Anteprima
Vedrai una selezione di 13 pagine su 60
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 1 Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 2
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 6
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 11
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 16
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 21
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 26
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 31
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 36
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 41
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 46
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 51
Anteprima di 13 pagg. su 60.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia e critica del cinema  Pag. 56
1 su 60
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

LA NOUVELLE VAGUE

Un fenomeno come quello della Nouvelle Vague non può essere compreso senza tenere conto del contesto socioculturale francese del secondo dopoguerra. Infatti, dopo il 1945 e la fine dell'occupazione tedesca, Quarto potere e La fiamma del peccato uscirono in Francia alcuni fondamentali film hollywoodiani, da a che alimentarono la passione per il cinema americano da parte di un pubblico di giovani cinefili.

Contemporaneamente, la Cinémathèque Française cominciò a programmare regolarmente vecchi film di tutto il mondo e divenne il "covo" di una nuova generazione di intellettuali cinefili e critici. Fu l'epoca in cui lo studio del cinema entrò in Francia nell'ambito universitario; fu anche l'epoca di maggiore diffusione dei cineclub e delle riviste cinematografiche. Tra di esse la più importante fu certamente quella dei "Cahiers du cinéma", che, sotto la direzione di André Bazin,

Costituì la palestra critica per una serie di giovani che sarebbero diventati i protagonisti della Nouvelle Vague: Jean-Luc Godard, François Truffaut, Jaques Rivette, Eric Rohmer e Claude Chabrol, che fecero il loro esordio fra il 1958 e il 1960. Come critici, essi promossero la cosiddetta "politica degli autori", volta a valorizzare quei registi capaci di esprimere una personale visione del mondo soprattutto in termini formali e stilistici, da Jean Renoir a Orson Welles, da Robert Bresson ad Alfred Hitchcock, da Roberto Rossellini a Howard Hawks.

La maggior parte dei film della Nouvelle Vague venne girata in ambienti reali, con attrezzatura leggera, attori poco noti e troupe ridotte all'osso. Potevano così essere terminati velocemente e per metà del budget medio abituale.

L'ideale di un cinema soggettivo e personale derivava ai giovani registi anche dal celebre saggio del 1948 di Alexandre Astruc dedicato al concetto della caméra-stylo.

secondo il quale il linguaggio cinematografico aveva raggiunto la maturità e i nuovi cineasti avrebbero usato la macchina da presa come lo scrittore la penna, per esprimere le proprie idee e i propri sentimenti. Questa concezione del cinema li porta a ricercare un linguaggio individuale, fuori dai canoni comuni di un vero e proprio movimento. In generale, perseguono un rinnovamento del linguaggio cinematografico classico e delle sue regole, pur esprimendo la loro passione per il cinema hollywoodiano attraverso un atteggiamento citazionistico. Così, a storie di carattere autobiografico ne alternano altre volte a rivisitare i generi classici. Sul piano drammaturgico, invece, sono maggiormente influenzati dalla tendenza moderna all'allentamento della continuità narrativa e dei nessi logico-causali fra gli eventi.

“I quattrocento colpi” 1959 - François Truffaut- In generale, questo film rappresenta pienamente il concetto di soggettività

La cinematografica nella sua duplice accezione di soggettività autoriale e del personaggio protagonista. Infatti, il punto di vista del narratore per immagini, che qui corrisponde all'Autore, si sovrappone e si confonde con quello di Antoine. - La sequenza del commissariato mostra bene l'idea di narrazione soggettiva come vicinanza continua della macchina da presa al personaggio, alla sua figura e al suo volto. Diventano così ancora più significative le uniche due inquadrature soggettive vere e proprie di tutto il film presenti in questa sequenza, impiantate dentro due momenti drammatici dell'avventura di Antoine. Infatti, la prima è quella il cui punto di vista è posto dietro la grata del gabbiotto all'interno del commissariato, dentro il quale viene rinchiuso e isolato Antoine; la seconda, invece, è quella che restituisce lo sguardo del ragazzo sulle strade della città da dietro le sbarre della camionetta che lo sta portando.

All'istituto di correzione. Le due soggettive sono accompagnate dall'intervento della musica over, che esprime l'atteggiamento di empatia da parte del narratore.

La seconda sequenza mostrata, quella conclusiva del film, insiste su tre soluzioni linguistiche fondamentali: il lungo camera car che accompagna la fuga di Antoine; la lunga panoramica orizzontale che precede l'arrivo di Antoine sulla spiaggia e ne anticipa la visione del mare (che Antoine scopre per la prima volta), proponendosi come inquadratura semi-soggettiva, o soggettiva metaforica, all'interno della quale lo sguardo del narratore anticipa quello del personaggio e se ne "appropria"; lo stop-frame che fissa lo sguardo di Antoine rivolto verso la macchina da presa e lo spettatore in una interpellazione piena di interrogativi.

