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I centri storici nella legislazione urbanistica

La legislazione urbanistica italiana ha definito strumenti specifici per la tutela e il recupero dei centri storici, come le Zone Omogenee A e le norme per gli interventi di recupero. Questi strumenti hanno fornito una base legale per gli interventi di conservazione e riqualificazione, promuovendo una gestione qualitativa del patrimonio urbano.

In sintesi, l'urbanistica dei centri storici in Italia ha attraversato un percorso di evoluzione, passando da approcci metodologici più tradizionali a soluzioni innovative e integrate che tengono conto sia degli aspetti architettonici che di quelli sociali e culturali. La legislazione urbanistica ha giocato un ruolo fondamentale nel fornire strumenti adeguati per la tutela e la valorizzazione di questi preziosi patrimoni urbani.

Anni '70, '80 e '90

Negli anni '70, la questione dei centri storici ha assunto una nuova rilevanza, soprattutto a causa della crisi economica del 1973. Si è iniziato a considerare l'intera città esistente come una risorsa da non sprecare, proponendo di utilizzare il patrimonio edilizio sottoutilizzato per affrontare il problema abitativo. Questo periodo ha visto l'affermazione del concetto di "riuso" come soluzione al fabbisogno abitativo.

Negli anni '80, con il rallentamento dell'immigrazione interna e la decadenza delle funzioni industriali, le città hanno iniziato a contrarsi e a rivedere le aree interne lasciate libere dalle attività dismesse. Nel contempo, problemi come il degrado ambientale e la mancanza di spazi verdi hanno assunto maggiore rilievo.

Negli anni '90, si sono verificati importanti cambiamenti geopolitici, tecnologici e sociali, che hanno influenzato la forma delle città. Il centro storico ha perso il suo ruolo di luogo da preservare dall'industrializzazione, diventando invece un punto di stabilità e connessione di fronte alla varietà fisica e sociale.

Nel 1990, l'ANCSA ha proposto un aggiornamento della Carta fondativa, sottolineando l'importanza del "progetto di conoscenza" e definendo il concetto di "territorio storico" come espressione dell'identità culturale complessiva di una città. La tutela dell'architettura e dell'urbanistica moderne e contemporanee è diventata un tema centrale, con una maggiore attenzione alla vivibilità e alla sostenibilità dei centri storici. Tuttavia, dagli anni '90 ad oggi, l'interesse per i centri storici sembra essere diminuito, con molti che li considerano nuovamente un problema in cerca di definizione, soprattutto in termini di risorse economiche da dedicare loro.

La città storica

Il valore storico dei beni urbani è gestito attraverso un approccio incentrato sulla qualità del patrimonio. La città storica è soggetta a una doppia disciplina: una ordinaria, volta alla riqualificazione diffusa degli edifici e degli spazi liberi, e una straordinaria, mirata a produrre un valore aggiunto nel tessuto storico.

  • Cinque Ambiti di programmazione strategica individuati consentono interventi di riqualificazione più radicali, coerenti con il disegno complessivo della città e dell'Ambito di riferimento.
  • La disciplina dei tessuti mira a tutelare il valore storico-culturale già riconosciuto, consentendo modifiche all'esistente.
  • Gli interventi negli Ambiti, invece, progettano un nuovo valore, riattualizzando il significato dei resti attraverso relazioni visive, funzionali ed ecologiche.
  • La "Guida per la qualità degli interventi" fornisce indirizzi per tutelare e rendere funzionale alle esigenze contemporanee il patrimonio della città.

Roma ha elaborato il passaggio da "centro storico" a "città storica", considerandola un'infrastruttura vitale e attiva della città contemporanea, piuttosto che un museo a cielo aperto del passato urbano. Le parti ereditate degli insediamenti sono viste come un capitale fisso prezioso per la qualità dello spazio abitabile contemporaneo, con l'avvertenza che le diverse situazioni non sono omologabili.

Urbanistica ed ecologia

La metamorfosi delle città italiane dall'avvento dei tardi anni '90 del Novecento è stata drastica e sostanziale. Il tradizionale modello di crescita urbana ha ceduto il passo a una nuova era, definita come "metropolizzazione del territorio" da studiosi come F. Indovina e G. Campos Venuti. Questa fase di sviluppo è stata anticipata in varie regioni d'Europa e dell'America del Nord da un diffuso processo di dispersione insediativa.

La proliferazione della cosiddetta "città diffusa" è stata una risposta "spontanea" alla scarsa qualità delle periferie metropolitane, offrendo abitazioni più accessibili in un ambiente migliore rispetto alle periferie urbane consolidate. La metropolizzazione, invece, rappresenta il momento in cui questa dispersione insediativa si estende sul territorio, generando nuove aree urbane a bassa densità che, pur essendo parte integrante della "città", ne influenzano le dinamiche e le dipendenze.

