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Legge bancaria e stabilizzazione monetaria

La legge bancaria del 1926 ha introdotto importanti cambiamenti nel sistema finanziario italiano. La Banca d'Italia è diventata l'unico istituto di emissione e ha assunto il controllo della liquidità bancaria e dei tassi di interesse. Questa riforma è stata necessaria per stabilizzare la situazione monetaria del paese e garantire il prestigio nazionale.

Per affrontare l'inflazione e risanare il debito, sono state adottate misure volte a bloccare i sindacati e limitare le libertà, al fine di prevenire aumenti salariali. Il nuovo ministro delle finanze, Giuseppe Volpi di Misurata, è un influente esponente dei circoli industriali del settore e ha un ruolo chiave nella gestione della SADE e di altri importanti affari.

elettrico. Non vuole inasprire la pressione fiscale sui ceti benestanti, ma vuole restringere il credito e pensa di abbassare i salari, vuole anche procedere ad una rivalutazione della lira. I salari vengono ridotti del 20%, soprattutto per motivi di prestigio in campo internazionale si decide un tasso di cambio molto più alto di quello che sarebbe stato sufficiente per tornare al Gold standard. In questo modo con questa operazione, l'Italia punta oltre che a mostrarsi più solida ad avere maggior accesso ai mercati dei capitali. Rivalutazione monetaria, quota 90. (1927) 69 Quota 90 è il tasso di cambio a cui si stabilizza la lira, è un tasso davvero pesante. Le reazioni furono contrastanti, alcuni storici hanno anche avanzato l'ipotesi che Mussolini abbia voluto far vedere il suo potere anche agli industriali ed abbia scelto questo atto di forza per consolidare l'autorità del duce. Gli imprenditori sapevano bene che in Italia bisognava

tornare alla base aurea, avere un tasso di cambio fisso perché un cambio fluttuante lasciava libere tutte le possibili speculazioni e gli industriali sapevano che un'operazione di stabilizzazione monetaria era necessaria per il commercio estero. Ma gli interessi dei settori non erano tutti uguali, maggiori critiche vennero dai settori maggiormente orientati alle esportazioni che furono i più danneggiati (meccanica, tessile e fibre artificiali). Mussolini decide di intervenire tagliando le gambe agli esportatori perché con una moneta forte non si esporta. Critiche delle industrie meccaniche, tessili e delle fibre artificiali. La svolta deflattiva. Questa ha effetti diversi a seconda dei settori, non danneggia l'industria elettrica e i suoi grandi gruppi di potere e non frena nemmeno l'espansione della chimica, ma tutti i settori che si reggevano sulle esportazioni sono danneggiati (meccanica, tessile, fibre artificiali). I ceti medi.sono rassicurati dalla rivalutazione monetaria, aumentano i depositi presso le casse di risparmio. Ricorso a finanziamenti stranieri è favorevole. Questa operazione consente al nostro paese di avere realmente accesso ai mercati internazionali. I costi alla fine furono prevalentemente di natura sociale; ci fu un aumento della disoccupazione, nel '28 la disoccupazione è triplicata rispetto a due anni prima. Sempre al prestigio nazionale si collega l'autonomia e l'autosufficienza dello stato e la politica deflattiva segna una svolta anche per l'agricoltura perché erano già emersi i problemi del crescente disavanzo della nostra bilancia commerciale dovuto alle massime importazioni del grano battaglia del grano a partire dal 1925. La nostra bilancia commerciale aveva un forte disavanzo per via delle importazioni di grano. La battaglia del grano Nel 1925 Mussolini lancia la cosiddetta "battaglia del grano". Nei manifesti viene raffigurato il duce miete il

granoBATTAGLIA DEL GRANOinsieme ai contadini. Obiettivo ridurre il deficit della bilancia commerciale. Battaglia del grano fa parte del disegno piùvasto della bonifica integrale: Mussolini voleva risanare le terre incolte e sostenere l’occupazione nelle campagne,àabbinato a questo c’era un programma organico di migliorie fondiarie e di opere pubbliche.

Il problema è che invece di pensare a una modernizzazione effettiva dell’agricoltura ci si basa principalmente sulleprestazioni dei braccianti, si fanno contratti di piccolo affitto e di mezzadria => c’è una volontà di compartecipazione disolidarietà fra capitale e lavoro.

Quindi il regime si muove nella direzione opposta a quello che avrebbe dovuto fare, un’ulteriore parcellizzazione deifondi e poca adozione delle innovazioni.

La produzione cerealicola aumentò, ma c’è il decremento delle produzioni a più elevato valore aggiunto

(produzioni ortofrutticole importanti), quindi se la valutiamo sul BP vediamo dei risultati, se la valutiamo nel LP le cose non vanno bene perché non si pone sulla frontiera di un'agricoltura. 70La battaglia del grano, nel LP, frena lo sviluppo capitalistico nelle campagne.

