Ci fu poi lo scandalo della Banca Romana, una delle cinque banche che poteva stampare carta-moneta;
durante il governo Crispi, questa si era resa colpevole di gravissime irregolarità e, poichè il ministro del Tesoro
sotto di lui era stato Giolitti, egli fu costretto a dimettersi nel 1893.
Il ritorno di Crispi e la sconfitta di Adua
Crispi avviò una politica di risanamento del bilancio attraverso pesanti inasprimenti fiscali e la riorganizzazione
del sistema bancario, introducendo la Banca d’Italia, che avrebbe avuto il monopolio dell’emissione fino al
1926.
Nel 1894 proclamò lo stato d’assedio in Sicilia e Lunigiana, dove c’era stato un tentativo di insurrezione
anarchica. Nello stesso anno fece approvare delle leggi antianarchiche (come la limitazione delle libertà di
stampa, riunione e associazione), ispirate alla Germania di Bismarck, con le quali dichiararono il Partito
Socialista fuori legge (questo persistesse però, grazie anche al supporto di molti intellettuali come De Amicis e
Pascoli).
I socialisti riuscirono ad avvicinarsi ad alcune forze della democrazia borghese, e nelle elezioni del 1895
riuscirono a ottenere 12 seggi in Parlamento.
Mentre l’opinione pubblica cominciava a essere sgradita nei confronti di Crispi a causa dello scandalo della
Banca Romana, lui avviò nuovamente una campagna coloniale. Nel 1889 aveva firmato con il negus Menelik il
trattato di Uccialli, redatto in due lingue (in italiano l’Etiopia era un protettorato, in amarico era un patto di
amicizia); quando l'ambiguità venne scoperta, iniziò una nuova guerra nel 1895, che si concluse con la disfatta
dell’esercito italiano nel marzo del 1896 ad Adua.
La popolazione si ribellò e Crispi fu sostituito da Rudinì.
La società di massa
Per massa si intende una moltitudine indifferenziata che, verso la fine del secolo, grazie alla diffusione
dell'industrializzazione e urbanizzazione, cominciò ad acquisire protagonismo. Ciò accadde perchè nelle città
gli uomini cominciarono a vivere a stretto contatto gli uni con gli altri, sviluppando rapporti anonimi e
impersonali che facevano capo alle istituzioni nazionali, mentre entravano nell’economia di mercato e i
comportamenti e le mentalità si uniformavano secondo nuovi modelli generali.
Sviluppo industriale e razionalizzazione produttiva
Nel periodo della belle époque l’economia dei paesi industriali conobbe una fase di espansione intensa e
prolungata, promossa da uno sviluppo generalizzato della produzione e che toccò per la prima volta paesi
come la Russia e l’Italia.
Crebbero i prezzi e i redditi, e questo permise un allargamento del mercato; per far fronte al crescente numero
di consumatori, i beni furono prodotti in serie e si diffusero grandi magazzini, negozi e le forme di pagamento
rateali.
Queste esigenze portarono a un’accelerazione dei processi di meccanizzazione. Nel 1913 si affermò il
modello del fordismo a Detroit nelle officine automobilistiche di Ford attraverso l’invenzione della catena di
montaggio (processo lavorativo frammentato in piccole operazioni affidate a ogni singolo operaio). Questo era
dettato dal desiderio non soltanto di migliorare la produttività delle nuove macchine, ma anche di avere un
controllo piu’ razionale dello sfruttamento umano; in questo campo Taylor elaborò nel suo libro Principi di
organizzazione scientifica del lavoro la teoria del taylorismo, che avrebbe migliorato la produttività.
Nuove stratificazioni sociali
Con l’espansione del settore dei servizi aumentò il cosiddetto ceto medio, che si distinse dagli altri strati della
borghesia. Al suo interno c’erano sia i lavoratori autonomi (aumentati grazie all’aumento di esercizi
commerciali e la nascita di nuove attività, che compensavano il declino degli artigiani e vecchi mestieri) sia i
dipendenti pubblici (che aumentavano con la diffusione dell’intervento dello Stato nelle amministrazioni locali,
come per la sanità, l’istruzione e trasporti) che gli addetti al settore privato (“colletti bianchi”).
Dal punto di vista dei redditi erano piu’ vicini agli strati piu’ alti della classe operaia, ma dal punto di vista della
cultura si volevano avvicinare alla borghesia, della quale adottarono i valori principali (sostenendo addirittura
che gli strati piu’ alti stessero adottando comportamenti tipici dell’aristocrazia). Acquisì sempre di piu’ un ruolo
di primo piano, perchè elettorato di massa e destinataria principale dei beni di consumo prodotti.
Istruzione e formazione
Si diffuse l’idea che l’istruzione non fosse un bene riservato a un'élite sociale, ma un diritto di tutti i cittadini;
poteva inoltre presentare un modo per educare il popolo, ridurre la criminalità e nazionalizzare le masse.
Dalla fine degli anni ‘70 molti governi d’Europa introdussero l’istruzione elementare obbligatoria e gratuita,
avviando anche un processo di laicizzazione e statalizzazione del sistema scolastico.
Gli eserciti di massa
Si volevano trasformare gli eserciti composti da professionisti a eserciti di “cittadini in armi” attraverso il
servizio militare obbligatorio. Ciò avvenne perchè era necessario avere un esercito abbastanza grande e i
gruppi industriali vollero guadagnare attraverso le forniture militari.
