I MOTI DEL MACINATO
erano un’imposta sulla macinazione del frumento e dei cereali in genere, ideata, tra gli
altri, da Quintino Sella. Il punto è che la tassa sul macinato non soltanto gravava
sull’immediato e sui piccoli produttori, ma aveva una conseguenza diretta sul prezzo
del pane.
Questi due aspetti insieme fecero scoppiare una serie di moti. Tutto ciò andava contro
la tradizione politica annonaria di favorire i prezzi contenuti per i cereali. L’urgenza
però di dare risposte internazionali, costrinse gli uomini della destra a reintrodurre
un’imposta decisamente impopolare, di cui parla Bacchelli.
LA POLITICA DI RISANAMENTO FUNZIONO’?
Grazie alla politica di risanamento il disavanzo diventa avanzo nel 1876, ormai però
l’Italia era un paese stremato che stava iniziando a ribellarsi.
UNA “RIVOLUZIONE PARLAMENTARE”
Il presidente del consiglio, Marco Minghetti, principale personaggio della destra
“Quanto a noi, se
storica, nel 1875, presentando il bilancio dello stato diceva
dobbiamo lasciare questo ufficio, saremo felici ripensando che noi vi lasciamo il paese
tranquillo all’interno, in buone relazioni e rispettato all’estero; vi lasciamo le finanze
assestate e pregheremo Iddio che possiate questi benefici conservare alla patria … So
bene, e lo ripeto, che l’aver conseguito il pareggio non vuole dire trovarsi in una
situazione finanziaria prospera … Ma che per ciò? La prima cosa, la più importante,
quella da cui dovevamo incominciare, era il pareggio delle entrate e delle spese; era
quella la pietra angolare di tutto il restante edificio ”.
Il discorso pronunciato, preannunciando il pareggio di bilancio, prelude ad una
rivoluzione parlamentare, la quale consisteva nella vittoria della sinistra storica
all’interno del parlamento.
LA SINISTRA STORICA
Il cui programma era contenuto in un discorso pronunciato dal suo leader De Pretis,
sintetizzato nella risoluzione delle criticità evidenziate dalla destra, sia dal punto di
vista del diritto di voto, con un allargamento di esso ai cittadini di sesso maschile
alfabetizzati, altro aspetto fu quello di un maggiore decentramento amministrativo,
quindi una delega del potere di governo dei territori a comuni e province ed infine
un’attenuazione della pressione fiscale (a partire dalla soppressione del macinato),
altro elemento importante fu quello di un’istruzione elementare obbligatoria e gratuita
estesa di regola fino ai 9 anni. (legge coppino approvata nel 1877).
LA CRISI AGRARIA
Mentre la sinistra iniziava a prendere confidenza, in Italia si avviava la crisi agraria,
che fu all’origine della cosiddetta grande depressione, arriva in Italia in tempi più
dilatati, agli inizi degli anni ’80. Essa segna il tramonto dei tradizionali modi di
praticare l’agricoltura, espressa attraverso una caduta dei prezzi delle materie
prime e dei prodotti agricoli, molte agricolture, quelle più arretrate vennero spiazzate
e mise fuori gioco. I prezzi dei cereali, in virtù della concorrenza russa ed americana,
caddero, rendendo meno convenienti le pratiche del nord e del sud, si vide anche una
contrazione del prezzo del riso e della seta greggia. La contrazione fu più sensibile a
partire dal 1883 e finisce per comprimere i redditi dei piccoli agricoltori e le rendite
dei grandi proprietari terrieri oltre che reprimere i redditi degli imprenditori agricoli del
nord. Anche in Italia si cercò di reagire alla crisi con innovazione tecniche e
conversioni delle colture, abbandonate colture meno redditizie e avviate colture più
specializzate, le innovazione tecniche vennero avviate soprattutto nella val padana
dove si cerò di ridurre i costi utilizzando i fertilizzanti chimici e cercarono di innovare
dal punto di vista della meccanizzazione, le area coltivate non solo a cereali ma
anche a riso e canapa vengono ridotte per far spazio alla produzione del foraggio,
bestiame e soprattutto alla barbabietola da zucchero, che fu all’origine delle prime
grandi imprese, zuccherifici. Nel meridione si riduce la coltivazione dei cereali, e
laddove possibile si sviluppano aree di colture specializzate quali vigneti, uliveti,
agrumeti, le quali furono risparmiate dalla crisi agraria. Queste trasformazioni non
furono sufficienti ad evitare che un paese come il nostro, ad economia
prevalentemente agraria, fosse colpito dolorosamente dalla crisi agraria, rilevando
così un’altra grande inchiesta (1877-84), la quale mostra una serie di criticità, tali da
ridurre i margini di ripresa dell’agricoltura del nostro paese, come la diffusione
dell’analfabetismo, la denutrizione, malaria/pellagra, lavoro minorile, diffusione
dell’usura (contratti usurai, prestare denaro con tassi del 100%), la diffusione di
queste e altre criticità rendevano impossibili processi più ampi di riconversione
produttiva e miglioramento tecnico.
IL FENOMENO MIGRATORIO
Per effetto della crisi, per l’imponente presenza di criticità, migliaia di coltivatori
dell’Italia meridionale e padana vanno in rovina, incapaci di reagire, una massa
sempre più rilevante quindi prende la via dell’emigrazione (exit), inizialmente
emigrazione temporanea (coinvolse il nord), nel senso che si emigra tra paesi limitrofi,
poi diventa un’emigrazione permanente (coinvolse il sud), verso le Americhe. In totale
quasi 20.000.000 di Italiani.
