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ROMA
• INA-Casa “Piano Fanfani”articolato in 2 settenni (1949-63)
Per INA-Casa si intende il piano di intervento dello Stato italiano, vigente tra il 1949 e il 1963 ed
ideato dal ministro del lavoro Fanfani, per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il
territorio italiano.
Concepito nell'immediato secondo dopoguerra, aveva a disposizione i fondi gestiti da un'apposita
organizzazione presso l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), la Gestione INA-Casa.
Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per
lavoratori, con il quale si sarebbe dato avvio a un piano per la realizzazione di alloggi economici.
• Il quartiere INA Casa Tiburtino, Roma, (1949-54) Capigruppo: Mario Ridolfi e Ludovico
Quaroni
É considerato il manifesto del neorealismo architettonico (sia per l’irregolarità disposizione sia
per costruzione) e insieme dell’ideologia dell’Ina-Casa primo settennio.
Ridolfi e Quaroni sono i capogruppi del progetto. La disposizione è apparentemente casuale ma in
realtà segue le curve di livello, le strade e altri riferimenti.
C'era la volontà di ricreare un ambiente paesano, per essere più vicini ai migranti dei paesi più
vicini, c'è la volontà di umanizzare e di essere concreti, a differenza del
razionalismo europeo.
Il complesso si basa sull'utilizzo di tre tipologie di casa:
1. le case a torre (7 piani con 3/4 alloggi per piano),
2. la casa a schiera (2/3 piani) e
3. le case in linea (prevalentemente di 4 piani).
In aggiunta vi sono 4 edifici commerciali di Ridolfi.
Viene abbandonata ogni idea di ritmo planimetrico, la strada è la regola che
unisce le geometrie irregolari degli edificiI materiali da costruzione vengono utilizzati in maniera
decorativa. L’andamento è definito da linee spezzate e articolato da slittamenti e rotazioni dei corpi
di fabbrica di cui i volumi delle scale rappresentano i fulcri. E’ un quartiere introverso con
un'articolazione apparentemente disorganizzata sa che però voleva ricreare un ambiente paesano
da cui poter accogliere gli immigrati.
Pasolini ne rende omaggio in << una vita violenta>> Milano, Garzanti, 1959, in cui un ragazzo
uscendo dalla galera, trova un paese fatato con vie storte è diversa dalla sua casa originaria. Il
quartiere “nasce dalla consapevolezza di un ruolo sociale dell’architettura; alla retorica, alle manie
di grandezza, all’autoritarismo del regime fascista si contrappone una modestia artigiana. Il dato
reale è tuttavia la necessità di contenere i costi: la dimensione 'paese' offre la soluzione più
economica”.
• Case d'abitazione INA in viale Etiopia, Roma (1949-55), Mario Ridolfi e
Wolfgang Frankl
Allineamenti regolari, nord sud, qui abbiamo case-torre.
Ossatura a vista.
Le abitazioni in viale Etiopia si presentano con un assetto più ragionato, le torri risultano
organiche e presentano l'ossatura a vista, in modo da creare una dialettica tra ossatura e
tamponatura.
Viene utilizzato il laterizio e la ceramica a vista, consentendo così l'utilizzo di differenti colori.
Vi è un'alternanza di sezioni rettilinee e rientranti dovute alle logge.
I tetti sono molto pronunciati a belvedere, cosa nuova per l'epoca, richiama l'idea della famiglia, di
cui parla anche Wright e MANSARDATO!
Sono un modello, un manifesto del Neorealismo.
I film dell’epoca sono una preziosa testimonianza dello spirito con cui veniva percepita questa
nuova architettura: Film: I soliti ignoti, film di Mario Monicelli, 1958
Quartiere in costruzione.
• Unità di abitazione orizzontale INA-casa (Quartiere Tuscolano 3), Roma, Adalberto
Libera, 1950- 1954
(Libra razionalista, casa Malaparate, Capri)
È un quartiere murato con case basse a cortile interno (tipico della cultura mediterranea).
C’è l’emergere di un edificio di servizi collettivi, su tre pilotis, con ballatoi e riservata a
coppie e singles; si trova a un’estremità della zona verde centrale.
È un’unità per circa mille abitanti, per un “moderno vivere civile”.
Si ritrovano delle affinità (non casuali) fra il singolare quartiere recintato di case
monopiano a patio, di tradizionale impronta mediterranea, e insediamenti operai egizi del
XVI secolo a.C., come quello di Deir-el-Medina presso Luxor (riportato alla luce dagli
scavi di Ernesto Schiapparelli nel 1905-1909), con tanto di mura perimetrali—>
• Villaggio “La Martella” Matera, 1951 segg. Ludovico Quaroni con F. Gorio, P.M.
Lugli M. Valori, M. Agati Borgo rurale progettato per gli abitanti dei Sassi di Matera
il cui programma di risanamento fu varato da una legge del 1952. Il villaggio avrebbe ricreato le
condizioni di “unità di vicinato” vissute dagli abitanti dei Sassi.
Adriano Olivetti, presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e vicepresidente
dell'Unrra-Casas (United Nations Relief and Rehabilitation Administration - Comitato
Amministrativo Soccorso ai Senzatetto) attivò nel 1950 un laboratorio interdisciplinare incaricato di
studiare il risanamento di Matera e del suo contesto agrario.
