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Modifica/Emendamento/Revisione negli accordi internazionali
Il diritto dei trattati ha natura consensuale e di conseguenza questo principio deve trovare applicazione anche quando un trattato viene modificato in corso d'opera. Sia nel caso in cui il trattato originario preveda espressamente la possibilità che sia modificato senza il consenso di tutte le parti contraenti, ma con la maggioranza, sia se dovesse proibire qualsiasi emendamento o modifica non approvata da tutte le parti originarie, prevale la volontà normativa del trattato originario.
Il problema è quando nulla prevede: in questi casi la Convenzione prevede che debba essere valutato se la modifica possa entrare in vigore senza pregiudicare l'applicazione del trattato originario e senza comportare una modifica sostanziale dei diritti e degli obblighi discendenti per le parti contraenti originarie. La Convenzione di Vienna specifica che per gli stati che hanno ratificato sia la versione originaria che
quella modificata sarà vigente quella modificata (criterio di successione dei trattati nel tempo). Per le parti che hanno ratificato solo uno dei due trattati varrà il trattato ratificato e nei rapporti tra quelli che hanno ratificato solo il trattato originario e quelli che hanno ratificato anche quello modificato varrà quello originario perché manca il consenso da entrambe le parti. Finora abbiamo presupposto che il diritto dei trattati, anche con riferimento alle modifiche e alla revisione segua sempre il principio consensuale: c'è una eccezione -> particolare tipologia di accordi internazionali: gli atti istitutivi di organizzazioni internazionali (Carta ONU, costituzione della FAO, Convenzione che istituisce l'organizzazione internazionale del lavoro ecc). Questi hanno natura di accordi internazionali ma non hanno solo una dimensione normativa (non prevedono solo diritti e obblighi), ma hanno anche una dimensioneistituzionale, prevedono la nascita di un ente diverso dagli stati e che ha una propria soggettività e una propria volontà nell'ambito del diritto internazionale. Pur essendo giuridicamente degli accordi internazionali conclusi di solito in forma solenne, hanno la funzione di rimanere in vigore per decenni. Alla Carta ONU bisogna dare un'interpretazione evolutiva anche sulla base della prassi degli organi che hanno interpretato le disposizioni della Carta, ma è necessario anche nel tempo emendare e modificare gli atti istitutivi delle organizzazioni perché sono destinati a durare nel tempo. Bisogna prevedere all'interno degli atti istitutivi un meccanismo istituzionalizzato di revisione; dall'altra parte questo meccanismo non può fare riferimento solo al principio consensuale altrimenti la conclusione sarebbe una balcanizzazione (regressione) normativa insostenibile a livello internazionale. Le regole classiche che seguono un principioconsensuale non potrebbero mai trovare applicazione nell'ambito delle Nazioni Unite.
Esempio: 1963 Emendamento che ha allargato la composizione del Consiglio di Sicurezza: prima 11 membri (5 permanenti+6 non permanenti), allargato a 15 membri, aumentando i membri non permanenti a 10. Questo avvenne perché nel frattempo era cambiata la comunità internazionale, nel 1945 solo 51 stati avevano ratificato la Carta ONU avendo partecipato alla conferenza di San Francisco. Nel 1960 grazie alla decolonizzazione gli Stati membri avevano già superato i 100. Se aumenta la base sociale è normale che anche il Consiglio di sicurezza, che dovrebbe rappresentare la comunità internazionale, deve subire una modificazione della composizione. Se si seguisse il principio consensuale questo emendamento dovrebbe valere soltanto per i paesi membri che hanno votato a favore e hanno ratificato il relativo emendamento (ovviamente non avvenne), cosa che avrebbe avuto delle
conseguenzeistituzionali significative. Nell'ambito di una organizzazione internazionale tale principio deve essere adattato alle necessità, tant'è vero che nell'ambito delle nazioni unite la procedura di emendamento della Carta prevista dall'art. 108 non segue il principio consensuale, ma prevede la sua eccezione: il principio normativo, secondo il quale l'emendamento vale non solo per gli stati che hanno espresso il loro consenso approvandolo e poi ratificandolo ai fini della sua entrata in vigore, ma una volta entrato in vigore questo avrà efficacia erga omnes partes (tutti i membri ONU). Negli ordinamenti interni anche la legge approvata e promulgata ha valenza per tutti.
Gli emendamenti alla Carta devono essere approvati dall'Assemblea generale ONU alla maggioranza assoluta dei 2/3 degli Stati membri delle Nazioni Unite. Inoltre l'emendamento deve entrare in vigore e per farlo dovrà essere ratificato dai 2/3 dei membri ONU.
internazionale nel campo dell'aviazione civile). In ogni caso, l'obiettivo principale di queste organizzazioni è quello di promuovere la cooperazione tra gli stati membri per affrontare le sfide globali e garantire la pace e la sicurezza internazionale.internazionale in materia di aviazione civile).
