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T E O L O G I A II
Lezione 1 - 29/09/2021
Info: distingue tra frequentanti e non frequentanti. Non prende le presenze. Non dà il
quarto d’ora accademico. L’esame è in forma scritta (11/12 domande a risposta multipla) su
blackboard, per lui possiamo farlo anche da casa nostra ma non sa se è possibile come cosa.
Tutti gli avvisi gli mette su blackboard. Struttura esame: test con 11 quesiti a risposta
multipla, se la risposta è sbagliata non si scala il punteggio. Altro testo consigliato
“Filastrocche e canarini” edito da Cantagalli.
Lezione 2 - 30/09/2021
PRIMA PARTE
(uomo, creazione, caduta)
Testo che fa riferimento a "Le avventure di Pinocchio":
C'era una volta..
"Un re!" diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato.
C'era una volta un pezzo di legno.
Testo emblematico che può aiutare nel dire qualcosa riguardo all'uomo in ricerca -> in
ricerca di Dio, nel suo progressivo allontanarsi e riavvicinarsi al Padre, cioè Dio (giochi di
richiami -> gura di Geppetto richiama quella del Creatore)
Burattino, Pinocchio, che si avvicina e si riallontana dal padre -> alla ne diventa un b/o in
carne ed ossa Itinerario che prima ancora di descrivere il percorso dell'uomo in ricerca di
Dio, è il percorso dell'uomo che diventa pienamente se stesso -> riesce ad attuare tutte le
virtualità di cui è capace (burattino -> b/o in carne ed ossa) Testo per la prima volta
raccontato da un losofo Danese, Søren Kierkegaard -> utilizzato anche da Papa Benedetto
XVI, in un testo, ancora Joseph Ratzinger, studioso e teologo all'Università di Tubinga,
quando faceva corsi traversali per studenti provenienti da altri vari corsi di studi -> pubblica
nel 1969 in Italia (1968 per la Germania) "Introduzione al Cristianesimo" in cui nel I
capitolo racconta questo apologo.
Chi oggi prova a parlare della fede cristiana, di fronte a persone che per professione o per
convenzione non hanno familiarità con il pensiero o il linguaggio ecclesiale, avvertirà quanto
sia dif cile tale impresa. Vi è un’analogia con il clown, del libro “La città secolare” di Cox.
La storia narra di un circo colpito da un incendio; il direttore mandò il clown a chiamare
aiuto, ma tutti presero le grida del pagliaccio unicamente per un trucco del mestiere. Il
clown aveva ancora più voglia di piangere e tentò di scongiurare gli uomini ad andare
spiegando che non si trattava di una nzione. Il suo pianto non faceva altro che intensi care
le risate. Continuò così no a che il fuoco si appiccò realmente nel villaggio e ogni aiuto
giunse troppo tardi. Tutto venne distrutto.
Cox narra questo racconto per delineare la situazione del teologo al giorno d’oggi: nel clown
che non riesce a far sì che il suo messaggio sia veramente ascoltato da parte degli uomini, 1
 fi fi fi fi fi fi fi
vede l’immagine del teologo (non viene mai preso sul serio, è come se avesse un’etichetta e
imprigionato nel suo ruolo).
Ci si accinge a raccontare una aba o ad inaugurare un corso di teologia all'Università
incontra subito il problema dell'inizio: come si deve cominciare? Da chi si deve partire? Chi
c'era una volta?
Le abe propongono da sempre una soluzione concorde: c'era una volta un re. E i "piccoli"
(si intende adottare anche un termine presente nel Vangelo), cui è dato conoscere i misteri
del Regno, non hanno alcuna esitazione e si attengono tutti all'ortodossia (correttezza) delle
abe
Il Collodi, invece, uomo di genio, si discosta dalla partenza comune e propone un attacco
che pare rivelare l'amore al non conformismo, il coraggio...La sua storia inizia in un modo
nuovo: C'era una volta un pezzo di legno
Passaggio a pagina 7,8 volume "Il mistero di pinocchio" di Giacomo Bif cui dobbiamo delle
intuizioni di questa interpretazione in chiave teologica delle "Avventure di Pinocchio"
Sul nire del 1880 Guido Biagi, che all'epoca era caporedattore del giornale dei b/i, si vide
recapitare un mucchio di cartelle dal titolo "La storia di un burattino". Inviate da Carlo
Lorenzini, noto opinionista, politico e culturale (Collodi pseudonimo che prende dal paese
nativo della madre)
A parte dal 1875 dopo aver tradotto le favole di Perrault si era dato alla letteratura per
l'infanzia, accompagnando queste cartelle con biglietto: "ti mando questa bambinata, fanne
ciò che vuoi, ma, se la stampi, pagamela bene che mi venga voglia di seguitarla"
Si fa fatica a cogliere in queste righe la tensione e la severa compostezza di chi si accinge a
un'alta e
memorabile impresa, perché quella della stesura di Pinocchio è così Il racconto fu scritto a
rate e pubblico a scadenza (no regolari) -> stesura obbedisce a un disegno tracciato i
anticipo e meditato con cura, ma la progettazione non andava oltre il 15° capitolo, che
sarebbe dovuto essere l'ultimo, cioè la morte del burattino.
