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STABILIZZAZIONE DEL TESTO
Abbiamo visto la riforma gregoriana che è un evento fondamentale per la storia della Chiesa, del
diritto canonico e del rapporto con l’Impero. Adesso ci stiamo avvicinando a questo momento di
rinascita che vivrà la Chiesa con la riforma gregoriana, con personaggi importanti legati al diritto
(come Gregorio VII, il pontefice Niccolò II, Urbano II) che sono anche degli esperti di diritto, sono dei
giuristi. Questo è un altro aspetto importante che lega tutti questi al diritto.
Altro aspetto importante, sempre in questo parallelo tra diritto civile e diritto canonico, si ha nel
secondo saggio di Conte dove si parla dell’ottica del testo e l’ottica dell’utilizzatore che si ricollega a
quando detto sulla falsificazioni della letteratura giuridica (sia canonica che civilistica) di molte
raccolte alto medievali. In questo fenomeno noi abbiamo intravisto l’ottica dell’utilizzatore per quanto
riguarda il testo giuridico: nei fatti gli utilizzatori raccoglievano nel materiale giuridico il loro sapere,
quello che a loro serviva, e arrivavano poi all’estremo con le falsificazioni creando materiale falso.
Con la rinascita bolognese, noi abbiamo la stabilizzazione del testo e questo avviene sia nel civile ma
anche nel diritto canonico. Quello che fa Irnerio in ottica di stabilizzazione del testo con le fonti
giustinianee, in qualche modo lo farà il Decretum di Graziano perché nelle fonti ivi contenute si cerca
di rispettare l’ottica del testo: cioè fonti più veritiere possibili e più vicine all’originale, quindi rispettare
la fonte non ritagliando solo quello che serve all’utilizzatore.
La riforma gregoriana da questo punto di vista è un passo di avvicinamento importante a questa
stabilizzazione del testo che vedremo nel periodo bolognese e sia nel diritto civile che nel diritto
canonico.
In ambito canonistico, già con la riforma gregoriana non si avrà un testo stabile, vi sarà sempre
comunque l’utilizzatore che dai testi prenderà quello che a lui serve, però vi sarà un avvicinamento
per quanto riguarda quantomeno la paternità delle opere. Si cercherà, dalla riforma gregoriana in poi,
di rispettare la paternità e sarà un passaggio importante.
DIRITTO CAONICO CLASSICO E GENERI LETTERARI
Adesso siamo pronti per passare al periodo del diritto canonico classico: siamo nel XII secolo, tra il
1100 e la metà del 1300, periodo di forte produzione canonistica, cioè in cui sarà maggiormente
creativo e vivo il diritto canonico. La vivacità del diritto canonico sarà ancora maggiore rispetto al civile
che si concentrava nell’ammodernamento delle fonti giù esistenti (fonti della compilazione); mentre
nel diritto canonico vi è una tradizione continua di nuove raccolte e opere, cioè la produzione di
materiale giuridico, soprattutto di decretali pontificie.
Con la professoressa Pasciuta avete visto le fonti del diritto canonico: canoni conciliari e decretali
pontificie. Tra queste fonti non c’è un rapporto prestabilito. La Chiesa è retta dalla diarchia del potere
(anche legislativo) tra concilio e pontefice. La rilevanza dell’una o dell’altra fonte dipende molto dallo
spessore politico che hanno i vari pontefici.
Da Gregorio VII in poi i pontefici (Innocenzo III, Innocenzo IV, Gregorio IX, Bonifacio VIII) saranno
pontefici giuristi che utilizzano il diritto e quindi faranno molte decretali ad un ritmo serrato. Questi
vogliono innovare ed incidere fortemente sul diritto della Chiesa quindi in questo periodo avremo una
produzione notevolissima di decretali.
Il diritto canonico sarà addirittura più vivace rispetto al diritto civile, però siamo entrati in questo
periodo in cui abbiamo questa coincidenza che sarà una coincidenza temporale, spaziale (perché
Bologna sarà protagonista, il setting di importanti opere e personaggi del diritto canonico) e anche dal
punto di vista dei generi letterari.
1.Decretum
Un ruolo fondamentale nel diritto canonico classico lo ha sicuramente Graziano e il suo DECRETUM.
Di Graziano sappiamo molto poco, si pensa che nasca nella zona di Orvieto ed era un semplice
monaco camaldolese, non fece carriera, non divenne mai papa o vescovo. Sappiamo che operò
nell’area bolognese nel convento di Nabore e Felice dove si pensa fosse maestro di arti liberali. Le
notizie che abbiamo su di lui sono davvero molto poche; lo troviamo impegnato in un processo che
riguardava questioni di decime ecclesiastiche a Venezia: un messo pontificio aveva convocato dei
personaggi esperti di diritto (prevalentemente bolognesi) per risolvere una questione legata a tributi
ecclesiastici e tra questi personaggi c’era un professore bolognese, Gualtiero, e Graziano. Questo ci
fa capire che Graziano era anche inserito nell’ambito bolognese di questi studiosi del diritto.
L’opera fondamentale di Graziano sarà il Decretum il cui titolo esatto è Concordia discordantium
Canonum (la concordia dei canoni discordanti); saranno gli allievi a chiamarlo Decretum. Graziano
compone l’opera si pensa tra il 1140 e il 1150 e raccoglie più di 4000 fonti che divide tra ius divinum e
ius humanum.
- Lo ius divinum a sua volta diviso in ius divinum positivum (Sacre scritture e insegnamenti di Gesù) e
ius divinum naturale (che sta nella natura).