In alcune province alcune produzioni pregiate e redditizie tengono (ortofrutta o allevamento del bestiame), ma in altre zone vengono soppiantate da una cerealicoltura estensiva. Per fare tutto questo Mussolini mette una tariffa sulle importazioni di grano dall'estero che costa molto meno (i cereali americani non entrano in Italia perché c'è la barriera doganale).

La bonifica integrale

Bonifica integrale. Anche qui il giudizio non è lineare perché i lavori di bonifica e di irrigazione furono completati solo in parte perché arriva la crisi del '29 e poi perché vogliono costruire l'impero, quindi le risorse vengono stornate sul versante della spesa.

Formattazione del testo

militare per l'aggressione all'Etiopia. Quindi gli effetti sono differenziati a seconda delle aeree, adesempio si rivelano importanti per lo sviluppo successivo della Puglia. Le realizzazioni fatte in Puglia furono alla base del decollo di questa regione negli anni del dopoguerra. Comunque, in generale il valore della produzione agricola frail 25 e il 29 scende.

L'AUTARCHIA

Quindi complice la chiusura delle frontiere estere all'immigrazione, complice l'aumento demografico perché il duce voleva che le donne facessero figli alla patria, riprende vigore ancora di più l'espansione coloniale perché è vista come valvola di sfogo per l'eccesso di popolazione.

La società delle nazioni che diventerà poi ONU emette contro il nostro paese le sanzioni e l'embargo, l'Italia risponde proclamando l'autarchia: politica economica di un paese che mira all'autosufficienza con l'obiettivo di produrre in

AUTARCHIA: patria i beni che consuma limitando o annullando gli scambi con l'estero, è una politica di chiusura.

Il binomio imperialismo e autarchia comporta costi altissimi. La guerra in Etiopia aggravò il disavanzo pubblico, riduzione delle riserve auree, le commesse pubbliche andarono tutte in direzione delle imprese impegnate sul versante militare, invece che sull'industria manifatturiera.

L'industria manifatturiera si rilancia (quella sorretta delle commesse pubbliche) grazie alla guerra in Etiopia e questo viene al prezzo di un aggravamento del disavanzo pubblico, si riducono le riserve auree e alla fine l'uscita dell'Italia dalla crisi del '29 è complessivamente più debole che in altri paesi.

La stabilizzazione monetaria favorì la tendenza alla concentrazione. A tutto ciò contribuiscono una serie di incentivi e agevolazioni fiscali, viene potenziato l'insediamento industriale in zone importanti.

A Bolzano e poi nel 1936, a Ferrara si ha la nascita di un polo chimico e meccanico che faceva capo alla Fiat. L'indirizzo autarchico rafforza la posizione dei gruppi industriali che lavorano soprattutto per il mercato interno che beneficiano di sovvenzioni statali, di misure protezionistiche, di sgravi fiscali, tutto questo a danno dei consumatori, infatti, vengono messi sul mercato prodotti scadenti a prezzi più elevati. L'autarchia, siccome le materie non arrivano più, provoca la ricerca di surrogati o succedanei => questi costi della ricerca vengono scaricati sulle imprese. Il problema è politico, c'è la rottura con i tradizionali alleati come la Gran Bretagna, e la situazione di progressivo isolamento spinse il nostro paese sempre di più a guardare alla Germania di Hitler.

Nel 1938 Hitler visita Firenze, l'Italia vara le leggi razziali e sarà alleata con la Germania nella Seconda guerra mondiale. Nascita di una serie

di sezioni industriali; Porto Marghera, Bolzano.

La crisi del 1929 in Italia, la successiva nascita dell'IRI

La crisi del '29 si diffonde attraverso i canali commerciali e finanziari e diventa una crisi mondiale, l'Italia viene colpita in ritardo, il nostro paese infatti, sarà colpito a partire dalla seconda parte del 1930 e l'anno peggiore per noi sarà il 1932.

La crisi sarà molto pesante, ci sono voluti addirittura 6 anni per far tornare il reddito nazionale ai livelli del '29.

In Germania e negli altri paesi furono i ceti medi a pagare il peso maggiore. Questi ceti sono colpiti anche in Italia, ma quelli che ebbero maggiore penalizzazione furono gli operai dell'industria e i braccianti dell'agricoltura (quelli con redditi dal lavoro dipendente).

I redditi da lavoro autonomo si mantennero invariati, mentre vennero abbassate le retribuzioni della manodopera.

Gli effetti della crisi vennero scaricati sui

dei prezzi agricoli comportò un provvedimento ad hoc per cercare di farli risalire. Questa crisi generale non poteva non ripercuotersi sui livelli occupazionali:

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
130 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilariasangi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Manetti Daniela.