Scrive Bif :
Nella puntata del 27 ottobre, sul giornale dei b/i, dopo l'impiccagione di Pinocchio alla
Quercia Grande c'è chiara la parola " ne", però con il 16 febbraio le puntate riprendono
per interrompersi ancora con l'attuale capitolo 29° edito il 1 giugno. Ricompaiono, 5 mesi
dopo, procedendo 'a sbalzi per concludersi de nitivamente il 25 gennaio 1883, e nel
febbraio delle stesso anno "Le avventure di Pinocchio" sono radunate in un volume e si
avviano a percorrere le strade del mondo.
Conclude Bif :
Non saprei citare un altro capolavoro scritto con tanta malavoglia e con così poco
entusiasmo
Ma si può trascurare con tanta leggerezza il parere dei "piccoli"?
Da che parte sta il conformismo? Dalla parte delle abe che, s dando il senso comune, ci
parlano di corone e di scettri in un mondo, quello reale, dove i re non compaiono quasi più,
o dalla parte del Collodi che si adegua alla realtà usuale dei pezzi di legno? Ha più
coraggioso Collodi a partire da un pezzo di legno la cui realtà nessuno si sogna di mettere in
dubbio, o hanno più coraggio le abe a rivendicare l'esistenza di un Re che nessuno è mai 2
fi
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riuscito a vedere?
Ma la domanda più importante è questa:
E' proprio fuori discussione che il realismo e la concretezza sono di che bada principalmente
ai pezzi di legno? Se un Re c'è davvero, l'atteggiamento più pratico e positivo è quello di
cominciare da lui -> quello che qui si intende precisare è che c'è: un dato reale, ma è
davvero di fatto il principio? O è qualcosa che in seconda battuta c'è nella misura in cui il
primato lo ha? Qualcuno che ha posto in essere questa realtà?
Il discorso si muove attorno al concetto di creazione -> il Re è metafora che indica il
creatore, cioè Dio -Dunque, chi c'è in principio?
In principio era il Verbo (Gv 1,1)
All'inizio di tutte le storie c'è Dio.....
Se in principio c'è il Re, l'attenzione primaria deve essere per lui
Dio, se esiste, non tollera di essere posposto o di essere sottointeso neppure
metodologicamente
Nulla è più comico della presunta opportunità di comportarci "ut si Deus non daretur"
(come se Dio non esistesse) - frase utilizzata nel '600 da un giurista, teologo, losofo Ugo
Grozzio, che la adotta per indicare il fatto che il diritto naturale/legge, sia valida al di là di
un legislatore, autorità che la ponga in essere e le conferisca validità
- ,nell'eroico intento di restituire all'uomo e al mondo la propria dignità
-> come se la posizione di un Dio possa in qualche modo 'sminuire' la dignità dell'essere
umano
D'altra parte, se la natura è l'esito di un atto creatore/ soprannaturale, la natura stessa è
coincidente con la soprannatura, in quanto esito di un atto divino, quindi soprannaturale
-> invece la scienza si propone di spiegare come le cose sono avvenute, di elaborare ipotesi
più che delle teorie
Se Dio esiste, le cose sono essenzialmente relative a lui. Se mi metto a pensare, amare,
sperare, vivere come se Dio non ci fosse, simultaneamente mi metto a pensare, amare,
sperare, vivere come se neppure io avessi qualche consistenza
Chi, per meglio esaltare lo splendore della luna, proponesse di spegnere il sole, sarebbe
senza dubbio più sensato di chi suggerisse di avvolgere Dio nell'ombra, estromettendo anche
solo in via di ipotesi dalla nostra consapevolezza, perché così l'uomo più liberamente
campeggi come l'eroe unico della solitudine cosmica e la sola misura di tutte le cose
Da che cosa deve cominciare allora il discorso teologico?
Lo si può cominciare da ciò che si vuole, ma con una premessa:
Il mondo non è una congerie di realtà slegate tra loro: le verità, se sono tali, si implicano
tutte vicendevolmente. Perciò, da qualunque punto si parta, si arriva sempre ad attingere il
disegno unico e onnicomprensivo di Dio.
Purché si parta davvero! Non ci si impigli cioè nella prima realtà considerata e non la si
assolutizzi
Si cominci pure da un pezzo di legno, purché lo si esamini senza alcune pregiudizio, e, se
inaspettatamente si udrà uscirne una voce, non la si neghi, come maestro Ciliegia
(rappresenta il re3lativista, scientista che ha una visione parziale della realtà), in nome di
qualche assioma pre ssato.
Il Collodi, che pone all'inizio del suo discorso un pezzo di legno, riesce alla ne a
raggiungere il Padre. Ogni verità può offrire l'avvio, purché sua "cattolica", cioè non 3
 fi fi fi
amputata, e sia accettata e svolta in tutte le sue conseguenze.
Del resto, chi parla dell'uomo, parla implicitamente anche di Dio, del quale l'uomo è
immagine.
Dunque, l'unico vero inizio anticonformista è stato quello scelto dal Padre, quando ha
stabilito prima di tutti i tempi Gesù croci sso e risorto come il "principio", il "primogenito",
il "primeggiante" (Col 1,18)
Eppure, com'è bella, dal punto di vista esistenziale, questa partenza del Collodi. Perché in
realtà noi, dalla prospettiva della vita e dell'esistenza reale, non avvertiamo come primo
problema di Dio. Quando la vita incomincia a ferirti davvero, a far sorgere le domande vere,
la prima domanda che nasce non è se Dio esista o no...prima c'è la domanda sulle cose, sulla
vita, sul senso...
Ma: "perché? Come?", "Perch