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Rimanenze
Il valore delle rimanenze nello Stato Patrimoniale può variare, anche a parità di
quantità fisica dei beni a magazzino, in base a tre fattori principali:
1. Le ipotesi sulle sequenze di utilizzo dei beni.
2. L’eventuale necessità di svalutazione delle scorte.
3. La composizione dei semilavorati e dei prodotti finiti.
1. Sequenze di utilizzo dei beni
Durante un esercizio, l’impresa può acquistare più volte lo stesso tipo di bene a
prezzi differenti. Alcune unità verranno utilizzate durante l’esercizio, mentre
altre resteranno in magazzino. Il valore delle rimanenze e dei consumi
dipenderà quindi dal metodo scelto per determinare quali unità sono state
utilizzate e quali rimangono in magazzino.
Gli IAS/IFRS prevedono due principali metodi di valutazione:
Metodo FIFO (First In, First Out): si presume che le prime unità acquistate
siano le prime utilizzate.
Metodo del costo medio ponderato: si assume che tutte le unità abbiano
un costo medio, calcolato sulla base dei prezzi di acquisto.
Anche se il costo complessivo dei beni per l’intero periodo è identico, il metodo
scelto può generare risultati diversi nei singoli esercizi. Eventuali cambiamenti
nel metodo di valutazione da un esercizio all’altro devono essere spiegati nella
nota integrativa, con le motivazioni e l’effetto sul reddito.
Esempio: Valutazione delle rimanenze
Un’impresa ha acquistato olio combustibile come segue:
15 marzo 2001: 1.000 litri a €0,50/litro.
18 luglio 2001: 2.000 litri a €0,60/litro.
21 settembre 2001: 1.000 litri a €0,70/litro.
Al 31 dicembre 2001, sono rimasti in magazzino 1.500 litri. Nel 2002, l’intera
quantità viene consumata.
Metodo FIFO
I 2.500 litri utilizzati nel 2001 corrispondono a:
1.000 litri acquistati il 15 marzo: €0,50 × 1.000 = €500.
o 1.500 litri acquistati il 18 luglio: €0,60 × 1.500 = €900.
o Valore dei beni utilizzati nel 2001: €1.400.
o
Rimanenze al 31/12/2001:
500 litri acquistati il 18 luglio: €0,60 × 500 = €300.
o 1.000 litri acquistati il 21 settembre: €0,70 × 1.000 = €700.
o Valore delle rimanenze al 31/12/2001: €1.000.
o
Valore dei beni utilizzati nel 2002 (pari alle rimanenze del 2001): €1.000.
Metodo del costo medio ponderato
Costo medio degli acquisti:
Costo medio=(0,50×1.000)+(0,60×2.000)+(0,70×1.000)4.000=€0,60\te
xt{Costo medio} = \frac{(0,50 × 1.000) + (0,60 × 2.000) + (0,70 ×
1.000)}{4.000} =
€0,60Costo medio=4.000(0,50×1.000)+(0,60×2.000)+(0,70×1.000)
=€0,60
Valore dei beni utilizzati nel 2001:
2.500 litri × €0,60 = €1.500.
o
Rimanenze al 31/12/2001:
1.500 litri × €0,60 = €900.
o
Valore dei beni utilizzati nel 2002 (pari alle rimanenze del 2001): €900.
2. Svalutazione delle rimanenze
Se il valore di mercato di una specifica rimanenza diventa inferiore al suo costo
storico, la differenza deve essere contabilizzata come svalutazione.
3. Valutazione di semilavorati e prodotti finiti
Per determinare il valore dei semilavorati e dei prodotti finiti, è necessario
identificare:
1. Le risorse specifiche utilizzate per produrre ciascun articolo.
2. La valorizzazione delle risorse, che richiede un sistema di contabilità
analitica per garantire precisione.
12.2.3 Attività non correnti disponibili per la vendita
Questa voce raccoglie le attività che prt natura sono utilizzate oltre il ciclo
operativo dell’impresa (ad esempio immobili o anche attività immateriali come
brevetti) che tuttavia l'impresa ha previsto di vendere. Gli IAS/IFRS prevedono
che i beni, una volta inclusi in questa categoria, non siano ammortizzati.
12.3 Il passivo
Il passivo dello Stato Patrimoniale si suddivide in tre principali aggregati:
1. Patrimonio netto: comprende i diritti vantati dagli azionisti sull’impresa.
2. Passivo corrente: include le passività con scadenza entro il normale ciclo
operativo o entro 12 mesi dalla data di bilancio.
3. Passivo non corrente: include le passività con scadenza oltre i 12 mesi.
La struttura del passivo è organizzata sulla base della natura dei diritti vantati sulle
risorse dell’azienda. In particolare, si distingue tra:
Patrimonio netto: rappresenta i mezzi propri dell’impresa, ossia i diritti degli
azionisti.
Passività correnti e non correnti: costituiscono i mezzi di terzi, ossia i diritti
vantati da soggetti esterni come creditori e finanziatori.
12.3.1 Patrimonio netto
Il patrimonio netto rappresenta l’insieme dei diritti vantati dagli azionisti sull’impresa.
Questi diritti derivano principalmente da due fattori:
1. Versamenti diretti di capitale da parte degli azionisti.
2. Variazioni del valore del capitale attribuibile agli azionisti, generate dall’attività
gestionale dell’azienda.
