzioni sociali e l'armonia tra corpo e

mente.E direi che questa è una definizione che risponde bene ad oggi a

la visione attuale di salute mentale. Intanto è uno stato, appunto, come

dicevamo, complesso, che deve considerare l'integrazione tra diversi

livelli. Partiamo, quindi, dall'ultimo punto, un'armonia tra corpo e mente

che sono che riflettono livelli diversi di funzionamento degli stessi

processi. E poi, un'importanza ai processi cognitivi, ai processi

emozionali, ai processi di regolazione delle proprie emozioni e del proprio

comportamento e delle situazioni avverse, quindi dello stress.

Gli ingredienti, quindi, che questa definizione mette insieme per la

definizione di salute mentale sono: processi biologici, processi cognitivi,

processi emozionali, processi sociali e processi comportamentali e

l'interazione tra tutti questi processi. Andremo a vedere nelle prossime

lezioni di andare a definire bene il ruolo di ciascuno di questi processi.

Invece, in questa lezione, vogliamo anche focalizzare su un breve

riassunto della storia dello studio della psicopatologia. Un altro punto

importante di tutte le definizioni attuali della salute mentale è quello di di

abbandonare, ecco, partire proprio dalla definizione dell'Organizzazione

Mondiale della Sanità, questa distinzione tra patologico e sano, ma di

riconoscere che c'è una continuità tra le condizioni sane e le condizioni

patologiche. In un certo senso, riprendendo questa citazione, tutti noi

siamo dei casi terminali dalla nascita e in qualche modo sani finché

siamo in vita. Quindi la differenza è anche qua difficile. Se io ho una

gamba rotta, sono sano o sono malato? In che senso? Se fisicamente non

ho un disturbo somatico, ma presento un disturbo mentale, sono sano o

sono malato? Sono diversi livelli di salute e di malattia che si tutti,

diciamo, sono su una linea continua e dimensionale. Andiamo adesso a

vedere che cos'è il disturbo mentale? Che cos'è la psicopatologia? In un

certo modo, possiamo fare un parallelo, anche perché abbiamo detto

sono due estremi, diciamo, della stessa dimensione. Abbiamo anche qua

una difficoltà a dare una definizione unica e semplice, anche perché c'è

una difficoltà nel distinguere nell'andare a riconoscere una causa unica

della psicopatologia e una spiegazione unitaria della molteplicità e della

multiformità dell'espressione del disagio mentale. Il disturbo mentale è

riconosciuto ad oggi da tutti, come un disturbo complesso. Quando

diciamo un disturbo complesso, diciamo che è un disturbo è un disturbo

che deriva dalla integrazione e interazione di diversi fattori a livello

neurobiologico, psicologico, comportamentale, a livello sociale, quindi

una prospettiva bio-psico-sociale. Quindi un disturbo complesso è un

disturbo nella cui patogenesi sono coinvolti fattori genetici e ambientali,

che interagiscono fra loro in maniera articolata e che, pertanto, fanno sì

che il disturbo non venga trasmesso seguendo le regole della

trasmissione classica mendeliana genetica. Affinché il tratto maladattivo,

il sintomo, il disturbo si esprimano nell'individuo, devono essere presenti

più geni predisponenti e più fattori ambientali negativi, e deve verificarsi

un particolare modello di interazione gene-ambiente che dà luogo alla

specifica condizione psicopatologica. Quindi, l'ambiente, per presentarsi

un disturbo mentale, sì, c'è una componente genetica, ma l'ambiente va

ad attivare o meno la presenza di certe combinazioni di geni, non è un

gene solo che spiega la presenza o meno di un disturbo mentale, ma

sono spesso i disturbi mentali a livello genetico vengono spiegati

dall'interazione tra più geni e dall'interazione tra il patrimonio genetico e

l'ambiente che va ad attivare o meno gli aspetti genetici che possono

essere rilevanti per l'espressione di un determinato comportamento

disfunzionale. L'ambiente modifica la possibilità di espressione del

materiale genetico, così come il patrimonio genetico si mostra

all'ambiente come qualcosa di plastico, variabile e non definibile né

controllabile a priori. E quindi da qua tutto il ruolo dell'epigenetica nello

studio della salute mentale che approfondiremo nelle prossime lezioni.

Ora, per capire come si è arrivati a queste spiegazioni e a queste

definizioni complesse, però, io credo sia importante andare a ricostruire,

a riprendere, a riconsiderare la storia dello studio della psicopatologia. La

storia dello studio della salute mentale e del disturbo mentale nasce con

la nascita della medicina. Nel mondo occidentale, la medicina nasce nel

V-IV secolo a.C. in Grecia, in particolare con la figura di Ippocrate. Le sue

teorie saranno poi riprese nel mondo romano nel II secolo d.C. da Galeno,

e queste teorie continueranno a guidare l'eziopatogenesi e gli approcci

terapeutici in medicina praticamente fino al XIX secolo. Quindi sono

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Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina111111111 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia clinica 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Baglioni Chiara.
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