Siamo di fronte a un tipico esempio di finale sospeso e aperto: la fuga di Antoine probabilmente è finita, il paesaggio marino è spazio di libertà.

ma anche limite invalicabile, e il personaggio pare interrogare lo spettatore circa il proprio destino. "Fino all'ultimo respiro" 1960 - Jean-Luc Godard- La prima sequenza mostrata si apre con un omaggio al genere noir, di cui il film di Godard è una sorta di parodia, e in particolare al suo divo più celebre, Humprey Bogart, nella cui immagine Michel (Jean Paul Belmondo) riconosce sé stesso e il proprio modello. Questo primo segmento si conclude con un effetto iride, segno di punteggiatura filmica caratteristico del cinema muto. Il secondo segmento della sequenza è caratterizzato dal lungo movimento della cinepresa a mano che precede la camminata di Michel e Patricia (Jean Seberg) per strada. Bisogna notare gli sguardi dei passanti rivolti verso gli attori e la troupe, in modo tale da mettere in evidenza la presenza del dispositivo cinematografico al lavoro, con un atteggiamento scopertamente autoriflessivo. Da un lato, c'è l'idea

La diascescenza neorealistica dei film girati per strada; dall'altro il desiderio di mostrare il cinema nel suo farsi. Il terzo segmento rappresenta il dialogo dei due in auto, segnato da una sorta di decostruzione della classica struttura del campo-controcampo. Infatti, per quasi tutto il dialogo la figura di Michel resta fuoricampo e la sua voce resta off. Inoltre, si crea una sorta di discrepanza fra il piano sonoro, in continuità, e quello visivo, in discontinuità: anche quando la voce di Michel procede in modo continuo, l'inquadratura che ritrae Patricia è costellata da una serie di jump-cut che producono brevi ellissi temporali, svelando il carattere artificioso dell'impressione di continuità ottenuta attraverso il montaggio.

47- La seconda sequenza mostrata, quella conclusiva del film, può essere suddivisa in tre segmenti: il primo, all'interno dell'appartamento, è ancora caratterizzato dall'uso del montaggio a salti,

privo dei raccordi classici fra le inquadrature, e da una sorta di protagonismo della macchina da presa che si mette in evidenza con il lungo movimento circolare incardinato su quello dei personaggi; il secondo fa perno sulla figura dell'interpellazione nel momento in cui Michel "chiama" lo spettatore a partecipare alle sue emozioni; il terzo mostra la morte di Michel ripresa in camera car, per terminare con lo sguardo e le parole in macchina di Patricia.- Dunque, questo finale è di segno meta-cinematografico, anche in virtù del carattere artificioso della messa in scena, che recupera e stilizza i tratti di una tipica scena noir, con Michel che, morendo, arriva persino a chiudersi gli occhi da solo.

IL CINEMA DELLA RIVE GAUCHE - ALAIN RESNAIS

All'interno del panorama francese, a cavallo fra anni Cinquanta e Sessanta, emerse un altro gruppo di cineasti (Alain Resnais, Agnès Varda, Georges Franju, Chris Marker) noto come quello della "Rive Gauche".

meno cinefili epiù intellettuali dei "cugini" della Nouvelle Vague, e più portati ad assimilare il cinema alle altre arti, in particolare alla letteratura. Così, infatti, collaborarono con scrittori contemporanei del calibro di Marguerite Duras e Alain Robbe-Grillet, sceneggiatori rispettivamente di Hiroshima mon amour (Resnais, 1959) e L'anno scorso a Marienbad. Propongono un cinema di carattere sperimentale, riguardo i processi della visione e della narrazione. Si tratta di film segnati da intrecci complessi e strutture temporali quasi labirintiche. "L'anno scorso a Marienbad" 1961 - Alain Resnais Trama: Un uomo (Giorgio Albertazzi) e una donna (Delphine Seyrig) si incontrano, o si rincontrano, in un albergo nella stazione termale di Marienbad. Lui cerca di convincerla di aver vissuto l'anno prima una storia d'amore insieme in quelle stesse stanze, ma lei non vuole o non può ricordare. Il rapporto tra passato e presente,ricordo e immaginazione è caratterizzato da una totale e irrisolvibile ambiguità.- La prima sequenza mostrata, quella inaugurale del film, assume la forma di una sorta di flusso di coscienza, segnato dalla voce over ancora senza volto del protagonista, con le sue frasi ripetute ossessivamente, e dai lunghi e incessanti movimenti della cinepresa lungo le pareti e i soffitti dei corridoi dell'albergo. La sequenza si conclude all'interno di un salone in fondo al quale sta compiendosi una rappresentazione teatrale, le parole dei cui interpreti sembrano riprendere e concludere quelle della voce narrante. Le figure che compongono il pubblico della recita in atto paiono fissati in cristalli di memoria che a tratti si rianimano e riprendono vita.- Nella seconda sequenza emerge fino in fondo la complessità dell'intreccio dei piani temporali, fino al punto di raggiungere la cosiddetta acronia (la totale assenza di solidi punti di riferimento temporali e spaziali).

Il conseguente smarrimento dello spettatore). Nella parte conclusiva, si manifesta la radicale incertezza del ricordo, attraverso la contraddizione fra le parole della voce narrante e le azioni rappresentate dalle immagini, secondo un irriducibile conflitto di prospettive memoriali.

IL FREE CINEMA E IL "KITCHEN SINK FILM"

In Inghilterra, a metà degli anni Cinquanta, una serie di opere di teatro e di narrativa, incentrate su lavoratori ribelli, crearono la tendenza dei "giovani arrabbiati", animata da una precisa coscienza di classe. Look Back in Anger L'opera più importante di questa tendenza fu il dramma di John Osborne (1956), di cui Tony Richardson nel 1959 curò la regia prima teatrale e poi cinematografica. In questo stesso contesto si affermò anche la tendenza del "Kitchen Sink" (letteralmente, il "lavello della cucina"), cioè della rappresentazione della "sporca" vita di tutti i giorni. Uno

degli autori letterali più significativa di questa tendenza fu Alan Sillitoe, dalle cui opere sono ricavati alcuni dei film più importanti del Free Cinema. "Sabato sera, domenica mattina"

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
60 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher debora_v di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e critica del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Ambrosini Maurizio.