I TRATTATI E GLI STATI TERZI
art. 34- 38 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattasti
Principio consensuale: il diritto dei trattati si basa sul principio del pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati). Però può accadere che un trattato preveda obblighi e diritti in capo a stati terzi.
La commissione si è trovata di fronte ad una prassi non sempre conforme a questo principio fondamentale, cioè che i trattati impegnano solo gli stati che hanno espresso il consenso a vincolarsi.
Art. 35 : la Convenzione tiene conto della prassi secondo la quale il trattato internazionale prevede degli obblighi giuridici in capo a stati terzi, ma per cercare di limitarne l'impatto negativo prevede che in questi casi gli stati terzi devono dare espressamente il loro consenso ad accettarne gli obblighi discendenti con dichiarazione unilaterale. La prassi è caratterizzata da abusi politici, i paesi forti si approfittano
La disposizione dell'accordo prevede la possibilità di concludere accordi che comportano obblighi per il terzo stato senza la sua partecipazione diretta ai negoziati, al fine di evitare abusi.
Gli Accordi di Doha, firmati nel 2020, sono un trattato di pace che prevedeva il ritiro completo delle truppe americane dopo vent'anni di guerra, riportando i talebani al potere in Afghanistan. Il Consiglio di Sicurezza ha adottato provvedimenti solo quando i talebani hanno vietato alle donne di lavorare nelle organizzazioni non governative e negli organi delle Nazioni Unite presenti in Afghanistan.
L'accordo non è stato concluso dal governo legittimo dell'Afghanistan, ma tra gli Stati Uniti e i talebani, imponendo all'Afghanistan l'obbligo di liberare i detenuti talebani accusati di essere terroristi. Questo accordo sembra essere in contraddizione con il principio di autodeterminazione dei popoli, poiché l'Afghanistan non ha partecipato con il suo governo legittimo.
più prevede obblighi in capo a uno stato terzo.
Art. 36: accordi internazionali che possano prevedere dei diritti in capo agli Stati terzi. Non prevede che il consenso debba essere espresso ma che possa essere implicitamente considerato, ovvero presunto. Lo Stato terzo nell’esercitare questo diritto dovrà conformarsi ai limiti e alle modalità di applicazione previste dal trattato in questione.
Art. 37 : revoca degli obblighi o diritti. Come gli Stati parti hanno previsto obblighi o diritti in capo a stati terzi, così possono revocarle. Efficacia temporale degli accordi internazionali: irretroattività. Devono essere rispettati dal momento della loro entrata in vigore. È importante capire se quell’accordo è entrato in vigore a livello internazionale e da quale momento l’accordo è vigente per uno stato determinato, per capire se in un dato momento storico quello stato doveva rispettarlo.
Applicazione territoriale degli
accordi internazionali
Se nulla osta il trattato deve trovare applicazione in tutto il territorio dello stato che ha espresso il proprio consenso avincolarsi. Soprattutto con riferimento agli accordi sui diritti umani però gli Stati nel momento in cui notificavano la propria ratifica facevano delle dichiarazioni in cui affermavano che tale trattato non avrebbe trovato applicazione nelle proprie colonie o territori oltremare —> lo Stato può apporre una riserva detta dichiarazione sull'applicazione territoriale col quale specifica in quali territori troverà applicazione la convenzione che lo Stato ha ratificato.
PROCEDURA DI SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI
Art. 65 e seguenti
Distinzione basata sul fatto se la controversia, in materia di invalidità o estinzione o sospensione di un trattato, verte o meno sullo ius cogens; se vi verte dopo una fase preliminare comune a entrambe le procedure, una delle parti in controversia può deferirla
con ricorso di parte alla CIG. Per le altre controversie (trattato concluso per errore, uso della forza, corruzione, estinzione di trattati o soppressione) invece prevede una procedura avente natura conciliativa, specificata in un allegato alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, ovvero la possibilità di istituire una commissione di conciliazione presentando un reclamo al segretario generale delle Nazioni Unite (che prima farà un tentativo di risolvere la controversia a titolo di mediatore). La commissione è composta da 5 membri: i primi 4 conciliatori sono indicati dalle parti ed entro 60 giorni indicano il quinto membro, altrimenti è scelto dal segretario generale e sarà il presidente della commissione. La sentenza della CIG è giuridicamente vincolante (clausola compromissoria all'articolo 66), mentre il rapporto elaborato nell'ambito della commissione di conciliazione ha natura giuridica di "raccomandazione".giuridicamente rilevante (le parti decideranno se tenergli fede o meno). La commissione dovrebbe adottare il rapporto per maggioranza ma di solito invece lo fa per consensus. Gli effetti giuridici sono contenuti nella parte finale dell'allegato, che prevede anche