Il fenomeno migratorio ebbe una portata quantitativa da suscitare un amplissimo
dibattito, quali erano i costi e quali erano i benefici, in realtà i costi erano certi, i
benefici incerti.
Tra i costi c’era il fatto che l’emigrazione finiva per coinvolgere in gran parte
maschi che creavano squilibri demografici, paesi popolati da donne ed anziani.
I benefici erano incerti, benefici che in realtà si pensava di ottenere erano la
rarefazione di manodopera che portava ad incrementi di salari, incrementi di
produttività con la sostituzione con macchine alla manodopera che
abbandonava i processi produttivi, infine, la formazione di un piccola proprietà
coltivatrice che avrebbe potuto essere avviata da una parte degli emigranti che
tornava in patria con i risparmi accumulati, in realtà l’unico beneficio certo
furono le “rimesse” degli emigranti, cioè gli invii di denaro che gli emigranti
facevano alle famiglie in patria, effettuate in valute forti, che costituivano a
livello macroeconomico una boccata d’ossigeno, un’importante voce che
riequilibrò la bilancia dei pagamenti, le quali ebbero una straordinaria
importanza per il consolidamento in età giolittiana del processo di
industrializzazione.
GLI EFFETTI INDIRETTI DELLA CRISI AGRARIA: IL “BOOM”
DEPRETISIANO
La crisi contribuì a quest’effetto indiretto positivo tramite un progressivo
disinvestimento di capitali nel settore primario, i quali trovano accoglienza
nell’ambito del settore secondario, che può giovarsi di materie prime più a buon
mercato. Nel 1883 poi viene posta fine alla misura d’emergenza del corso forzoso,
l’Italia entra nel gold standard, si hanno effetti di rafforzamento della lira che attirano
capitali stranieri, provenienti soprattutto dal Belgio, Francia e Germania. Nella
congiuntura degli anni 80 le banche iniziano a svolgere una funzione rilevante dal
punto di vista del sostegno all’economia, anticiclica, attraverso un aumento dei
crediti, un aumento degli sconti, a favore non soltanto dei settori alti ma anche medi
e più piccoli, che fa sì che sin da allora il paese assumesse un aspetto di paese banco-
centrico. (paese in cui la finanza d’impresa viene retta dalle banche, sistema
orientato agli intermediari).
Questa funzione fondamentale, di sostengo, si espresse in maniera molto ampia, e fu
alla base dell’articolazione del nostro sistema bancario, articolato da 6 istituti di
emissione e vari istituti di credito, ai vertici della piramide c’erano le società di credito
mobiliare, poi affiancate da altri istituti:
Società di credito mobiliare - (banche commerciali per azioni), banche di
dimensioni nazionali, specializzate (raccolta risorse attraverso azioni ed
obbligazioni), create sul modello francese, le principali furono il Credito
Mobiliare (1863) e la Banca Generale (1871).
Casse di risparmio – a forte vocazione sociale, le cui finalità sono anche di
natura sociale oltre che economica, Venezia (1822), Cariplo (1823), Firenze,
Roma, Bologna (1837), banche di deposito con l’idea di sviluppare la
previdenza, col denaro raccolto non soltanto operano a favore dello stato ma
svolgono operazioni di credito sul territorio che vanno dagli sconti delle cambiali
e i mutui.
Le banche popolari – funzione importante a livello territoriale, modello tedesco,
erano banche operative, finalità il mutualismo, la prima fu quella di Lodi, la più
importante quella di Milano, operavano a favore dei soci, degli imprenditori ecc.
con lo sconto delle cambiali.
Le casse rurali – Loreggia (1883), banche cooperative, diffuse in ambito rurale
per contrastare l’usura, diventano banche cattoliche.
Altri istituti – monti di pietà, monti frumentari, credito agrario, casse postali.
Situazione dal punto di vista quantitativo molto articolata, con un totale di 1132 istituti
di credito al 1890, i quali operavano in parte a favore dei settori alti delle industrie
quindi delle grandi imprese ed altre a livello intermedio sul territorio, questo insieme
contribuì al boom depretisiano.
IL MUTATO ATTEGGIAMENTO DELLO STATO VERSO L’INDUSTRIA
Al quale poi concorse un mutato atteggiamento dello stato verso il settore industriale
(il quale fece tutta la differenza), che dipese da un’opinione pubblica favorevole
all’intrapresa dell’Italia ad un accrescimento del settore secondario, il quale dipese
anche dalla pressione esercitata da accademici ed economisti, ceto imprenditoriale,
opinione pubblica…. Il dibattito economico che si ha oggi giorno lo si ha proprio sul
fatto che lo stato intervenisse nell’economia.
Il mutato atteggiamento dello stato, produsse una serie di risultati importanti, fu uno
degli elementi di maggior spicco del boom. Un primo risultato lo si ebbe già nel 1878,
quando la sinistra inizia a sovvertire la politica economica di tipo liberista ed emana
una prima tariffa doganale che offriva una certa protezione ad alcuni settori, quali il
tessile, dello zucchero, del vetro, della carta. Il mutato orientamento si espresse poi
attraverso una serie di provvedimenti, a partire dalla legge Boselli (1885), la quale
prevedeva una serie di agevolazioni all’industria cantieristica, con sgravi fiscali, sussidi
per la costruzione di navi e premi di
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