- Lo ius humanum fonti normative, fonti di dottrina, fonti anche laiche. Attingerà a piene mani dalle
raccolte canoniche a lui più vicine come ad esempio le raccolte di Ivo di Chartres, di Anselmo da
Lucca, di Burcardo di Worms.
Lo scopo di Graziano è di porre concordia tra canoni (qui il termine canone è inteso in senso ampio
non è inteso nel suo significato tecnico-restrittivo di risultanza dei concili ma indica tutte le fonti
canoniche). Egli vuole mettere concordia tra tutte le fonti canoniche. È naturale che vi sia discordia tra
queste fonti perché è ovvio che fonti che promanano da momenti e luoghi diversi, disciplinano le
fattispecie in maniera completamente diversa.
Questo della risoluzione delle antinomie, era un tema ricorrente nella dottrina medievale. Lo facevano
i glossatori che dovevano risolvere le antinomie all'interno della compilazione giustinianea nella quale
abbiamo, ad esempio, il codice che disciplinava le fattispecie in maniera diversa rispetto ai digesta,
questo perché erano stati fatti in momenti diversi e rispecchiano un diritto diverso: da una parte il
diritto giustinianeo che rappresenta un diritto codicistico e i digesta che rappresentavano gli iura
(quindi due aspetti culturali diversi). Anche Graziano fa questo nelle fonti canoniche: cerca di mettere
concordia tra fonti discordanti.
Nell’ambito teologico, Graziano prende spunto da Abelardo che era un filosofo/teologo che indaga le
sacre scritture e nella sua opera “Sic et non” (opera di una polemica stupenda) va a scovare le
antinomie delle sacre scritture e a differenza di Graziano egli ha come scopo quello di enfatizzarle.
Mentre Graziano - in un ambito diverso, quello del diritto canonico - vuole porre concordia tra le
antinomie; Abelardo, invece, mette in risalto le antinomie delle sacre scritture. Si tratta di due ambiti
tendenzialmente diverse perché Abelardo è un teologo (sacre scritture) mentre Graziano si occupa di
diritto canonico (quindi è un po’ a metà). Però si può notare come l’antinomia e la sua risoluzione è
una questione interessante nel medioevo.
Un grande pontefice come Urbano II, di poco precedente rispetto a Graziano, parla anche lui della
derogabilità delle norme in relazione ai tempi in cui vengono fatte. Urbano II diceva che mettendo in
relazione due norme in contrasto tra loro, la norma successiva prevaleva su quella precedente. Si
tratta della ratio temporis che anche oggi conosciamo e che Graziano utilizzerà. È un metodo per
risolvere eventuali antinomie tra le fonti.
Graziano cerca di risolvere le antinomie normali in questo enorme materiale (4000 testi) che
provengono da raccolte contemporanee di Graziano o di poco precedente (Ivo di Chartres, Burcardo
di Worms, Anselmo da Lucca), ma anche frammenti provenienti da quella distinzione tra diritto divino
positivo, naturale ed umano. Come abbiamo detto nel diritto divino positivo ci sono le Sacre scritture;
nel diritto umano ci sono frammenti di opere non necessariamente di diritto canonico (frammenti della
compilazione giustinianea, frammenti del Codice teodosiano), ma anche canoni conciliari, decretali
pontificie. Quindi fonti promananti veramente da moemnti e luoghi diversi. Il compito di Graziano sarà
quello di porre concordia tra questi fonti.
All’interno del Decretum, che è diviso in tre parti, notiamo che alla fine di ogni frammento quasi, ci
sono i ditta cioè degli interventi dell’autore (inizialmente di Graziano, poi anche dei suoi allievi) in cui
si spiegano i le rationes cioè i modi di mettere concordia tra le fonti. Abbiamo 4 rationes fondamentali
nel caso in cui abbiamo fonti in contrasto tra di loro e quindi risposte diverse dalle fonti rispetto alla
stessa fattispecie:
1. Ratio temporisà ne abbiamo accennato in relazione ad Urbano II ma è anche adesso a noi
familiare. In caso di contrasto tra le norme, la norma successiva prevarrà sulla precedente.
2. Ratio locià in virtù della quale la norma specifica prevarrà sulla norma generale. Anche questo è un
criterio che noi conosciamo.
3. Ratio dispensationisà nel caso in cui due norme siano in contrasto, una viene individuata come
eccezione rispetto ad una disciplina generale. Qui Graziano si rifà molto all’istituto della dispensa
ecclesiastica, istituto tuttora presente nel diritto ecclesiastico, cioè per determinati soggetti vi è una
disciplina eccezionale rispetto a quella generale. Quando il contrasto non può essere risolto
attraverso la ratio temporis e la ratio loci, va risolta attraverso questa ratio.
4. Ratio significationisà è quella meno legata al testo. Si tratta di una ratio residuale in virtù della
quale, se le norme sono in contrasto e questo contrasto appare insanabile, se si guarda bene al
significato delle norme, il contrasto sarà visto soltanto come apparente; cioè in realtà il contrasto non
sussiste. Si tratta di un modo di superare le antinomie un po’ “alla buona”, guardando al significato e
quando non riesci a risolverlo dici che il contrasto è solo apparente. Questo vi deve ricordare un po’ la
metodologia dei glossatori che quando trovavano delle antinomie si arrampicavano sugli specchi e
alla fine dicevano spesso che il contrasto era solo apparente perché guardando al significato della
norma il contrasto non c’era.
Anche qui gli argomenti in agenda sono sem