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POLITICA AGRARIA DEL FASCISMO

L'Italia era ancora un paese agricolo-industriale alla metà degli anni '20, si avvia verso l'industrializzazione ma non è ancora compiuta, lo dimostrano i dati del PIL che indicano la maggioranza della popolazione attiva impiegata nel settore primario; il 36% del PIL era fornito dall'agricoltura, il quasi 30% dall'industria, il resto era fornito dai servizi (grafico a torta slide 1 pp.6). Per il Fascismo il settore agricolo era fondamentale perché una parte di questo sosteneva che i valori di patria, famiglia ecc fossero meglio custoditi in ambito rurale che in ambito urbano, il settore agricolo era quindi importante da un punto di vista ideologico. I ceti agrari sono considerati custodi/depositari dei valori tradizionali promossi dal fascismo, non a caso tra i principali "sponsor" del fascismo agli esordi c'è il ceto agrario della Val Padana. Per motivi legati alla struttura del paese la

La politica agraria del fascismo diventa fondamentale. Quali allora gli obiettivi del fascismo? Si distingue tra obiettivi di lungo periodo e aspetti di più breve periodo:

  1. Aspetti del lungo termine = la sbracciantizzazione delle campagne, ossia la riduzione del numero di braccianti e creazione di un ceto di piccoli proprietari indipendenti (quindi è una specie di trasformazione dei braccianti in proprietari terrieri, particellari); il ceto bracciantile era quello che aveva animato maggiormente la conflittualità sociale nel primo dopoguerra, occorreva trovare i mezzi per mettere in atto questo progetto.
  2. Provvedimenti adottati negli anni '20 = sono 2 i principali provvedimenti di breve periodo, hanno a cuore l'agricoltura del nostro paese:
    1. la bonifica integrale
    2. la battaglia del grano

La bonifica integrale è un progetto del tecnico Arrigo Serpieri. A. Serpieri è un economista agrario, professore in diverse città italiane, Presidente

dell'istituto nazionale di economia agraria (=INEA) e Rettore dell'Università di Firenze, poi sottosegretario all'agricoltura e alla bonifica integrale. Significa che non vengono bonificati solo i terreni paludosi diffusi sia a nord, centro e sud e avviarne la coltivazione, ma qualcosa di più, ovvero modernizzare le campagne attraverso interventi infrastrutturali di diverso tipo (borghi, città, ponti, strade) e attraverso l'elettrificazione delle campagne stesse. Serpieri, divenuto sottosegretario all'agricoltura e alla bonifica integrale, concretizza questo pensiero con 4 provvedimenti che danno ai consorzi di bonifica un ruolo chiave e introducono il concetto di bonifica integrale nelle campagne, ovvero: - Il Testo Unico sulle Bonifiche (dicembre 1923) = definisce la centralità dei consorzi di bonifica e introduce il concetto di bonifica integrale - La definizione del sostegno finanziario alla bonifica = è a carico dello stato.

ma anche i proprietari terrieri devono concorrere insieme allo stato alle opere di bonifica.

Terzo provvedimento, la Legge Mussolini = richiama il termine di bonifica integrale, riconferma le precedenti leggi ma soprattutto definisce come lo Stato deve intervenire finanziando le bonifiche, sostegni alla produzione per incrementare la produttività del settore primario.

Il testo unico Definitivo nel 1933 = regola i compiti del pubblico e del privato, stabilisce le varie funzioni dei consorzi, prevede l'introduzione di nuove tecniche... Soprattutto si occupa della questione del Credito Agrario, distinguendo il credito agrario di esercizio cioè il credito a breve termine che finanzia le spese circolanti, dal credito agrario di miglioramento a lungo termine che finanzia le innovazioni tecnologiche.

Esito politico della bonifica integrale (molto discusso) = resistenza dei proprietari terrieri (soprattutto meridionali, più restii) riduce il ridimensionamento.

del regime fascista fu la cosiddetta "battaglia del grano". Questa politica mirava a rendere l'Italia autosufficiente nella produzione di grano, riducendo così la dipendenza dalle importazioni straniere. Per promuovere la produzione di grano, furono adottate diverse misure. Vennero introdotti incentivi finanziari per gli agricoltori, come sussidi e prestiti agevolati. Furono anche promosse campagne di sensibilizzazione per incoraggiare la popolazione a consumare prodotti a base di grano, come il pane. Inoltre, furono avviate grandi opere di bonifica delle terre, al fine di aumentare le aree coltivabili. Questo portò alla realizzazione di nuovi canali di irrigazione e alla bonifica di zone paludose. Nonostante gli sforzi del regime, la battaglia del grano non raggiunse completamente i suoi obiettivi. L'Italia non riuscì a diventare completamente autosufficiente nella produzione di grano e dovette continuare a importare una parte del proprio fabbisogno. Tuttavia, la politica della battaglia del grano contribuì comunque a incrementare la produzione agricola nel paese e a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni rurali. In conclusione, il regime fascista adottò diverse politiche nel settore agricolo, tra cui la bonifica integrale e la battaglia del grano. Queste politiche ebbero effetti sia a breve che a lungo termine, contribuendo alla modernizzazione del paese e alla trasformazione del territorio.

Viene enunciata in maniera propagandistica da Benito Mussolini attraverso l'istituto LUCE che loritrae a torso nudo mentre falcia i campi, mira a ridurre la dipendenza cerealicola dell'Italia dall'estero.

