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Schopenhauer la conoscenza fenomenica (il Fenomeno) è costituita da una
“rappresentazione”, la quale presuppone sempre un soggetto conoscente e un
oggetto percepito attraverso le “forme “a priori (conoscitive) del soggetto stesso
[Da questo punto di vista Sch. rifiuta tanto l’Idealismo che interpreta la
conoscenza come una pura creazione dell’oggetto da parte del soggetto, quanto
il Realismo che vede nella conoscenza il semplice e passivo riprodursi nella
mente del soggetto dell’immagine dell’oggetto] .
Tuttavia, a differenza di Kant, le ”forme a priori” sono ridotte a tre: lo spazio e
il tempo (forme a priori della conoscenza sensibile), la causalità ( forma a priori
dell’intelletto e unica rimasta delle 12 categorie kantiane).
Spazio, tempo, causalità danno vita ad un insieme di relazioni necessarie (di
tipo appunto spaziale-temporale-causale) attraverso cui il soggetto struttura e
percepisce l’oggetto in una propria “rappresentazione fenomenica”. Tale
insieme di relazioni viene definito da Schopenhauer “principio di ragion
sufficiente” e da solo è in grado di spiegare il verificarsi fenomenico (e per
questo in un certo senso a un livello superficiale e perciò non profondo) dei
singoli eventi naturali ed umani; la conoscenza quotidiana e abituale, ma anche
le discipline scientifiche in generale si reggono su tale tipo di principio.
L’impostazione kantiana appare fin qui evidente , tuttavia il pensiero di
Schopenhauer viene ad assumere fin dall’inizio un significato e uno scopo
profondamente diversi : infatti in Kant, il Fenomeno costituiva una realtà
effettiva, anzi costituiva l’unica realtà conoscibile dal soggetto umano; in
Schopenhauer , invece, il Fenomeno è un’illusione, una pura apparenza , un
ostacolo che va superato per giungere alla conoscenza del “Noumeno” (cosa che
per Kant non era possibile all’uomo): E’ per questo motivo che in Schopenhauer
troviamo espressioni del tipo: “La vita è un sogno”, “Fra l’uomo e la realtà vera
è frapposto il Velo di Maya” (cioè il Fenomeno stesso). La possibilità, e in un
certo qual senso lo scopo dell’uomo, sono quelli di oltrepassare il Fenomeno per
giungere alla conoscenza del Noumeno, squarciare il Velo di Maya per accedere
alla vera realtà delle cose.
Ciò è dato solo all’uomo in quanto “animale metafisico”, cioè un essere che,
anche in virtù dell’esperienza del dolore e della morte, s’interroga sulla sua vera
natura, sulla sua vera essenza e si stupisce di esistere.
Il superamento del Fenomeno, secondo Schopenhauer avviene attraverso
un’intuizione tutta particolare che ha come oggetto il proprio corpo: infatti
l’uomo sente che dietro ogni parte della sua corporeità si nasconde (e nello
stesso tempo si manifesta) un’energia, un impulso vitale che lo spinge a volere,
una forza che opera incessantemente e che costituisce la vera essenza del nostro
corpo e del nostro essere; a questa energia Sch. dà il nome di “Volontà” o anche
di “Volontà di vivere”.
[Addirittura egli giunge a porre una corrispondenza diretta fra i diversi organi
del nostro corpo e certe oggettivazioni (o manifestazioni , concretizzazioni)
della Volontà stessa: l’apparato digerente è la manifestazione della Volontà di
nutrirsi, l’apparato sessuale è la manifestazione della Volontà di riprodursi, ecc.]
Ora poiché la Volontà è intuita al di fuori della categorie di spazio (oltre che di
tempo e causalità), secondo Sch. tale Volontà non costituisce solo l’essenza
reale dell’uomo, ma l’essenza vera di ogni essere (vivente o non vivente), in una
parola il Noumeno.
Metafisica
La Volontà, oltre ad avere un carattere spirituale (poiché la materia non è altro
che pura apparenza fenomenica che nasce attraverso le forme a priori della
mente umana, è cioè l’azione causale operata da una certa quantità di spazio in
un certo periodo di tempo), è unica (al di là degli infiniti volti attraverso cui
essa si manifesta); è incausata (al di fuori della categoria di “causa”) …infatti
si può rispondere alla domanda: “Perché vuoi una certa cosa?”, ma non si può
rispondere alla domanda: “Perché vuoi?”) è eterna (al di fuori della categoria di
“tempo”), immutabile, indistruttibile, insaziabile, inconsapevole e senza
scopo (quindi del tutto irrazionale)..
La stessa Volontà, secondo Schopenhauer, si oggettiva (cioè si concretizza, si
manifesta) a due livelli diversi. Ad un primo e principale livello si oggettiva in
un sistema gerarchico, ascendente di forme immutabili, aspaziali, atemporali e
acausali, che vengono chiamate platonicamente “Idee” (modelli universali dei
singoli oggetti esistenti a livello fenomenico): le “Idee” di forze naturali
(elettricità ,gravitazione, magnetismo, ecc.), le “Idee” di specie vegetali (pino,
margherita , betulla, ecc), le “Idee” di specie animali (cane , gatto, tigre, ecc.), le
“Idee” delle singole individualità umane nella loro radice metafisica ( a
differenza delle altre forme di essere, ogni individuo umano nel sua dimensione
psichica-emotiva-caratteriale corrisponde ad una specie).