• Parrocchiale di San Vincenzo de' Paoli 1951-53 arch. Ludovico Quaroni
Quartiere INA-Casa, La Falchera, Giovanni Astengo, 1956, Torino
Analogamente allo spirito di Ridolfi, discorso organico nel quale c’è una segmentazione
movimentata che studia il rapporto con il sito e con il verde, con la reciprocità delle visuali:
si creano delle cellule.
Astengo grande urbanista, facciate a mattoni—>neorealismo Ridolfi.
• Quartiere Forte Quezzi, Genova, 1956-68, Luigi Carlo Daneri
E’ il più organico complesso residenziale italiano in cui vengono realizzati dei
serpentoni, morbide schiere.
Si hanno dei serpentoni che interpretano le curve di livello, creando una sorta di
muraglioni di contenimento: interessante è il rapporto secondo un linguaggio
brutalista tra costruzione e sito. “Il più organico complesso residenziale italiano”, secondo Bruno
Zevi.
5 edifici di lunghi sviluppi lineari secondo le curve di livello, di 7 piani, in c.a. a vista, articolati in
due blocchi sovrapposti per via di una strada interna al 4° piano; altra strada interna al pianterreno e
una di collegamento esterno a valle.
Le Corbusier torna sia x l’idea urbanistica sia per il progetto anni ’30 su Algeri, il Piano Obus.
(piano cannonata).ahahh
Il Neoliberty
Dialogare con i luoghi, le tradizioni, la storia.
Arriviamo alla risposta Italiana critica dall’International Style, questo freddo funzionalismo
geometrico doveva essere revisionato, sulla base anche delle idee di Ridolfi (l’artigianato edilizio,
arch povera).
Fù considerato un eresia:
• Reyner Banham, su The Architectural Review dell'aprile 1959,
attacca duramente gli architetti italiani accusandoli di «ritirata dal Movimento moderno»,
risalendo addirittura alle opere del fascismo per dimostrare la loro continuità di approccio
formalista al Razionalismo […].
Per il critico inglese, non soltanto le opere di Gabetti e Isola, ma tutto l'insieme delle manifestazioni
del cosiddetto Neoliberty [termine coniato da Paolo Portoghesi] sono da condannare come una
«regressione infantile» del Movimento”
La risposta di Rogers su Casabella Continuità (era direttore):
Sostenne a spada tratta la linea di re-visione del funzionalismo, sulla base dell rapporto con la storia
del sito degli ambienti, i vuoti urbani dovuti alla guerra non bisognava per forza ricostruirli con arch
razionalista, bisognava dialogare con il luogo, con il sito.
• Casa per Impiegati della ditta Borsalino, Alessandria, 1952, Ignazio Gardella
L’idea umanizzatrice, organicistica dell’architettura secondo Gardella lo porta a concepire
un discorso affine a quello visto nel Pirelli del piegare l’archetipo scatolare della torre e
aprirlo, schiuderlo.
Questo complesso di case è risolto con una maternità calda, una sorta di parodia del tema, le
falde come tema.
Eduardo Vittoria (Napoli 1923 – Roma 2009),
• Centro Studi ed Esperienze Olivetti, Ivrea (1951-54), Eduardo Vittoria
progetto strutturale, Pier Achille Caponago del Monte. Nuova formula di architettura
industriale: forma non chiusa, ma aperta. Schema a girandola vivacizzato dal chiaro
scheletro a vista in cemento armato e dai pannelli di mattoni smaltati di blu (senso
cromatico di tradizione mediterranea), con infissi metallici rossi.
La Ivrea di Adriano Olivetti era un'esemplare “comunità” produttiva alternativa alla fredda
cultura fordista, dove dagli anni Trenta l’industriale aveva dato vita a uno straordinario
laboratorio di design e architettura moderna.
Casa alle Zattere, Venezia, 1954-1958, Ignazio Gardella
Inserire il nuovo nelle città antiche.
È una reinterpretazione molto fine della maniera tradizionale della casa veneziana
(palazzi che presentano un’apertura maggiore al centro, rispetto ai fianchi del progetto).
C’è qualcosa di simile, ma con uno spirito più moderno di maggiore libertà.
L’uso del balconcino veneziano reinterpretato anche tramite le ringhiere forate in metallo, così
come vengono interpretate le forazioni del basamento.
“Autorevole esempio di autenticità e di coerenza a un ambiente di cui viene a far parte come punto
singolarissimo di riferimento della nostra attuale personalità creativa”.
• La bottega d’Erasmo, Torino, 1956, Roberto Gabetti e Aimaro Isola,
capolavoro Neoliberty
È l’opera manifesto del Neoliberty.
È una bottega di libri di antiquario, che presenta una creatività nuova che è stata
letta come una sorta di tradimento del discorso del movimento moderno anche
sulla base della piega organica che aveva preso l’architettura nel secondo dopoguerra.
Descrittive le persiane in legno come libri, ci tenevano a mostrare un architettura dando alle forme
qualcosa di espressivo derivante dalle forme storiche della città.
C’è la volontà di un decorativismo sopra le righe; è stato letto come una sorta di ritorno al Liberty,
ovviamente da Reyner Banham.
In realtà, i due autori hanno messo in evidenza il loro debito nei confronti di Mackintosh e altri
maestri pioneristici. Impropriamente definito “Neoliberty”, questo breve fenomeno italiano degli
anni
Impropriamente definito “neoliberty”, questo breve fenomeno italiano degli anni '50, che Reyner
Banham (1959) lesse come antimoderno “elogio del gusto borghese”, volle in realtà indagare strade
alternative all'isteri