La svalutazione della lira comporta un aumento dell'aggravio delle importazioni legate al settore cerealicolo, costava molto il grano importato dall'estero perché veniva pagato con una moneta svalutata: mentre le esportazioni industriali erano favorite dalla moneta svalutata, le importazioni erano sfavorite e dunque gravava in maniera negativa sulla bilancia commerciale, la dissestava.

Il governo fascista decide allora di reintrodurre il protezionismo doganale sulla produzione cerealicola (abolita durante la guerra) e cerealicolizzazione, cioè orientamento della coltivazione di cereali attraverso fertilizzanti chimici, un'opera in generale di riorientamento delle colture che porta ad un aumento delle rese per ettaro (si produce di

più) e allargamento della superficie a grano(soprattutto nel sud Italia).=> l’Italia è pronta per un BILANCIO: pro e contro della politica economica del fascismo, unbilancio di quanto fatto da De Stefani, Serpieri…

a) i PRO

  • boom delle esportazioni, dei prodotti industriali
  • pareggio di bilancio
  • largo sostegno dato al credito

b) i CONTRO

  • aumento dell’inflazione
  • svalutazione della lira: le importazioni Non solo di cerali costavano di più, tutte le importazioni di materie prime
  • crescente deficit commerciale: sbilancio tra importazioni-esportazioni dei p.industriali
  • persistente debito pubblico estero: una questione che non si era risolta

A metà anni ’20 a fronte di molte critiche mosse dagli industriali Mussolini decide di sostituire DeStefani con VOLPI: è il fondatore della SADE che porterà a termine una politica economica di grande rilevanza che coincide con la risoluzione del

problema del debito (risanamento del debito) verso l'America. Lui fa 2 cose importanti quindi: sistema il debito con l'America anche grazie ai prestiti della banca Morgan e Quota 90. QUOTA 90: novanta nel cambio sta per lire per sterline. È una politica di tipo deflativo volta a rivalutare la lira nei confronti delle due principali divise estere, cosa che permette all'Italia di rientrare per qualche anno nel GS. È una politica di restrizione della circolazione monetaria per contrastare l'inflazione elevatissima. Aveva un significato simbolico, perché la battaglia sul grano e la battaglia sulla lira vengono avviate e gestite da Mussolini quasi contemporaneamente (metà anni '20 appunto). In realtà Quota 90 viene, però, accompagnata da altri 3 importanti provvedimenti: 1) le leggi bancarie del 1926 2) il consolidamento del debito pubblico fluttuante interno 3) la rivalutazione della lira a 90 lire per sterlina, ovvero la quota cheaveva nel 1922 (anno della marcia su Roma) Sono i 3 provvedimenti che definiscono la politica di Quota 90, nessuno va escluso, Quota 90 fu una manovra economica complessa con obiettivo generale di restringere la circolazione monetaria al fine di contrastare l'inflazione.
  1. LEGGI BANCARIE DEL '26: molto importanti per la storia bancaria, creditizia, economico-finanziaria del nostro paese. Nel 1926 vengono emanati due provvedimenti, a breve distanza: a maggio 1926 il provvedimento che dava definitivamente alla Banca d'Italia il monopolio di emissione di carta moneta, diventa a tutti gli effetti banca centrale, l'unica a poter emettere appunto. Gli altri istituti di emissione, il Banco di Napoli e quello di Sicilia, vengono dichiarati istituti di diritto pubblico che devono cedere le riserve auree e valutarie alla Banca d'Italia. Questo provvedimento è accompagnato da altri che regolano le funzioni e poteri della Banca, che si estende sempre di più finendo
per esercitare potere anche attraverso la fissazione del tasso ufficiale di sconto, cosa che fa nell'immediato provocando la serrata del credito, diminuzione della circolazione monetaria e una compressione dell'inflazione. È una manovra deflativa articolata in due provvedimenti quindi, cioè una diminuzione degli anticipi e un aumento del Tasso di sconto. Nell'autunno 1926, arriva il provvedimento per la tutela del risparmio, una nuova legislazione bancaria volta a disciplinare il settore del credito, imponendo "paletti" all'attività degli istituti di credito: in particolare i provvedimenti riguardavano le aziende di credito minori (cresciute senza controlli e regole appunto) cercando di razionalizzare il mercato del credito. Stabilisce 3 aspetti: a) il capitale sociale minimo, cioè che le banche dovevano disporre di un credito sociale minimo b) una parte dei depositi dovevano essere messi a riserva c) un minimo rapporto tra il capitale sociale e i depositi.

sociale della banca e i depositi. Tutto ciò sempre con lo scopo di ridurre l'inflazione.

2) CONSOLIDAMENTO DEL DEBITO PUBBLICO FLUTTUANTE:

Debito fluttuante = debito che alimenta l'inflazione perché deve essere rinnovato a scadenza

Esito/risultato: nel 1922 il debito pubblico fluttuante formava il 39,1% dell'intero debito pubblico del nostro paese (grafico slide 22 pp VI); la manovra di Volpi aveva come obiettivo quello di ridurre la massa di debito pubblico fluttuante ormai enorme.

Quello fluttuante viene ridotto a 2,9%, mentre quello consolidato intorno all'8%, nel 1929 (quindi in circa 7 anni).

La manovra venne realizzata per mezzo della trasformazione forzosa di 15 miliardi di debito pubblico a breve/medio termine (1 miliardo di debito quinquennale e 14 miliardi di debito settennale), in debito a lungo termine per un totale di 27,5 miliardi di lire, il Consolidato.

Il debito pubblico a breve termine (= 4/5/7 anni) viene quindi trasformato in debito consolidato.

il nome di "deferimento".
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
36 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher M.S.A di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Fornasari Massimo.