Ad un secondo ed inferiore livello la Volontà, e con essa le Idee, si oggettiva
nelle singole manifestazioni spaziali, temporali, causali che noi percepiamo
come Fenomeno (es. : quella particolare scarica elettrica, quella particolare
pianta o fiore, quel particolare animale, e nel caso dell’uomo quel particolare
corpo fisico); da questo punto di vista spazio, tempo, causalità costituiscono il
cosiddetto “principium individuationis” (principio individualizzante). Cioè
quell’insieme di condizioni attraverso cui la Volontà (e le Idee) da una ed
universale si manifesta in una pluralità di singoli fenomeni.
In altre parole, i singoli fenomeni sono il manifestarsi in una dimensione
molteplice e pluralista, definita dalle coordinate spazio-temporali, delle idee. In
questa prospettiva spazio e tempo sono definiti anche come principium
individuationis, cioè principi che trasformano un’essenza unica e universale, in
una moltitudine di singoli fenomeni.
Analisi esistenziale
la Volontà implica mancanza, bisogno, privazione, quindi dolore, che perciò
costituisce la condizione normale e naturale di ogni essere; il piacere non è altro
che una cessazione temporanea del dolore (come già sostenuto da Pietro Verri e
Giacomo Leopardi), esso ha un’esistenza derivata, negativa e momentanea che
scaturisce dall’appagamento di un desiderio; ma subito la Volontà riprende il
suo ciclo e altri desideri subentrano a quello precedente (la cui soddisfazione
ormai non ci interessa più). L’unica vera alternativa al dolore è la noia che
pervade l’essere quando questi per un certo tempo riesce a interrompere il ciclo
della Volontà; ma la noia ci risulta ancora più insopportabile del dolore e quindi
ben presto si riprende a desiderare; così Sch. può affermare che “La vita è un
pendolo che oscilla tra la noia e il dolore”. Tutto il mondo soffre: il fiore che
appassisce, l’animale che non trova cibo, il bimbo che nasce , il vecchio che
muore , il giovane che invecchia, ecc. Nell’uomo il dolore è maggiore perché la
Volontà è cosciente, nell’uomo di genio il dolore è ancora maggiore perché egli
ha maggiore sensibilità.
La realtà intera è dunque dominata dal dolore universale e dunque per Sch. si
può parlare di “pessimismo cosmico”, un pessimismo reso ancora più tragico
dal carattere paradossale, assurdo e talvolta conflittuale ed egoistico attraverso
cui la Volontà si manifesta ed opera.
Infatti se si procede ad un’analisi dei modi in cui la Volontà opera nel mondo
della Natura si vedrà che essa si manifesta sotto forma di “lotta per la
sopravvivenza” (prima di Darwin), in cui la morte dell’uno è condizione
necessaria per la sopravvivenza dell’altro (es. : la gazzella non può sopravvivere
senza la morte del leone e il leone non può sopravvivere senza la morte della
gazzella). Inoltre nella natura l’individuo esiste solo in funzione della specie,
egli una volta che ha esaurito il suo compito riproduttivo molto spesso muore o
viene abbandonato a se stesso: l’unico scopo della Volontà sembra essere quello
di riprodurre se stessa. Infine talvolta la Volontà si manifesta come lotta crudele
ed inutile, senza senso (il caso più eclatante è quello della formica gigante
australiana che, se viene spezzata in due, mostra lo spettacolo della testa che
combatte contro la coda finché entrambe soccombono).
La stessa Volontà, con la sua logica assurda, si manifesta anche nell’uomo, sia a
livello di comportamento individuale che a livello di comportamento sociale. A
livello individuale infatti il comportamento umano non è altro che un
susseguirsi costante di desideri, di aspirazioni che, una volta soddisfatti, ci
appaiono privi di quell’interesse e quell’importanza che tanto li caratterizzava in
precedenza, e subito vengono sostituiti da altri desideri; considerata da un altro
punto di vista la vita stessa non appare altro che un continuo impegno per
evitare la morte (evitando o cercando di superare quei pericoli che ci
porterebbero ad essa) con l’unico risultato di avvicinarsi poi sempre di più alla
morte stessa (unica certezza della nostra vita).
Anche più drammatici appaiono il comportamento e la condizione umana sotto
il profilo sociale. La vita sociale, infatti, è un tentativo costante di sopraffazione
reciproca, scontro di egoismi (fra l’altro Sch. vive anche le prime fasi di
sviluppo della società capitalistico-borghese), come diceva Hobbes “l’uomo è
lupo dell’uomo”: la simpatia e la socievolezza nascono solo dal bisogno (siamo
simpatici e socievoli solo perché abbiamo bisogno degli altri). In realtà l’uomo è
l’unico animale che provoca la sofferenza al prossimo solo per il gusto di
vederlo soffrire (crudeltà gratuita), non solo ma poi soffriamo anche per le gioie
degli altri (invidia): del resto Dante non ha avuto difficoltà nel trovare degli
esempi quando ha dovuto descrivere l’Inferno, mentre problemi ne ha incontrati
per descrive