Fu però ostacolato da due fattori: il primo di carattere economico (gli Stati non riuscivano a mantenere così
tanti uomini) e il secondo di natura politica (non potevano negare il diritto di voto alle classi basse che
sarebbero poi state arruolate).
Partiti di massa
Con la società di massa cominciò ad allargarsi la base sociale che partecipava alla vita politica; fu esteso il
diritto di voto (il suffragio universale c’era inizialmente solo in Francia, Germania e Svizzera) in molti altri paesi
europei.
Si sviluppò il modello del partito di massa, già proposto dai socialisti, che inquadrava larghi strati della
popolazione in una struttura permanente, articolata in organizzazione locali come sezioni e federazioni.
Crebbero anche le organizzazioni sindacali grazie all’impulso del movimento socialista: oltre alle Trade
Unions, la Commissione centrale dei sindacati liberi tedeschi, la Confédération générale du travail e la
Confederazione generale del lavoro in Italia.
La questione femminile
Il problema dell'inferiorità politica, sociale ed economica delle donne era rimasta estranea al pensiero liberale
e i primi movimenti della Francia giacobina e Inghilterra industriale ebbero scarso seguito (eccezione John
Stuart Mill, che scrisse Sulla Schiavitu’ della donna).
Attraverso però i maggiori contatti con il mondo esterno, le donne lavoratrici cominciarono a prendere
coscienza della propria condizione. Nonostante ciò, in questo periodo furono pochi i movimenti di
emancipazione; l’unico che si distinse fu quello guidato da Emmeline Pankhurst, che nel 1902 fondò la
Women’s Social and Political Union.
Riforme e legislazioni sociali
Le classi dirigenti furono costrette ad andare incontro alle esigenze delle classi subalterne. Ispirandosi alla
Germania bismarckiana, gli stati europei istituirono sistemi di assicurazione contro gli infortuni e di
previdenza per la vecchiaia, oltre a sussidi per i disoccupati. Furono stabili controlli per la sicurezza e l’igiene
nelle fabbriche, fu impedito il lavoro minorile, furono limitati gli orari giornalieri e fu sancito il diritto al riposot
settimanale.
Furono estesi anche i servizi pubblici dalle amministrazioni locali.
Per tutto ciò si ricorse a nuove forme di imposizione fiscale, che gravano sulle imposte dirette, e fu
introdotto il principio della progressività.
Lo Stato dunque non doveva soltanto formare la ricchezza, ma assicurarsi anche una sua piu’ equa
distribuzione.
La Seconda Internazionale
Nel 1875 fu fondato il partito socialdemocratico tedesco, che diventò un modello per gli altri partiti socialisti
in Europa.
In Francia si affermò il Parti ouvrier francais di ispirazione marxista, che si scisse e unificò nuovamente nella
Sfio (Sezione francese dell’Internazionale operaia). In Gran Bretagna i gruppi marxisti non riuscirono a
imporre la loro egemonia sulle Trade Unions, e fu fondata la Società fabiana, formata da intellettuali che
adottarono una strategia gradualista; nel 1906 fu fondato il Partito laburista.
I partiti socialisti europei, nonostante le differenze, avevano come scopo la gestione sociale dell’economia e
la realizzazione di principi internazionalisti e pacifisti. Nel 1889 nacque a Parigi la Seconda Internazionale
o Internazionale socialista, riconfermata a Bruxelles due anni dopo, che aveva come scopo la giornata
lavorativa di otto ore e la giornata mondiale dei lavoratori del primo maggio; furono esclusi gli anarchici e quelli
che rifiutavano l'attività politico parlamentare.
La SI fu concepita come una federazione di partiti nazionali autonomi e sovrani, e aveva una forte funzione di
coordinamento.
La dottrina ufficiale fu quella marxista, rivisitata da Engels e Kautsky, i quali ponevano l’accento sulle fasi
intermedie del processo rivoluzionario (programma “minimo”).
Si svilupparono anche le teorie revisioniste di Bernstein che, nel suo libro I presupposti del socialismo e i
compiti della socialdemocrazia, sosteneva che fosse necessaria una trasformazione graduale.
A queste si opposero alcune correnti di estrema sinistra, alimentati da ideali rivoluzionari, come quelle di Karl
Liebknecht e Rosa Luxemburg.
Un caso particolare fu la socialdemocrazia russa, fondata da Georgij Plechanov nel 1898; in un congresso a
Londra del 1903 si divise in corrente menscevica (minoranza guidata da Martov, sostenevano fosse
necessaria prima una rivoluzione capitalista e che la rivoluzione del proletariato fosse un fatto spontaneo) e
bolscevica (maggioranza guidata da Nikolaj Lenin, che nell’opuscolo Che fai? pubblicato l’anno prima
sostenne che la rivoluzione potesse essere fatta solo da rivoluzionari di professione).
In Francia si diffuse il sindacalismo rivoluzionario, che sosteneva che i sindacati dovessero addestrare gli
operai alla lotta e che gli scioperi fossero solo “ginnastica rivoluzionaria” in vista di uno sciopero generale
rivoluzionario.
I cattolici e la “Rerum Novarum”
Il declino dei culti e la secolarizzazione della società furono compensati dalla promozione di forme religiose
piu’ personali e l’introduzione di nuovi culti, come la Vergine di Lourdes. La Chiesa fu l’unico organo che riuscì
a contrastare la disgregazione sociale grazie a una struttura organizzativa capillare, con le parrocchie, le
associazioni caritative e i movimenti di azione cattolica.
L’impegno sociale dei cattolici f
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