1. Versamenti diretti di capitale
I versamenti degli azionisti vengono registrati come capitale sociale, che rappresenta
l’insieme delle azioni (o quote societarie) sottoscritte. Ogni azione è valorizzata al suo
valore nominale, al netto di eventuali crediti verso i soci.
Questi versamenti possono avvenire:
Al momento della costituzione dell’impresa.
In periodi successivi, attraverso aumenti di capitale.
2. Effetto dell’attività gestionale
L’attività gestionale dell’impresa genera variazioni nei diritti degli azionisti attraverso
operazioni che "sbilanciano lo Stato Patrimoniale". Come spiegato nel paragrafo 12.1,
queste variazioni sono registrate nella voce utile d’esercizio.
Al termine dell’esercizio, gli azionisti possono decidere come utilizzare le risorse
aggiuntive generate:
Distribuzione ai soci: sotto forma di dividendi.
Trattenimento delle risorse in azienda: in questo caso, i diritti degli azionisti
vengono evidenziati come riserve.
Le riserve
Le riserve comprendono una serie di voci specifiche, tra cui:
1. Utili portati a nuovo:
Riguardano gli utili maturati in esercizi precedenti che l’impresa ha deciso
o di non distribuire come dividendi, conservandoli per garantire un
autofinanziamento.
2. Riserva sovrapprezzo azioni:
Si forma quando l’impresa emette azioni a un prezzo superiore al valore
o nominale.
La parte relativa al valore nominale è registrata nel capitale sociale,
o mentre il sovrapprezzo è contabilizzato nella riserva.
3. Riserva da rivalutazione: fair
Comprende le rivalutazioni effettuate quando si adotta il modello del
o value, che consente di rideterminare il valore dei beni dopo la loro prima
iscrizione.
4. Altre riserve:
Riserva legale: accantonamento obbligatorio di almeno il 5% dell’utile
o annuale fino al raggiungimento del 20% del capitale sociale.
Riserva statutaria: prevista dallo statuto dell’impresa e disciplinata caso
o per caso.
12.3.2 Passività non correnti
Le passività non correnti comprendono voci che, generalmente, vengono estinte
oltre il normale ciclo operativo dell’impresa. Le principali categorie sono:
1. Passività finanziarie
Includono obbligazioni in circolazione, debiti verso banche e altre
o passività finanziarie.
Si riferiscono a obbligazioni contrattuali che prevedono:
o La consegna di disponibilità liquide o altre attività finanziarie a
un’altra entità.
Lo scambio di attività o passività finanziarie con condizioni
sfavorevoli per l’impresa.
Come per le attività finanziarie, le passività finanziarie possono essere
o classificate come correnti o non correnti in base all’intenzione
dell’impresa di detenerle a lungo o breve termine.
Classificazione secondo IAS/IFRS:
Passività al fair value con variazioni rilevate a conto economico
o (Fair Value Through Profit and Loss - FVTPL):
Comprendono passività detenute per negoziazione.
Altre passività finanziarie:
o Non gestite a fini di negoziazione.
Valutazione: fair value.
Iscrizione iniziale: entrambe le categorie sono rilevate al
o Valutazione successiva:
o fair
Per le passività FVTPL, si continua ad utilizzare il criterio del
value, con variazioni registrate nel conto economico.
Per le altre passività finanziarie, si utilizza il costo ammortizzato,
calcolato tramite il metodo dell’interesse effettivo.
2. Fondi per rischi e oneri
Comprendono passività di importo o scadenza incerti, ma che
o rappresentano un’obbligazione attuale per l’impresa.
Esempi:
o Fondi per buoni sconto e premi.
Fondi per imposte legate a contenziosi in corso.
3. Fondi relativi al personale
Includono gli obblighi dell’impresa verso il personale, con particolare
o riferimento al fondo di trattamento di fine rapporto (TFR) in Italia.
Il TFR rappresenta l’insieme delle somme maturate dai dipendenti,
o proiettate al futuro per stimare l’importo da pagare al termine del
rapporto di lavoro.
Il calcolo del TFR considera:
o La permanenza residua prevista del dipendente o di gruppi
omogenei.
Gli aumenti salariali stimati.
Il valore finale viene attualizzato per riflettere il tempo e il valore
o monetario.
4. Imposte differite passive
Si riferiscono a imposte future dovute, contabilizzate nel passivo per
o riflettere le differenze temporanee tra il valore contabile e il valore fiscale
di un’attività o passività.
Riepilogo delle passività finanziarie
Passività FVTPL:
fair value
Iscrizione iniziale al (coincidente con il costo d’acquisto).
o fair value,
Valutazione successiva al con variazioni registrate nel conto
o economico.
Altre passività finanziarie:
fair value
Iscrizione iniziale al più i costi di transazione.
o Valutazione successiva al costo ammortizzato, utilizzando il metodo
o dell’interesse effettivo.
12.3.3 passività correnti
L’ultimo aggregato del passivo, il passivo corrente, include categorie simili a quelle già
analizzate nel passivo non corrente. Tuttavia, queste voci vengono iscritte come
correnti quando si prevede che saranno estinte entro il normale ciclo operativo
dell’impresa.
Composizione del passivo corrente
All’interno del passivo corrente assumono particolare rilevanza le seguenti categorie di
debiti, che si distinguono in:
1. Debiti di carattere commerciale:
Debiti verso fornitori.
o Anticipi ricevuti su lavori in corso su ordinazione.