L'espansione monofunzionale a bassa densità, spesso caratterizzata da estensioni territoriali regolari, è strettamente legata alla diffusione sociale dei mezzi di trasporto privati, soprattutto l'automobile. È stato proprio negli studi condotti da alcuni economisti urbani che è emerso per la prima volta il concetto di "sprawl" per descrivere questo fenomeno. In contrasto a questa tendenza, è emerso il movimento del "New Urbanism", un approccio tecnico-culturale che si oppone alla dispersione insediativa.

La città contemporanea si configura quindi come il risultato dell'espansione incontrollata della città tradizionale, con nuovi territori a bassa densità che si sovrappongono alle tradizionali periferie urbane, mantenendo interrelazioni stabili tra le varie parti. Questa "città" ha una dimensione geografica che supera i confini amministrativi e ospita oltre la metà della popolazione nazionale. Nonostante le previsioni di crisi emerse nella seconda metà del XIX secolo, la città continua a esercitare un forte attrattivo, essendo il luogo dove la maggior parte delle persone desidera vivere, lavorare, socializzare e migliorare la propria qualità di vita.

Tuttavia, la metropolizzazione della città contemporanea comporta squilibri territoriali e ambientali significativi. Si assiste alla perdita del tradizionale mix funzionale e sociale che ha sempre caratterizzato la città, con la formazione di nuove aree urbane monofunzionali e un aumento del processo di terziarizzazione della città tradizionale, spesso manifestatosi con la gentrificazione dei centri storici. Questa "nuova città" è priva di uno spazio pubblico riconoscibile, elemento cruciale della vita urbana che risulta scarsamente garantito anche nelle periferie urbane consolidate. Lo spazio pubblico della "nuova città" è principalmente costituito dalle infrastrutture di connessione e dai centri commerciali e strutture di intrattenimento sparsi sul territorio. La mobilità all'interno di questa città è prevalentemente basata sull'uso dell'automobile privata e su trasporti collettivi su gomma, mentre solo in minima parte si può contare su sistemi di mobilità di massa non inquinanti come il trasporto ferroviario.

Questo modello insediativo compromette il sistema ambientale frammentando e interrompendo la continuità dei sistemi naturali, mettendo a rischio la connessione ecologica e compromettendo la qualità dell'ambiente. L'aumento dell'antropizzazione del territorio ha effetti devastanti, tra cui la frammentazione ecologica e la perdita di biodiversità, con conseguenze dirette sull'equilibrio degli ecosistemi. Questo comporta un aumento delle temperature urbane, la perdita e il degrado delle aree naturali e la diminuzione della capacità di rigenerazione delle risorse ambientali.

In questo contesto, diventa cruciale l'adozione di strategie sostenibili per lo sviluppo urbano futuro. Le reti verdi e blu, che comprendono connessioni ambientali, ecologiche e sistemi tecnologici complementari, rappresentano una precondizione indispensabile per il mantenimento della biodiversità e il benessere urbano. Allo stesso modo, le reti di mobilità di massa e sostenibile devono costituire il fondamento su cui costruire una città meno energivora, più equa e salutare, integrata con reti di mobilità attiva. A queste due componenti si aggiunge l'importanza della conservazione del patrimonio storico e culturale come terzo sistema di connessioni e relazioni, fondamentale per preservare l'identità e la memoria delle città.

La definizione di "sostenibilità" proposta nel celebre Rapporto Brundtland del 1987, intitolato "Our Common Future", non si limita all'ambiente in sé, ma pone al centro il benessere delle persone, includendo di conseguenza la qualità ambientale. Questo concetto si basa sul principio etico della responsabilità delle generazioni attuali nei confronti delle generazioni future e abbraccia almeno due aspetti cruciali: il mantenimento delle risorse fondamentali e dell'equilibrio ambientale del pianeta, e la rigenerazione e la tutela delle risorse ambientali primarie come aria, acqua e suolo.

La sostenibilità urbanistica può essere quindi definita come una strategia che mira a garantire la compatibilità ambientale delle trasformazioni urbane e territoriali attraverso azioni integrate nei piani urbanistici stessi, che si concretizzano con la loro attuazione. Ciò include il contrasto al consumo di suolo attraverso la definizione di limiti alla trasformazione e la rigenerazione delle risorse rinnovabili come acqua e aria mediante azioni di compensazione.

La storia della pianificazione urbanistica ha visto una progressiva integrazione di temi ambientali, inizialmente con una componente più igienista e successivamente con un'attenzione crescente alle funzioni della natura e al metabolismo urbano. Concetti come i "servizi ecosistemici", che rappresentano i benefici che le persone traggono dagli ecosistemi, hanno assunto un ruolo centrale nel dibattito urbanistico moderno, con l'obiettivo di garantire la sopravvivenza della biodiversità.

L'ecologia urbana si propone di integrare in modo armonioso la natura, l'uomo e gli ambienti urbani, evitando danni ambientali e promuovendo il benessere delle persone. Un piano urbanistico sostenibile si caratterizza quindi per l'integrazione di misure ecologiche come la rigenerazione delle risorse.

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Annagiuliabertoli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Urbanistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Mestriner Paolo.
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